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Gli italiani e i defunti

Come vivono la commemorazione del 2 novembre: abitudini e rituali della popolazione.

La festa dei morti, il 2 novembre 2024, potrebbe aver celebrato un anniversario storico: mille anni dalla sua istituzione.

Introdotta dai monaci di Cluny tra il 1024 e il 1033, secondo le ricerche del grande storico francese Jacques Le Goff, quella che chiamiamo più correttamente la “Commemorazione dei defunti” ha visto mutare profondamente il proprio ruolo e significato nel tempo. Pur avendo perso parte della rilevanza pubblica e cerimoniale che aveva in un passato ancora recente, continua a essere una ricorrenza profondamente sentita. I dati delle indagini campionarie che Orme ha condotto in questi anni ci dicono che circa la metà, o poco meno, della popolazione adulta italiana visita i propri cari al cimitero il 2 novembre, nei giorni immediatamente precedenti o successivi. E ci dicono che i visitatori non si limitano a una fugace apparizione. Molti rendono omaggio, una dopo l’altra, a tutte, o almeno ad alcune, delle tombe delle persone care, a volte spostandosi tra un cimitero e un altro. Dedicano tempo ed energie a sistemarle, pulirle, restituire loro decoro. Ricordano, a sé stessi o a chi li accompagna, la vita di chi le occupa, le forme e le modalità della loro uscita di scena.

Ma cosa fanno, concretamente, gli italiani in queste visite? Sono da soli o condividono questo momento con altri? E dentro i cimiteri, il loro comportamento si discosta da quello quotidiano? A queste, e altre domande, hanno provato a rispondere le studentesse e gli studenti del laboratorio di ricerca qualitativa attivo presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna che hanno condotto, proprio in occasione del 2 novembre 2024, una sessione di “osservazione partecipante” in due cimiteri del Nord Italia: uno di un comune capoluogo di provincia, l’altro di un comune non capoluogo.

La tecnica dell’osservazione partecipante, sviluppata dagli antropologi culturali per studiare popolazioni e pratiche considerate “esotiche”, prevede la presenza del ricercatore sul campo e la trascrizione sistematica di quanto osservato. Applicata ai cimiteri italiani, ha rivelato una complessa combinazione di rituali, abitudini e dinamiche sociali.
Vista indossando gli occhiali di un antropologo venuto da un mondo lontano, l’esperienza della visita degli italiani al cimitero in occasione della Commemorazione dei defunti appare piuttosto eterogenea e tutt’altro che malinconica. Già avvicinandosi al perimetro della città dei morti il quadro si presenta piuttosto vivace. I parcheggi esterni al cimitero sono rapidamente riempiti già dalla tarda mattinata, piccoli gruppi di famigliari scendono incessantemente dalle auto, ma anche dagli autobus urbani, le cui linee sono state potenziate per l’occasione. Una folla di fiorai, vivaisti, venditori più o meno stabili circonda il perimetro del cimitero di fiori e vasetti con prezzi variabili da € 1,50 a molte decine di euro. Banchetti di associazioni caritatevoli o parrocchiali sono piazzati agli ingressi per mettere alla prova i sensi di colpa dei visitatori, una parte dei quali cede alle richieste di sostegno della causa, se non addirittura di affiliazione. Mendicanti, strategicamente piazzate anch’esse, manifestano con una certa visibilità la loro preoccupazione per la presenza di concorrenza, e deve passare molto tempo prima che si convincano che si tratti davvero di innocue studentesse il cui interesse è limitato alle caratteristiche, anziché alle tasche, di chi entra. È proprio grazie a queste osservazioni sistematiche che sappiamo che, in prevalenza, si entra al cimitero da soli e che solo nel 7% dei casi a entrare sono aggregati formati da almeno tre persone o più. Gli anziani, poi, prevalgono sugli adulti, le donne sugli uomini e solo una quota variabile tra il 6% (nel piccolo comune) e il 10% (nel comune capoluogo) include la presenza di bambini al di sotto dei 14 anni di età, almeno per quanto è possibile ricavare dall’osservazione diretta. Sono quindi anziane vedove, qualche isolato vedovo, poche coppie con figli, più facilmente nonni con i nipoti, aggregati di sorelle e gruppi di amiche a varcare le soglie dell’ingresso. Buona parte di essi, poi, varca la soglia facendosi il segno della croce, un gesto osservabile in circa la metà dei visitatori. Una quota tutt’altro che trascurabile, anche se probabilmente inferiore a quella rilevabile tra i calciatori quando fanno il loro ingresso in un altro, ben diverso, “campo”. Farsi il segno della croce non è, però, l’unico gesto rituale che sancisce, per alcuni, l’atto di varcare la soglia tra due luoghi percepiti come soggetti a regole ben diverse.

