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Il pendolino non dondola più!

Vi sono personaggi che grazie al capillare diffusore mediatico, lo schermo televisivo, sono penetrati negli spazi e nei tempi di tutte le famiglie italiane. Sono personaggi di ogni tipo, sempre più spesso legati alla necessità di fare audience, con il dovere di distinguersi e di stupire, di commuovere o di far sorridere, di incantare e di intrattenere. Personaggi dal ruolo ben definito, riconoscibili bandiere del proprio settore specifico in quel grande bazar di notizie, di informazioni e di programmi che ogni giorno ci contamina, sempre più, da panoramici schermi rigorosamente piatti e tecnologici.
Un volto ormai storico, un poliedrico teatrante, un onnipresente clown, un metamorfico critico di quelle tante trasmissioni dedicate allo sport nazionale, a quel calcio che da sempre accende le più focose passioni, ha abbandonato il proprio ruolo che per anni lo ha visto folletto benvoluto, immancabile presenza nelle più note reti commerciali. Maurizio Mosca non gioca più. Non gioca più con il suo mitico pendolino, non si camuffa più, non si azzuffa più con arbitri, con giocatori, con conduttori e con cronisti sportivi. Discusso giornalista, goliardico opinionista, di certo innamorato del gioco del calcio, ha ceduto a quella malattia che di scherzi e di battute non sa che farsene.
È stato un personaggio onnipresente, unico nel suo genere: senza mezze misure ha tanto saputo farsi apprezzare quanto criticare. È appartenuto a quella schiera di volti inconfondibili, unici e irripetibili, che nel loro contesto forano lo schermo. Sono quei volti indispensabili per condire, per farcire, per non rendere piatta e monotona una critica e una cronaca, per dare il sale e pepe a una trasmissione giocata a calcio con una triangolazione di parole futili eppure divertenti, facete e colorite.
Di sicuro Maurizio Mosca era un istintivo, un contrasto imprevedibile tra l’immagine di una macchietta costruita e quella di un uomo viscerale nel suo esternarsi a volte litigioso e petulante. Ha fatto del bene al mondo del pallone, lo ha reso paradossale e infarcito di geniali trovate che rendono il grottesco un affare quasi artistico. La storica frase “ma come gioca Del Piero …” è stato il suo più recente tormentone che scatenava la leggerezza delle risate dentro e fuori dallo studio tv.
Mancherà al suo pubblico, agli appuntamenti della domenica, al prima e al dopo delle partite. Mancherà il suo volto paffuto che riusciva a rimanere serio e convincente anche di fronte alle trovate più stravaganti. Ha lasciato un vuoto difficile da riempire in un mondo che ha un gran bisogno di leggerezza: troppe volte dimentichiamo che lo sport più bello del mondo è pur sempre e soltanto un gioco.
 
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