Rotastyle

Pianificazione dei crematori

I criteri previsti dalla legge sono ancora validi? Occorre una visione d’insieme sulle evoluzioni del mercato.

In un precedente articolo (Oltre n.6 settembre/ottobre 2024) si è rappresentata la situazione circa la localizzazione dei crematori nel nostro Paese.

Si è pure osservato come, a distanza di oltre venti anni dalla entrata in vigore della legge base per la cremazione, gran parte delle regioni italiane siano ancora sprovviste di piani di coordinamento.
Oggi ci poniamo invece la domanda se i criteri alla base della pianificazione che doveva essere fatta oltre venti anni fa siano ancora validi, ovvero se il ritardo pianificatorio ci abbia consentito di meglio capire cosa sia successo e di suggerire al legislatore alcune correzioni.
Cominciamo con l’analisi dei maggiori impedimenti attuali allo sviluppo di una rete nazionale di crematori. Posso sintetizzarli come segue:

  1. Il blocco temporaneo (ma in taluni casi si protrae per anni) a nuove installazioni in attesa che la Regione approvi il piano di coordinamento dei crematori. Questo è avvenuto in Campania (piano approvato da poco) e poi sono ancora bloccate le nuove installazioni in Toscana (discussione in corso), Liguria (discussione in corso), Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Marche. Ciò ha riflessi sia per le popolazioni interessate, che non riescono a disporre in tempi adeguati di un servizio che invece in altre regioni è già disponibile, ma pure per l’imprenditoria intenzionata a promuovere l’installazione di nuovi impianti e l’industria di settore.
  2. Le reazioni delle popolazioni interessate, in genere derivanti da movimenti contrari, costituiti da cittadini residenti nei pressi dei luoghi di possibile installazione degli impianti, con il classico effetto NIMBY (Not in my back Yard – Non nel mio giardino). È pur vero che “mal comune mezzo gaudio”, visto che ormai si contesta anche la decisione di mettere una fermata dell’autobus nei pressi di casa o la collocazione di un cassonetto dell’immondizia nelle vicinanze. Occorre però una forte riflessione sugli effetti di queste contestazioni, che sono la spia dell’atrofizzazione del senso civico e di un ripiegamento sempre più evidente nell’individualismo.
  3. Gli effetti della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, del 3 gennaio 2022, n. 14, che contiene tre affermazioni:

    a) L’assimilazione del crematorio all’inceneritore come industria insalubre di prima classe. Il Consiglio di Stato lo dice per convalidare la possibilità del sindaco del comune di insediamento di un crematorio (reale o potenziale) di porre limiti a tutela delle popolazioni interessate in assenza di normativa tecnica specifica. Ma i movimenti contrari a nuove installazioni di crematori pubblicizzano impropriamente l’equazione crematorio=inceneritore.
    b) Le emissioni in termini chimico fisici di un crematorio sono identiche a quelle di un inceneritore. Cosa che è più o meno vera in termini qualitativi, ma assolutamente NO per quelli quantitativi, che è il vero nucleo del problema. Difatti tutti i crematori in funzione in Italia (e sono meno di 100) inquinano di meno di un inceneritore medio.
    c) È una situazione transitoria finché non viene emanata la regolamentazione di cui all’art. 8 della L. 130/2001.
Pertanto è, non solo necessario, ma doveroso emanare detta normativa tecnica e si suggerisce di avere a riferimento gli orientamenti dell’European Crematoria Network aggiornati, per tener conto del periodo storico nel quale venne scritto il libro bianco sui crematori e delle ultime normative emanate in materia.
Vi sono inoltre da tener presenti due aspetti, allora non considerati:
  • una corretta nomenclatura EER per i rifiuti derivanti dai sistemi di abbattimento dei fumi dei crematori e i problemi per il loro smaltimento e/o riciclo;
  • gli effetti della recentissima norma europea per la riduzione del mercurio che inciderà anche sui crematori (1) (2).
E quindi, l’interrogativo che ci poniamo col presente articolo è il seguente: i criteri di pianificazione previsti dalla L.130/2001, venti e più anni fa, sono ancora validi?
Lo standard crematorio italiano, che poteva essere appena sufficiente nel momento in cui venne elaborata la legge 130/2001 e cioè di almeno un crematorio ogni regione, si basava su una realtà storica di quegli anni di circa 32.000 cremazioni (30.000 cadaveri e 2.000 resti mortali) rispetto a 560.000 defunti annui.

In Italia (dati 2022) siamo oggi, o meglio ieri, di fronte a circa 306.000 cremazioni annue (260.000 di cadaveri e 46.000 di resti mortali), con una distribuzione statistica predominante nel Nord e in parte del Centro, cui si aggiunge la Campania.
In poco più di 20 anni si sono pertanto decuplicati i valori del numero di cremazioni da quando venne scritta la L. 130/2001.
Cosicché lo standard minimale oggi e per il futuro immediato dovrebbe essere di almeno un crematorio in ogni provincia, con un limitatore di massimo di impianti per ciascuna provincia per evitare che la marginalità economica di ogni impianto sia inferiore a quanto necessario.

