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Una casa editrice in terra di Sicilia piange la madre di tutti i suoi frutti

La passione per l’editoria, a volte, è quasi una malattia che non conosce antibiotici. È la voglia di diffondere l’arte della parola, di seminare il fascino del racconto e della creatività, di cibarsi dei suoi frutti: grassi pomi di cultura sovente difficili da far crescere là dove il terreno non è dei più fertili. Elvira Giorgianni in Sellerio, la zarina palermitana, donna d’arte e di intuizione dalla irriducibile devozione per l’editoria, ha avuto il grande merito di crederci e di riportare in terra di Sicilia quella casa editrice che, tra tanti altri autori, ha restituito ad un gran numero di lettori le opere di Bufalino e di Camilleri, già affermato regista televisivo. Il coraggio di avere fiducia in sé e nelle proprie illuminazioni, e quindi di intraprendere un percorso editoriale in una terra che ne aveva perdute le antiche radici, ha origini lontane che risalgono a quel 1969 e alla collaborazione con Sciascia, santo protettore dell’impresa. Ciò che si può narrare della vita ormai spenta di una persona che ha contribuito a valorizzare la millenaria arte dello scrivere, non può essere che un plurimo e riconosciuto valore artistico.
La sua assenza non può che suscitare un vuoto e un dispiacere anche in coloro che non hanno mai avuto la fortuna di incontrarla. Per me, romanziere che finora non ha mai coronato a pieno i propri sogni presuntuosi di popolarità, è un dispiacere che scende al sud da un Piemonte lontano, un dispiacere che scaturisce dall’amore per lo scrivere e dalle tante speranze legate a quella ricerca infinita della divulgazione del sé. La presunzione è intrinseca in ogni artista, legata a quel mestiere di scrittore mai pago e mai domo, sempre in cerca del proprio spazio, sempre certo di celare tra le frasi della propria penna quel romanzo immortale che sarà per sempre. In me, scrittore che da anni si destreggia tra le galassie delle piccole case editrici, apprendere che questo affascinante e per certi versi inesplorato universo dello scrivere dedicato ad un mondo in cui il farsi leggere non è impresa comune, sapere che una donna pioniere, artefice di tanti successi, non è più tra noi giocolieri della metrica, manipolatori di frasi e di parole impresse, lascia un vuoto fatto di ammirazione e di stima, ma non solo. Sembra quasi venga a mancare quell’appiglio sempre cercato, quell’approdo che forse avrebbe portato al coronamento del sogno. Appassionato lettore dei più noti colleghi editati dalla bottega editoriale di Elvira ed Enzo Sellerio, ho sempre apprezzato la grafica molto curata, l’attenzione dedicata a testi cosiddetti minori, la caratteristica copertina blu: opere piccole, ma sempre di grande spessore culturale. Segno di come si fanno certe cose nel rispetto dei contenuti e nella lungimiranza della diffusione.
Si ricordano adesso la sua personalità raffinata quanto energica, la disponibilità e l’amabile modo di fare: sono prerogative indispensabili per espandersi in quel sofisticato mondo della carta stampata, facendosi amare, rispettare e ben volere. È una immagine riportata che mi restituisce come uno specchio una persona che visualizzo nella mia mente, immaginando, scrivendo nella mia fantasia quel piccolo racconto, quel chissà come avrebbe potuto essere tra noi un seppur fugace, ma professionale incontro. Fantasie di novelliere ancora in cerca della propria storia. Onore dunque ad una imprenditrice colta e raffinata, cavaliere del lavoro, laurea honoris causa in lettere dall’Università di Palermo, ma soprattutto propulsore creativo per l’arte dei sogni elaborati dalla fantasia e dalla creatività, quegli oggetti meravigliosi che sono i libri. Opere di immagini, di frasi e di parole che non vedrebbero mai la luce senza la lungimiranza, l’intraprendenza e la capacità che richiedono altre arti, quella editoriale e quella tipografica. Genesi di quell’ultimo importante atto che trasforma impulsi ed emozioni in cartaceo volume, tangibile, reale, patrimonio di creatività pronto ad essere condiviso con l’appetito del lettore. Abbandonare lo spazio e il tempo a noi destinati su questa grande madre terra consegnando in eredità un catalogo di oltre 3.000 volumi, vuol dire aver onorato nel migliore dei modi quella meravigliosa avventura che mette alla prova il dono del nascere, del crescere, del vivere e del morire. Vi sono cose che superano il nostro tempo: tra di esse vi è il lasciare dietro di sé una signorile scia che profuma di carta e di inchiostro inciso, un percorso fra scrivania, copertine, volumi accatastati, scrigni di valori sempre da scoprire, sigarette e telefono, la mente sempre in fermento.
Io scrittore di piccolo cabotaggio rendo onore ad un grande personaggio che avrei voluto conoscere personalmente. Ne avverto la mancanza pur non essendosi mai incrociate le nostre strade. Io, scrittore che ben comprendo il fascino e l’emozione che suscita il parto anche d’un piccolo volume, non posso che essere in piena sintonia con quel denominatore comune che unisce autori ed editori, complici di quell’intrinseco bisogno dell’uomo che, dall’epoca dei graffiti, ha sempre avvertito la necessità di affidare al tempo un segno indelebile del proprio pensiero e della propria storia.
Il mio è un omaggio sincero, ricco di ammirazione e di una profonda condivisione della medesima passione. È l’addio ad una donna che ha sicuramente lasciato un vuoto difficile da colmare, una donna che ha arricchito il sud magnificandone la sua storica cultura. Mancherà a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di intraprendere con lei un affascinante percorso. Peccato, davvero un peccato per me non averla mai incontrata. Grazie Elvira Sellerio, grazie a nome di tutti quegli autori grandi e piccoli che hanno visto i propri sogni nascere e vivere, impressi tra le pagine di quei magnifici oggetti che non tramonteranno mai: i libri, i saggi, i romanzi, le opere dell’ingegno, la voce delle parole incise e siglate dal marchio di una casa editrice.
 
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