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Svolta nel suicidio assistito

La Toscana approva la legge in merito al fine vita, un passo storico per il panorama legislativo in Italia. 

La Regione Toscana ha compiuto un passo storico nel panorama legislativo italiano approvando la legge che regola il suicidio medicalmente assistito.

Il provvedimento, approvato l’11 febbraio 2025 dal Consiglio regionale a larga maggioranza, rappresenta la prima iniziativa regionale a disciplinare in modo chiaro e dettagliato le procedure per l’accesso al fine vita, colmando un vuoto normativo lasciato dall’assenza di una legge nazionale sul tema. La proposta di legge, denominata "Liberi Subito", è stata promossa dall’Associazione Luca Coscioni e sostenuta da oltre diecimila firme di cittadini, testimoniando il forte interesse pubblico per una regolamentazione chiara e accessibile in materia di autodeterminazione.
L’iniziativa della Toscana risponde all’urgenza di garantire ai pazienti che soffrono di patologie irreversibili e di gravi sofferenze, un percorso certo evitando le difficoltà e le lungaggini che in passato hanno costretto i malati a battaglie giudiziarie per veder riconosciuto il proprio diritto a una morte dignitosa.

Come funziona

L’iter stabilito dalla nuova normativa prevede tempi definiti, con un massimo di quarantasette giorni dalla richiesta del paziente alla somministrazione del farmaco letale. Il processo inizia con la verifica da parte dell’ASL della sussistenza dei requisiti richiesti dalla Corte Costituzionale, che deve avvenire entro venti giorni.
Nei quattro giorni successivi l’azienda sanitaria deve convocare la Commissione medica multidisciplinare che valuta il caso e trasmette la propria relazione al Comitato Etico Territoriale, il quale ha cinque giorni per esprimere un parere e inviarlo all’ASL competente. Quest’ultima comunica l’esito della verifica al paziente entro tre giorni e, se la richiesta viene accolta, il farmaco necessario all’autosomministrazione è reso disponibile entro una settimana. Un aspetto fondamentale della legge è che le prestazioni e i trattamenti connessi al suicidio assistito sono garantiti dal Servizio Sanitario Regionale e interamente gratuiti.

Questa nuova normativa si inserisce in un contesto giuridico in cui il dibattito sul fine vita è stato al centro di scontri politici e giuridici per anni. L’approvazione della Legge 22.12.2017 n. 219 ha rappresentato un primo passo verso il riconoscimento dell’autodeterminazione del paziente, introducendo il diritto alle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) e la possibilità di rifiutare cure anche salvavita. Tuttavia, la normativa italiana non regolamenta espressamente il suicidio assistito, limitandosi a riconoscere il diritto a interrompere trattamenti medici già in corso.

La Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 242 del 2019, ha stabilito che il suicidio assistito non è punibile quando il paziente è affetto da una patologia irreversibile che gli causa sofferenze fisiche o psicologiche insopportabili ed è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. In assenza di una legge nazionale, fino a oggi l’accesso a questa pratica è rimasto incerto e frammentario, con iter lunghi e complessi che spesso hanno costretto i pazienti a ricorrere ai tribunali per far valere il proprio diritto a una morte dignitosa.

Le reazioni

L’approvazione della legge in Toscana ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, i promotori del provvedimento e le associazioni per i diritti civili la hanno salutata come un passo di civiltà, in grado di garantire dignità ai malati che desiderano porre fine alle proprie sofferenze in modo consapevole e assistito. Dall’altro, le opposizioni politiche e la Conferenza Episcopale Toscana hanno espresso forti perplessità, definendo il provvedimento una sconfitta per la società e mettendo in dubbio la competenza regionale a legiferare su una materia così delicata. Alcuni giuristi hanno sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della legge, sottolineando che il Codice Penale punisce l’istigazione e l’aiuto al suicidio e che un intervento normativo su questo tema dovrebbe essere di competenza esclusiva dello Stato. Tuttavia, la Regione ha ribadito che il provvedimento si muove all’interno delle linee tracciate dalla Consulta e che non introduce nuove ipotesi di non punibilità, ma si limita a stabilire un percorso chiaro per l’attuazione di un diritto già riconosciuto dalla Corte Costituzionale.

Oltre alle implicazioni giuridiche, la legge toscana riporta in primo piano una riflessione etica e sociale sulla gestione del fine vita. Il tema è estremamente divisivo, coinvolgendo questioni legate alla libertà individuale, al ruolo della medicina e ai valori culturali e religiosi. Per molti, la possibilità di accedere al suicidio assistito rappresenta una forma di autodeterminazione e di rispetto della dignità umana, garantendo che le persone possano scegliere liberamente e senza ostacoli burocratici il momento e le modalità della propria morte. Per altri, invece, l’introduzione di una normativa regionale su questo tema rischia di minare il principio della tutela della vita e di indebolire l’idea stessa di assistenza sanitaria come strumento volto a preservare e migliorare la qualità della vita, piuttosto che a facilitarne la fine.

Con questa iniziativa, la Toscana potrebbe aprire la strada ad altre regioni italiane. Il Veneto ha già espresso interesse a seguire l’esempio, mentre in Emilia-Romagna, Puglia e Friuli Venezia Giulia sono in corso discussioni sulla possibilità di regolamentare il suicidio assistito a livello locale.
L’approvazione di questa legge aumenta la pressione sul Parlamento affinché si arrivi a una normativa nazionale che garantisca uniformità sul territorio e offra ai cittadini una tutela chiara e omogenea. Al momento, l’Italia resta priva di una legge organica sul fine vita e le richieste di intervento da parte della politica si fanno sempre più pressanti, soprattutto dopo il fallimento di diversi tentativi di regolamentazione parlamentare negli ultimi anni.

L’approvazione della legge toscana sul suicidio assistito segna un momento cruciale nel dibattito italiano sul fine vita. Se da un lato rappresenta una risposta concreta a chi soffre e chiede di poter scegliere in autonomia quando e come porre fine alla propria esistenza, dall’altro evidenzia l’assenza di una visione unitaria da parte delle istituzioni nazionali su un tema che coinvolge diritti fondamentali della persona. La questione rimane aperta e sarà interessante osservare se altre regioni seguiranno l’esempio della Toscana e, soprattutto, se il legislatore nazionale sarà finalmente in grado di affrontare il tema con una legge chiara e definitiva, in grado di tutelare al contempo la libertà individuale, la dignità dei malati e il ruolo del medico e della sanità pubblica.
 
Avv. Alice Merletti & Avv. Elena Alfero

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