- n. 6 - Settembre/Ottobre 2024
- Attualità
Gen Z: ritorno alle origini?
Disposizioni dei resti: cambio di tendenza tra i giovanissimi, più interessati ai riti tradizionali e alla sepoltura che alla cremazione.
In un business come quello funerario e cimiteriale, influenzato dagli usi e costumi della nostra società forse più di ogni altro settore, la tematica legata alla scelta tra tumulazione, inumazione e cremazione da parte della popolazione è un argomento attuale e molto discusso.
Tralasciando la cultura orientale, da noi spesso distante per modalità di pensiero ed azione, nel mondo occidentale
l’incremento della procedura della cremazione è stato inesorabile. O almeno questo è quello che risulta dai numerosi studi e sondaggi a riguardo. Nel nostro Paese, l’Italia, che storicamente è sempre apparso più “conservatore” a causa dei molti aspetti del fine vita vincolati alla religione cattolica, questo incremento è stato più lento rispetto ad altri Paesi con una percentuale più alta di popolazione non credente o non praticante. L’approccio laico alla disposizione dei propri resti è infatti uno dei punti chiave in merito alla scelta di cremazione rispetto alla più classica inumazione. In alcune zone d’Italia, remote o conservatrici, la cremazione risulta ancora una opzione poco considerata. Eppure, anche nel nostro Paese questa pratica è in forte aumento rispetto agli anni passati.
La crescita della scelta di disporre dei propri resti tramite cremazione è stata più volte attribuita al cambio generazionale, fortemente sostenuta da quella fascia di popolazione più giovane ed evoluta, meno superstiziosa o religiosa, sicuramente con un maggior livello di istruzione. Ecco che, rispetto alla generazione dei nostri nonni nati tra gli anni ’30 e ‘40 del 1900, tra i loro figli appartenenti a quella definita come Gen X (1964-1980) la scelta della cremazione sembra essere la più gettonata. Sono loro e i Baby Boomer (1945-1965) che hanno operato “la svolta” sociale e consapevole a favore di una pratica più sostenibile, veloce e meno legata ai riti tradizionali. Uno sviluppo di questo andamento su un ipotetico grafico orizzontale vorrebbe che, se la Gen X ha spinto il cambiamento verso la cremazione, la Gen Z, composta dai loro figli nati tra il 1995 e il 2010, sia quella che la porterà alla consacrazione quale pratica più diffusa. Ma non è così.
Un interessante articolo pubblicato sulla rivista Connecting Directors, che analizza un sondaggio condotto dalla NFDA (National Funeral Director Association) americana, rivela che
nei giovanissimi c’è un’inversione di tendenza verso… la sepoltura a terra.
La Gen Z, comparata alla precedente generazione dei Millennials (nati tra il 1981 e il 1995) definita nell’articolo come cresciuta eccessivamente protetta, e soprattutto con la Gen X (resiliente e capace di cavarsela senza la supervisione dei genitori), è sicuramente più inclusiva e meglio educata. Questi giovanissimi sono nati con smartphone in mano e tablet a scuola, hanno una innata consapevolezza su temi come cambiamento climatico, sostenibilità e giustizia sociale e sembrano avere un’idea opposta rispetto a quella dei propri genitori in merito alle loro disposizioni finali.
Il sondaggio condotto dalla NFDA su un campione di 2000 individui appartenenti alle diverse generazioni, ha rivelato come
il 50% della Gen X e il 42% dei Millennials sceglie la cremazione per la disposizione dei propri resti. I dati sono in linea con la previsione del NFDA 2023 Cremation and Burial Report e indicano un rallentamento della crescita della cremazione, che comunque è prevista raggiungere
l’81,4% nel 2045. La previsione NFDA è simile a quella del CANA (Cremation Association of North America) che dichiara una previsione del tasso di cremazione negli U.S. superiore al
78% nel 2038.
Sebbene la risposta in merito a questa domanda sia stata meno consistente per la Gen Z, il risultato è inatteso e sicuramente di interesse: il
37% degli intervistati in questa categoria generazionale ha infatti indicato la sepoltura tradizionale come il metodo preferito per la disposizione finale dei propri resti.
Le motivazioni dietro a questa inversione di tendenza rispetto alle generazioni precedenti possono essere molte. Secondo Antonio Green, esperto di deathcare e comportamenti generazionali, intervistato da NFDA, una delle risposte potrebbe essere la presenza di urne cinerarie di parenti e conoscenti nelle case di famiglia. «Questi ragazzi vedono tutte queste collezioni di urne nelle loro abitazioni e si domandano “
Cosa ne faremo di queste? Perché io non le voglio”» spiega Green. Probabilmente si domandano cosa ne sarà di quelle ceneri quando i loro genitori non ci saranno più e il problema aumenta quando loro stessi non ci saranno più» Queste “eredità” andranno a ricadere sui figli e sui nipoti e, peggio ancora, sulla comunità nel momento in cui non ci fossero discendenti. Inoltre, sempre secondo Green, un altro motivo potrebbe essere il bisogno di essere ricordati convenientemente. C'è di più, il tasso di suicidi è tragicamente cresciuto sopra al 50% rispetto al 2010 e molti di questi giovanissimi hanno dovuto assistere ai funerali di un amico. «Molte di queste cerimonie sono state sicuramente svolte senza l’opportunità di un ultimo saluto alla salma e i ragazzi pensano che “
sarebbe stato bello vedere il mio amico un’ultima volta”» continua Green.
Un’altra domanda a cui la Gen Z ha risposto in modo opposto rispetto ai loro genitori è la questione dei riti funebri: il 68% di loro crede nell’importanza di onorare la vita dei propri cari attraverso un funerale o una qualche commemorazione. «
Gen Z e Millennials reputano la figura del cerimoniere e dell’impresario funebre, figure esperte di prodotti legati al funerale e comunque degni di fiducia» conclude Green.
L’articolo pubblicato da Connecting Directors cita anche un articolo del 2019 apparso sul Washington Examiner dal titolo “
Millennials and Gen Z might kill yet another industry: traditional funeral homes” (I Millennials e la Gen Z potrebbero uccidere un’altra industria: quella delle case funerarie tradizionali) dove il giornalista affermava che queste generazioni avrebbero richiesto “
modi più creativi ed ecologici per essere ricordati” e prevedeva che le nuove generazioni avrebbero rifiutato la cremazione perché “
il livello di energia richiesto per cremare un corpo equivale a un viaggio in auto di 500 miglia”.
«Mentre le preferenze dei clienti si evolvono, gli impresari funebri devono evolversi a loro volta. - ha dichiarato Dutch Nie, presidente della NFDA, - Sappiamo che la Gen Z ha una mentalità molto attenta alla comunità ed è indirizzata verso la rottura delle norme culturali. Questo crea l’opportunità per noi, di
mostrare il valore dei funerali e tutte le opzioni disponibili per creare un servizio ad hoc che onori la vita dei loro cari».
Le nuove opportunità green sono numerose, specialmente nel continente Americano e nei Paesi anglosassoni o nordici: dalle sepolture naturali a quelle ancora sperimentali. La sfida è stata lanciata, saranno gli impresari e le case funerarie a doverla raccogliere e presentare soluzioni sostenibili e innovative per il nuovo target generazionale.
Tanja Pinzauti