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Gli anziani e la morte: dalle tante perdite al lutto

Seconda parte.

Con il seguirsi degli anni molti anziani assistono a perdite progressive di amici, conoscenti, familiari, persone significative.

Non solo, anche animali da compagnia, parti di sé, pezzi della propria identità legata a luoghi o esperienze non più raggiungibili.
Ciascuno di noi sperimenta l’isolamento interpersonale ma l’isolamento esistenziale lo si sperimenta in modo più intenso da vecchi, quando si e vicini alla morte. A quel punto si diventa consapevoli che il nostro mondo scomparirà, nonché del fatto che nessuno ci può davvero accompagnare nel nostro viaggio verso la morte. La solitudine, data anche dal non trovare spazi e persone con cui parlare di queste consapevolezze, aumenta l’angoscia di dover morire.
Perdere qualcuno di importante in età avanzata è spesso difficile da vivere quando si è da soli in quanto queste perdite generalmente si susseguono una dopo l’altra, a distanza di poco tempo, aggiungendosi ad altre precedenti. Vedere persone della propria età morire, mette davanti agli occhi della persona anziana, inevitabilmente, la propria fine.
Questo può generare paura, angoscia, ansia. Questo diventa ancora più forte in struttura residenziale, dove mano a mano si perdono riferimenti, i compagni di reparto vengono ricoverati, vanno e vengono, i compagni di stanza muoiono…. L’anziano in struttura comincia a chiedersi se “capiterà anche a me... ma quando? Come accadrà? Dovrò soffrire anche io come lui? Sarò pronto? Dopo sarò trattato così?” richiedendo spesso supporto o comunque uno spazio di condivisione ed elaborazione di questo aspetto.

La death education con gli anziani

Contrariamente a quello che si pensa, la morte ed il morire sono spesso dialoghi non solo “normali” ma anche ricercati dagli stessi anziani: in fondo, dice una novantenne in struttura, «è parte della vita, della nostra vita di ogni giorno, cosa c’è di più naturale della morte?».
Le ultime ricerche ed esperienze di death education con anziani ci confermano che, in particolar modo in coloro ancora in salute e con buone capacità cognitive, è importante trovare uno spazio “protetto” e sicuro dove potersi esprimere e confrontare rispetto a ciò che il sonno eterno rappresenta, per tempo e senza l’urgenza di decisioni improvvise o emotivamente condizionate. Si può, e si deve, parlare di morte con gli anziani: che hanno bisogno di dire quello che pensano, ciò che provano e, infine, ciò che desiderano rispetto alla propria dipartita, parte fondamentale e preziosa della vita.
Quando accadono dei lutti importanti, ancora di più è necessaria una normalizzazione del tema, affinché la persona anziana non si senta sbagliata o sola nel provare certe emozioni, come la paura, l’angoscia, anche il sollievo.
L’anziano ha bisogno di fare domande, di capire, di avere informazioni chiare e semplici, sentendosi protagonista e coinvolto all’interno di ciò che accade attorno a lui. C'è la necessità di capire che cosa succederà nel momento della morte, sia prima che dopo, senza termini specialistici o tecnicismi, ma realistici.
Se la persona è credente, la dimensione religiosa risulterà un canale utile per poter cominciare a riflettere su alcuni interrogativi di senso, su ciò che la morte potrebbe portare con sé, sui cambiamenti del corpo e sull’idea di aldilà. Anche le persone non credenti potrebbero beneficiare di spazi di riflessioni laiche, prendendo come riferimento la dimensione della ritualità, trasversale e comune a tutti.

La ritualità

Rispetto alla ritualità attorno alla morte e al morire, diventa fondamentale per l’anziano poterne riflettere anticipatamente, per lenire le proprie angosce e per cercare di dare ordine a un caos altrimenti insopportabile. Ecco che diventano preziosi dei momenti di dialogo rispetto a ciò che verrà fatto del proprio corpo, prima, durante e dopo la dipartita, rispetto alle persone che si vorrebbero o meno accanto, alle letture o alle parole di accompagnamento al rituale di saluto, all’eventuale cremazione e disposizione delle ceneri, al luogo della propria sepoltura.
Quali desideri ha realmente l’anziano, quali paure, quali dubbi, quale significato simbolico o emotivo sente di dare a questi rituali? Soprattutto dopo molti lutti e perdite vissute, in età avanzata si avrà bisogno di fare chiarezza, di parlare e di confrontarsi con qualcuno che possa guidarle. Il bisogno non sarà quello di evitare l’argomento, ma di conoscere, partecipare, sentirsi sicuri che gli altri sappiano cosa per loro è davvero importante.

Di fronte a questi bisogni psicologici e in vista di un progressivo avvicinarsi naturale verso la fine della propria esistenza, l’anziano potrebbe beneficiare di momenti di dialogo e di confronto con personale formato (tanatologi o professionisti formati in educazione alla morte) e, successivamente, personale delle imprese funebri in grado di assecondare, con delicatezza e accortezza, la persona e le sue richieste. Si pensi ai possibili benefici per l’anziano: non sentirsi solo, essere accompagnato per tempo nel pensiero della morte, con naturalezza, riuscire a esprimere le proprie emozioni, le volontà e i desideri rispetto a quello che potrebbe essere per lui significativo nel momento finale, pianificare anticipatamente qualcosa che sicuramente accadrà ma che si ha paura a condividere, se non con persone sensibili e dedicate. L’anziano non si sentirà giudicato ma accolto, guidato, senza la fretta di decisioni improvvise e non pensate, riuscendo perfino a pensare al “dopo”.
L’anziano sa che morirà, a volte la paura più grande è quella che siano gli altri a dover decidere per lui, e il timore di non sapere cosa succederà di lui, del suo corpo, dei suoi oggetti, dei suoi denari o della propria casa. Parlare della fine della vita per tempo, permette di affrontare questi temi così importanti e delicati.

La consapevolezza della morte può essere un’esperienza di risveglio, un catalizzatore profondamente utile per cambiamenti importanti nella sua esistenza. A volte si manifesta a seguito di eventi quali il decesso di un amico o conoscente, o alcuni “insight”, anche improvvisi. Comprendere di non essere gli unici a provare queste emozioni, condividerle con altri, familiari e non, può far sentire meno soli e fragili.
Se negli Stati Uniti la pratica di consultare le imprese funebri anticipatamente, spesso nel momento in cui si entra in una struttura, è ormai frequente, in Italia si fatica ancora a vederne l’incredibile potenzialità, consapevoli di un percorso di educazione alla morte ancora agli inizi.
Credo sia utile partire da questo, dall’idea che anche gli anziani abbiano bisogno, e diritto, di trovare spazi di dialogo e confronto sul tema. Non si potrà che partire dalla promozione di tali spazi nei luoghi di vita degli anziani (nelle comunità ma anche all’interno delle strutture) e, attraverso l’interconnessione tra personale formato, tanatologi e operatori funebri, aiutare la persona a vivere il futuro che verrà con maggiore serenità e consapevolezza.


Elisa Mencacci: Psicoterapeuta, tanatologa, perfezionata in bioetica e cure palliative.
Bibliografia di riferimento:
Mencacci, E. (2024). Dove ti porto? Accompagnare la persona anziana alla fine della vita. Piacenza. Editrice Dapero.
Bordin, Busato, Mencacci (2023).Vecchiaia. Strategie per prepararsi a viverla in modo attivo e positivo. Piacenza. Casa editrice Dapero.
 
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