- n. 6 - Settembre/Ottobre 2024
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Gli anziani e la morte: dalle tante perdite al lutto
Prima parte.
La vecchiaia non è una malattia.
La malattia può essere presente, con traiettorie e percorsi di perdite specifiche (dalle patologie croniche più comuni dell’invecchiamento, alle malattie oncologiche, fino a patologie lunghe e progressive come la demenza di Alzheimer). La vecchiaia è un momento della vita naturale, universale e riconosciuto, ma a cui molti arrivano “impreparati”, spesso diventando un vero e proprio tabù. Un tabù, come la stessa morte.
Cosa accade quando ci avviciniamo all’età anziana, cosa caratterizza il nostro rapporto con la morte ed il morire? Da anziani c’è inevitabilmente
una maggior attenzione al morire e una maggior possibilità di riflessione su temi di natura esistenziale o spirituale, proprio per la vicinanza alla fine della vita.
Gli anziani pensano più frequentemente alle perdite, proprio per le numerose morti a cui assistono nel breve tempo (fratelli, amici, coetanei). Inoltre, la solitudine caratteristica dell’età anziana amplifica
il vissuto di lutto e di perdita, rendendo più frequenti possibilità di depressione, isolamento.
Questo non vuol dire che l’anziano debba inesorabilmente vivere con angoscia e disperazione il momento della morte, ma anzi possa essere accompagnato in un percorso di progressiva accettazione. Rispetto alla mezza età, molti anziani vivono l’idea della morte come qualcosa di naturale, da non temere.
Gli anziani, diversamente da quanto si è portati a credere nel sentire comune, possiedono ancora capacità personali che possono aiutare a far fronte a una perdita importante, come ad esempio l’attitudine alla reminiscenza, al ricordo. Gli anziani sono più propensi a comunicare e a esprimere emozioni attraverso la rievocazione di ricordi passati e possono essere abili a gestire in modo efficace e a moderare le emozioni forti. Per questo,
diventa importante poter lasciare all’anziano spazio e tempo per poter elaborare e raccontare: delle sue perdite, del suo rapporto con la vita e, quindi, anche con la morte. Parlare della morte è per l’anziano non solo di beneficio, ma molto più naturale e spontaneo di quanto si possa pensare.
"Invecchiare vuol dire vivere un lutto parziale e fare i conti con il lutto anticipatorio verso se stessi" (Cazzaniga, 2018). è qualcosa che riguarda la nostra persona ma, inevitabilmente, tutto il sistema di relazioni e connessioni che abbiamo. Di fronte all’ingresso nella (ormai) quarta età si assiste a diverse reazioni possibili: un sentimento nostalgico che prende spunto dalla consapevolezza “del tempo che passa e non torna più”, la ricerca di “riempimenti, intrattenimenti” fino al vuoto percepito o anche di espedienti per rallentare o mascherare il più possibile l’invecchiamento, l’accettazione di un percorso naturale, la valorizzazione del tempo che rimane, l’incontro con una nuova “saggezza” e prospettive prima non riconosciute. Non esiste un’unica reazione all’invecchiare, così come non esiste un’unica prospettiva di avvicinamento alla morte ed al morire. Certo, dietro alla paura di invecchiare spesso si cela
quell’angoscia di morte che rende tutti umani, quindi fragili e vulnerabili.
La
paura della morte può divenire obiettivo da “combattere” attraverso il ricorso a strategie, illusorie, di ricerca di immortalità, giovinezza a tutti i costi. Negare l’invecchiamento, camuffarlo, potrebbe rappresentare un errore, in quanto il negabile è inevitabile, e i costi potrebbero essere alti.
Vivere il lutto parziale della vecchiaia significa lasciar andare il tempo trascorso, ricordandolo con nostalgia, senza però accanirsi verso sé stessi o altri per non riuscire ad avere o mantenere ciò che si aveva.
Ciò che sembra più auspicabile è evitare che l’impotenza logori (“non posso far nulla, si invecchia e poi si muore”), non abbandonarsi passivamente al trascorrere del tempo e degli eventi, non alimentare aspettative illusorie, ma sfruttare le possibilità ancora a disposizione.
L’età anziana è contrassegnata da tante, molteplici, perdite, le quali possono avvenire una dopo l’altra, ravvicinate o distanziate nel tempo. Spesso queste “mancanze” si accumulano e questo può rendere il lutto dell’anziano più difficile da elaborare. Quanti cambiamenti nell’invecchiare: mutamenti drastici del proprio corpo, delle abilità quotidiane, del funzionamento della vita di tutti i giorni, del proprio modo di vedere le cose e di pensare agli eventi presenti e al futuro, cambiamenti cognitivi e fisici.
L’anziano sperimenta da subito una progressiva
perdita della salute. Occorre fare molta attenzione ai cambiamenti non visibili, primo tra tutti la perdita dell’udito, la quale può condurre a un progressivo isolamento e anche a ripercussioni sull’aspetto cognitivo.
Con il passare del tempo si assiste poi ad una progressiva
perdita di autonomia: quello che prima “riuscivamo a fare” diventa sempre più difficile, richiedendo più tempo, spazi e modalità diverse, a volte anche la necessità di aiuto. Questo può innescare la sensazione da parte dell’anziano di “sentirsi un peso”, di “non valere più niente” perché “non sono più quello di una volta”.
Il pensionamento può rappresentare un lutto parziale. Si lascia una parte di sé e questo è vissuto come un lutto: si perde una parte del proprio essere, si lascia una condizione per ritrovarsi in un’altra. L’anziano che inizia a vivere questa nuova “fase” deve fare i conti con un cambiamento di premesse, perché si mette in crisi tutto il suo sistema di valori e di credenze (“che relazione ho con il mio lavoro e che effetti ha sulla mia autostima?”).
La pensione può essere vissuta come una vera e propria crisi, toccando non solo aspetti cognitivi, ma anche emotivi, creando una sorta di “passaggio epocale ed esistenziale” nella storia della persona. Adattarsi non è così semplice o scontato.
La perdita di occupazione, di ruolo, può innescare, o a volte amplificare, una sensazione di “vuoto” che, nell’anziano, può sfociare in sensazioni di finitudine della vita, con forte ansia, a cui spesso non si è preparati. L’immagine della vecchiaia e dell’avvicinarsi ad un periodo di “tramonto” comincia ad emergere in modo forte, a volte dirompente: sarà importante accompagnare l’anziano in queste transizioni significative, aiutandolo a interiorizzare ed elaborare, con il proprio tempo, il cambiamento e l’idea che le cose possano finire.
Elisa Mencacci: Psicoterapeuta, tanatologa, perfezionata in bioetica e cure palliative.
Bibliografia di riferimento:
Mencacci, E. (2024). Dove ti porto? Accompagnare la persona anziana alla fine della vita. Piacenza. Editrice Dapero.
Bordin, Busato, Mencacci (2023). Vecchiaia. Strategie per prepararsi a viverla in modo attivo e positivo. Piacenza. Casa editrice Dapero.
Elisa Mencacci