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Cremazione, la situazione in Italia

Un’analisi su passato, presente e futuro per fare il punto sui possibili sviluppi.

Anche per l’anno 2023 si conferma il trend di crescita della cremazione in Italia con un 38,16% e questo rafforza la posizione degli operatori del settore associati a SEFIT (Servizi Funerari Italiani) che ritengono necessario esporre delle riflessioni su quegli elementi considerati fondamentali per il corretto sviluppo della cremazione nel prossimo futuro.

Principali destinatari ed interlocutori dovranno essere le istituzioni e i cittadini: le prime per gli aspetti normativi di regolamentazione degli impianti, i secondi per ricevere chiare informazioni sul funzionamento dei crematori e sui servizi forniti.
Per quanto riguarda gli aspetti normativi, si evidenzia che, nonostante l’importante crescita del settore, non esiste ancora una regolamentazione tecnica nazionale specifica sugli impianti crematori.
Infatti, non è stato emanato il decreto interministeriale che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge 30 marzo 2001, n. 130 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri”, avrebbe dovuto definire “le norme tecniche per la realizzazione dei crematori, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione” (art. 8). Tale mancanza comporta che ogni Regione stabilisce dei limiti specifici in relazione alla localizzazione dell’impianto ed alla tecnologia adottata, ogni impianto deve osservare la propria autorizzazione al funzionamento rilasciata dalla Autorità competente per territorio, la quale spesso fa riferimento ai limiti e ai sistemi di controllo previsti per le emissioni degli inceneritori.

È bene invece sottolineare, anche nei confronti dell’opinione pubblica, che i crematori per la modalità di funzionamento e soprattutto per la tipologia e l’omogeneità dell’oggetto di combustione sono completamente diversi dagli inceneritori. Nelle emissioni dei crematori si devono infatti considerare le seguenti caratteristiche:
  • L’impianto lavora a ciclo (ciclo di cremazione).
  • I feretri e i corpi umani hanno caratteristiche chimico-fisiche praticamente costanti.
  • È possibile prevedere l’uso di feretri con caratteristiche di minore impatto sulle emissioni (es. legno naturale, vernici ad acqua, imbottiture non inquinanti).
  • I feretri vengono privati delle parti metalliche (es. maniglie, crocifissi) prima di essere introdotti nel forno.
  • Per quanto detto sopra, le emissioni in atmosfera da un impianto sono limitate a un numero ristretto di inquinanti.
  • Gli impianti sono dotati di filtri a maniche che intercettano gran parte degli inquinanti e, prima della sezione con il filtro, nella maggior parte dei crematori italiani, costruiti in tempi relativamente recenti rispetto agli altri Paesi europei, si riduce significativamente l’emissione di inquinanti attraverso l’iniezione di composti a base di bicarbonato di sodio e carboni attivi.
Altra lacuna normativa che si registra è a livello regionale e riguarda la pianificazione territoriale degli impianti di cremazione. L’art. 6 della L. 130/2001 prevede che le regioni adottino tale piano secondo alcuni criteri, ma ad oggi pochissime regioni hanno provveduto e non sempre le decisioni prese si sono rivelate adeguate. Il punto, dopo più di venti anni dall’adozione della legge sulla cremazione, è che bisognerebbe domandarsi se quei criteri siano ancora oggi adeguati.
Nel frattempo, infatti, il numero di cremazioni e la mortalità media sono cresciute di molto e poi bisogna anche considerare gli sconfinamenti di cremazione tra regioni diverse. Tutti elementi che fanno deporre verso l’opportunità di prevedere una pianificazione nazionale della rete dei crematori con un aggiornamento dei criteri.