Dentro al cimitero, infatti, il volume della voce si riduce, almeno quanto basta per marcare un passaggio. La riduzione sarà ancora superiore avvicinandosi alle tombe, fino a lasciare il posto a intervalli alquanto variabili di silenzio totale. Una pratica che rafforza l’idea che lo spazio che si sta visitando abbia regole proprie, e sia in qualche modo soggetto al dominio di chi non c’è più.

Buona parte dei visitatori, poi, porta fiori. Per la verità questo accade più nel grande comune (53% dei casi) che nel comune più piccolo (28% dei casi), ma è facile che molti abbiano affrontato questo nodo già nei giorni precedenti, probabilmente, ed è plausibile che anticipare i tempi di sistemazione della tomba sia più facile nei piccoli centri che in quelli maggiori. È nei primi che si passa più facilmente davanti, o vicino, ai cimiteri anche nei giorni ordinari. Ma almeno una parte di coloro che hanno portato fiori ha chiaro che anche questo gesto è segnato da una separazione radicale tra un “dentro” e un “fuori”. Come ha sentenziato la cliente di un supermercato che, nel comune capoluogo studiato, è solito aumentare l’offerta di crisantemi e ciclamini proprio per rispondere al picco stagionale della domanda: «ah, no. Per i fiori dei morti bisogna spendere quel che c’è da spendere, perché lassù poi lo vedono che gli hai portato i fiori già appassiti del supermercato».

Sembra che il centro della visita sia quindi solo il rapporto tra i vivi e i morti. Ma un’osservazione più attenta rivela anche altro. Così, mentre un marito pulisce la lapide, una nonna include la nipote nella catena di vincoli famigliari, condividendo con quest’ultima la storia della propria sorella maggiore, morta per una malattia oggi curabile con gli antibiotici. E, ancora, un padre risponde alla scomoda domanda del figlio in età prescolare, colpito dalla vista delle molte foto di bambini di generazioni, ma non di età, molto lontane dalla sua. E che la visita del 2 novembre abbia lo scopo prevalente di rinsaldare i legami tra i vivi lo segnala anche un altro inatteso risultato dell’analisi sistematica dei dati raccolti dai ricercatori.
La frequenza con cui si portano fiori cresce all’aumentare del numero di membri che costituiscono l’aggregato di visitatori. A entrare al cimitero con fiori, infatti, è il 32% dei solitari, ma questa percentuale arriva a raggiungere il 56% dei casi quando il gruppo è formato da quattro persone o più. L’offerta di fiori è profondamente radicata nella celebrazione dei morti in aree di tradizione cattolica. Ma questa può sancire anche l’esistenza di un vincolo, tanto con i morti, quanto tra i vivi. Forse la notizia è che sembra che la nostra società, in fondo, possa averne ancora bisogno.

Nella cornice dei cambiamenti culturali e sociali anche radicali degli ultimi decenni, la “Commemorazione dei defunti” continua, infatti, a trovare un proprio spazio nella vita di molti, perfino tra i “nuovi” italiani venuti da lontano. E i rituali e le pratiche che animano i cimiteri oggi confermano il ruolo cruciale che gli operatori cimiteriali e funebri svolgono nel mantenere viva una dimensione essenziale della nostra umanità: il legame tra passato, presente e futuro.
La ricerca è stata coordinata da chi scrive e condotta dagli studenti: Caterina Andreetto, Iman El Mansri, Alexandra Fabbri, Mariagrazia Forino, Alessia Ingrassia, Sara Leonori, Stefano Lopes, Paolo Magnani, Simona Marrone, Lorenzo Mazzocchin, Sofia Noviello, Camilla Pelizzari, Margherita Pentassuglia, Luca Romano, Chiara Sergio Leggio, Lucia Tartari, Erika Toderi, Ivan Traversi, Elda Vata, Antonio Villani, Cecilia Zappacosta
 
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