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"La stanza accanto" Leone d'Oro

Pedro Almodovar ci porta per mano per riscoprire l’amicizia e la vita attraverso il percorso consapevole dell’eutanasia.

Torna Pedro Almodovar al cinema con un film toccante ma anche colorato, riflessivo ma realistico, drammatico ma non remissivo.

Il tema, quello dell’eutanasia e della decisione di porre fine alla propria esistenza in una condizione di salute irrimediabilmente compromessa, ci porta a riflettere nuovamente sul fine vita e sulla libera scelta.
Il film è stato presentato alla 81° Mostra del Cinema di Venezia dove è stato premiato con il Leone d’Oro e viene trasmesso nelle sale cinematografiche dal 5 dicembre.

La storia

La stanza accanto racconta la storia di due amiche che hanno passato l’infanzia e l’adolescenza insieme ma che, a causa delle vicende della vita, si sono perse di vista. Ingrid, interpretata da Julianne Moore, diventata una scrittrice di successo che racconta storie semi autobiografiche nei suoi libri, ha appena pubblicato il suo ultimo best seller che tratta il tema della morte partendo dal suo pensiero fisso: come sia possibile che un essere vivente possa improvvisamente “non essere più”. Martha, interpretata da Tilda Swinton, è una reporter di guerra che ha scoperto di avere un tumore allo stadio terminale.
Le due amiche si ritrovano dopo molti anni ed è proprio Martha a chiedere a Ingrid di passare con lei gli ultimi giorni della sua vita in una casa immersa nella natura, nella “stanza accanto”, mentre lei si prepara a mettere fine alla sua esistenza prima di perdere le facoltà cognitive. Il film è incentrato sul tema dell’eutanasia ma parla anche di rapporti umani, come quello di Martha che non parla più con la figlia da molti anni, di amicizia, quella che le due donne condividono, di sesso, uno dei piaceri che aiuta a sopportare le brutture della vita, di arte, di guerra. Tra i personaggi della storia, spicca anche un uomo vicino alle due donne perchè ex amante di entrambe, interpretato da John Turturro.

Mentre il tempo passa e lo spettatore attende il gesto finale che porterà Martha a porre fine alla sua vita e alle sue sofferenze, i racconti delle protagoniste ci aprono uno spaccato delle loro vite con i loro amori, i loro dolori, gli sbagli, i rimpianti ma anche le soddisfazioni e gli obiettivi conquistati. Mentre le due amiche recuperano il tempo trascorso lontano, riscopriamo il senso dell’amicizia e del rispetto verso le scelte dell’altro. Martha, che ha chiesto a Ingrid di “accompagnarla” in questo ultimo viaggio, non chiede mai a Ingrid di eseguire l’atto in sé: sarà lei stessa a togliersi la vita con una pillola che ha acquistato sul “dark web”. “Dormirò con la porta aperta e il giorno in cui la trovi chiusa, vuol dire che sarà successo” spiega all’amica quando le chiede di passare con lei i suoi ultimi giorni.

Almodovar racconta la storia magistralmente, senza scadere nel buonismo e nel melodrammatico, restando colorato nella fotografia e diretto nei dialoghi, portando anche momenti di breve allegria e inserendo numerose citazioni e riferimenti artistici durante lo svolgimento della storia.

Eutanasia

Molti altri film hanno trattato questo argomento su cui si dibatte anche a livello politico: Mare dentro di Javier Bardem, trattava la storia di un uomo che dopo essere rimasto tetraplegico e impossibilitato a muoversi, a letto, aveva intentato una causa per poter accedere al suicidio assistito; Le invasioni barbariche di Denys Arcand, raccontava la storia di un professore malato terminale che sceglie di morire nel conforto di parenti e amici; Miele di Valeria Golino, parla della storia di una donna che interpreta l’angelo della morte aiutando persone malate e sole a morire.

Il film di Almodovar ci porta a riflettere nuovamente sul tema dell’eutanasia. Le vicende di malati come Piergiorgio Welby, che intraprese una vera e propria battaglia perché gli venisse “staccata la spina” dopo anni di sofferenze a causa della distrofia muscolare, e Dj Fabo, rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente. che aveva fatto appello anche al Presidente della Repubblica per poter procedere con il suicidio assistito e che era dovuto andare in Svizzera per poter porre fine alla sua sofferenza, sono esempi che tutti ricordiamo.

Il dibattito sul fine vita e sul suicidio assistito è molto sentito in Italia: mentre i malati terminali o cronici che decidono di porre fine alle proprie sofferenze si rivolgono all’associazione Luca Coscioni o intraprendo una serie di appelli al Presidente della Repubblica e allo Stato, la legge in merito alla legalizzazione di questa pratica è ancora lontana. Chi si rivolge all’associazione Luca Coscioni è infatti costretto a recarsi in Svizzera, dove viene sottoposto a una serie di valutazioni mediche e psicologiche, per poter ricevere il “trattamento” richiesto, mentre gli accompagnatori si autodenunciano ogni volta al ritorno.
Il caso della signora Paola però, di cui abbiamo parlato in un precedente numero della rivista (“Fine vita, il caso di Paola” Oltre n.2 marzo/aprile 2023), ha aperto uno spiraglio creando un precedente: l’anziana malata di Parkinson allo stadio finale, si era recata in Svizzera insieme ad alcuni rappresentanti dell’associazione Luca Coscioni e si era sottoposta al suicidio assistito. Al ritorno, i tre accompagnatori si erano autodenunciati alla Procura di Bologna ma appena 5 giorni dopo, il procuratore Giuseppe Amato aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo in quanto “la notizia di reato sarebbe infondata”.

Una legge in merito alla legalizzazione del suicidio assistito in Italia va sicuramente studiata bene in ogni aspetto clinico e psicologico del paziente, ma una discussione costruttiva e definitiva è ormai inevitabile data la richiesta di molte persone affette da malattie incurabili e dolori insopportabili e vista la presa di posizione di numerose associazioni e cittadini che chiedono concretamente un’apertura dello Stato su questo tema importante per i malati cronici e terminali.
 
Tanja Pinzauti

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