Le descritte lacune normative, unitamente alla mancanza di conoscenza di un settore di recente sviluppo, incidono anche sui cittadini e sulle scelte politiche condizionate da timori non giustificati sull’inquinamento dei crematori. Negli ultimi anni, infatti, è cresciuta la pressione dell’opinione pubblica contraria all’installazione di impianti di cremazione con prese di posizione politiche a tal riguardo; conseguentemente, territori che necessitavano di copertura del servizio sono rimasti sprovvisti.
É dunque evidente come l’asimmetria informativa condizioni il corretto sviluppo della cremazione e come diventi fondamentale fornire informazioni chiare, soprattutto rispondendo alla domanda: ma i crematori italiani sono veramente pericolosi? Innanzitutto, bisogna partire dagli ultimi dati disponibili (anno 2022) elaborati dall’ISPRA e riportati in Tabella 1 (per approfondimenti si veda il paragrafo 6c del documento “La cremazione in Italia. La regolamentazione tecnica degli impianti e i risultati di uno studio sulle emissioni in atmosfera” reperibile su www.sefit.org) dai quali risulta che l’impatto della cremazione sulle emissioni in atmosfera totali italiane è assolutamente irrilevante (rappresentazione grafica in fig.1) e ciò nonostante la cremazione sia scelta da circa il 36% degli italiani (percentuale anno 2022) con una diffusione sempre più capillare sul territorio nazionale.



In secondo luogo, si deve considerare che la maggior parte degli impianti sono di recente installazione e dunque sono dotati della miglior tecnologia disponibile, con risultati che li caratterizzano come meno inquinanti rispetto alla media europea. Infine, va rilevato che le emissioni dei crematori potrebbero essere ridotte se si intervenisse a monte sulla normativa nazionale, prevedendo disposizioni che vietino l’utilizzo di certi materiali inquinanti nel confezionamento del feretro.

Da ultimo è importante continuare a svolgere gli studi sulle emissioni dei crematori e divulgarne i risultati.

In Italia ISPRA, in collaborazione con SEFIT, ha avviato nel 2015 e nel 2019 due indagini(1) (una terza indagine è in fase di avvio) per poter utilizzare fattori di emissione nazionali nella stima delle emissioni dalla cremazione al posto dei valori di default suggeriti dal Guidebook EMEP/EEA nell’ambito della redazione dell’inventario delle emissioni UNECE sull’inquinamento transfrontaliero. Dall’ultimo studio emerge che l’inquinamento atmosferico prodotto dai crematori italiani è generalmente contenuto e che un’obiettiva valutazione degli inquinanti emessi può essere effettuata solo se si tiene conto delle masse e delle portate in gioco che caratterizzano, appunto, il funzionamento del crematorio in modo diverso da un inceneritore.
Concludo con alcune considerazioni circa l’importanza di fornire informazioni sui servizi svolti. L’aspetto di regolamentazione dell’impianto non va disgiunto dall’essenzialità del servizio fornito alla persona. Non va infatti dimenticato che la cremazione è un processo delicato che comprende non solo l’adempimento meramente tecnico di una serie di atti formali e operativi, ma anche il rispetto di regole etiche e comportamentali per quello che rappresenta l’ultimo saluto alla persona cara defunta. E funzione tecnica e funzione sociale non possono essere disgiunte, se si vuole rappresentare il crematorio come un luogo di erogazione di un servizio etico e sociale dove si svolgono anche riti funebri che, grazie alla loro dimensione comunitaria, funzionano come catalizzatori dell’elaborazione del lutto.
Ecco perché è importante investire in politiche di regolamentazione del settore che tengano conto della migliore tecnologia e dell’opportuna localizzazione degli impianti per rendere accessibile il servizio ai cittadini nel rispetto della salute e della sostenibilità ambientale ma anche in politiche di divulgazione delle informazioni sui servizi e la loro modalità di prestazione, come già alcuni degli operatori oggi stanno facendo.
(1) I risultati di due studi sono riportati all'interno del documento "La cremazione in Italia. La regolamentazione tecnica degli impianti e i risultati di uno studio sulle emissioni in atmosfera" reperibile su www.sefit.org
 
Valeria Leotta

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