Circa poi i bacini ottimali, la Lombardia e l’Abruzzo, con recenti provvedimenti, li calcolano secondo i dati di mortalità forniti da ISTAT, relativi all’ultimo anno disponibile.

L’analisi, che tiene conto di impianti già esistenti o già verificati e/o autorizzati, è tuttavia parametrata secondo i criteri:
  • zone poste entro i 30 km dal confine del Comune di impianto: 100% della popolazione;
  • zone poste tra i 30 e i 60 km dal confine del Comune di impianto: 50% della popolazione;
  • zone poste oltre i 60 km dal confine del Comune di impianto: 30% della popolazione.
E con popolazione di riferimento sull’ordine dei 400/500 mila abitanti.
Se però si legge l’analisi dei dati statistici della regione Piemonte (che ha reso pubblici i flussi di trasporti per cremazione da regioni confinanti), emerge che una parte non indifferente di cremazioni passa dalla Lombardia al Piemonte (e non solo durante il periodo pandemico). Inoltre, valutazioni empiriche sui dati conosciuti delle cremazioni in Emilia-Romagna confermano che anche in questa regione vi sono afflussi importanti di cremazioni che vengono dal Veneto e parte dalla Lombardia, meno da altre regioni confinanti.
Stesso ragionamento per la Calabria e la Campania, che drenano un numero importante di cremazioni da altre regioni vicine (addirittura dalla Sicilia).
Queste considerazioni permettono di evidenziare come i meccanismi di calcolo dei bacini ottimali di servizio di un crematorio debbano essere rivisti alla luce anche dei flussi di arrivi e partenze da ogni provincia, a meno che non si irrigidisca significativamente l’obbligo di cremazione prioritaria di defunti e resti mortali della provincia dell’impianto di riferimento.

È del tutto evidente che, collegato ai criteri di calcolo dei bacini ottimali di cremazione, vi è anche la definizione del sistema tariffario, dovendo garantirsi in base all’art. 3 del D.Lgs.vo 23/12/2022, n. 201 “tariffe orientate a costi efficienti” seguendo i criteri di cui all’art. 26 dello stesso decreto. Per i servizi di cremazione, essendo essi attualmente rientranti tra quelli di interesse economico generale non a rete, la competenza per la fissazione dei criteri tariffari è ora unicamente del MIMIT (art. 8 comma 1).
Si è così del parere che siano da rivedere i meccanismi tariffari di cui ai decreti interministeriali dell’interno e salute, oggi ancora applicabili, seguendo l’impostazione che è già vigente negli altri settori dei servizi pubblici e quindi con la identificazione di un metodo di calcolo, attuativo del citato art. 26 D.lgs. 201/2022, basato su un impianto standard di riferimento (cioè, il più diffuso con due linee e sistemi di abbattimento degli inquinanti di ultima generazione).

Ciò, sia per tener conto della evoluzione dei costi gestionali connessi con l’aumento delle necessità di impiantistica sempre più perfezionata per aderire al criterio delle BAT (Best available techniques), sia per seguire l’evoluzione dei costi operativi tra cui il personale, gli energetici e l’analisi di opportunità di cambio del tipo di combustibile, nonché l’evolversi della domanda di cremazione.

Occorre quindi una visione d’insieme nazionale e prospettica di quale possa diventare il fabbisogno di impianti di cremazione nel medio e lungo termine, con criteri di insediamento non più basati su norme valide in passato, ma sulle possibili evoluzioni future del mercato.

E su queste basi, elaborare rapidamente una moderna normativa statale in materia di crematori, di forte indirizzo al sistema regionale di pianificazione delle installazioni e di apertura alle autonomie comunali.
(1) Regolamento (UE) 2017/852, Art. 18 paragrafo 1 comma 1, lettera g) “g) informazioni sulle misure attuate sulla base degli orientamenti della Commissione relativi alle tecnologie di riduzione delle emissioni di mercurio e dei composti di mercurio prodotte dai crematori di cui all'articolo 19, paragrafo 2 bis, lettera a)

(2) Regolamento (UE) 2017/852 Art. 19 paragrafo 2 “2 bis. Entro il 31 dicembre 2029 la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio in merito a: a) l'attuazione e l'impatto di tali orientamenti, elaborati dalla Commissione al più tardi entro il 31 dicembre 2025, sulle tecnologie di riduzione delle emissioni di mercurio e dei composti di mercurio prodotte dai crematori applicate negli Stati membri"
 
Daniele Fogli

Biemme Special Cars

Abbattitore Salme - Coccato e Mezzetti

GIESSE

GEM MATTHEUS - Creamazinoe animale

Rotastyle - L'arte del prezioso ricordo

STUDIO 3A - Risarcimento Assicurato SRL

Infortunistica Tossani

Alfero Merletti - Studio Legale

Scrigno del Cuore

FIAT_IFTA

Oltre Facebook