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Dopo le stragi di Parigi e le promesse indirizzate a Roma

Aspettando il Giubileo

Anno del Signore 2015 dopo l’avvento di Cristo: la strage di Parigi lentamente, spietatamente si installa tra le coscienze degli uomini di buona volontà e penetra a risvegliare le angosce più latenti di un presente europeo che si scopre fragile. Ancor di più al cospetto di un futuro imminente. Mentre la quotidianità tentenna e si riprende, sui volti della gente, fra le rughe e le parole che indugiano tra i denti, la paura scivola per le strade e spegne i sorrisi della normalità. La consapevolezza diventa schiava di se stessa: gli allarmi si susseguono, gli aerei non decollano. Niente sarà mai più come prima. Molte parole ormai hanno un suono ed un senso diversi: integrazione, accoglienza e soprattutto diffidenza; sensazione che giaceva accantonata tra le piazze e le vie delle nostre ospitali città spalancate a popoli di ogni razza. Sembrava che niente potesse colpire così forte qui da noi. Invece non è stato così!
Mentre si indugia cercando di dividere sulla lavagna delle opportunità i musulmani buoni da quelli cattivi, i cattivi ridono di noi e le ragazze con il velo abbandonano le aule di Varese nel momento del cordoglio e del silenzio. Nessuno afferma che il Corano sia un manuale per la guerra santa e che i suoi lettori siano tutti potenziali combattenti, ma in giro ve ne sono molti. Come discernere gli uni dagli altri? C’è tempo per farlo? Ogni ottimistico pensiero, ogni desiderio di essere in errore si infrange su segnali che ridestano il buonsenso di saper interpretare; anche controvoglia, anche se occorre risvegliare un sopito coraggio di dire. E c’è un valido perché.
Mentre il 17 novembre negli stadi di mezza Europa un composto dolore ha unito le tifoserie in un unico coro che ha intonato “La marsigliese”, a Istanbul, in occasione della partita Turchia - Grecia, è accaduto ben altro! Nel momento di silenzio dedicato alla strage di Parigi, dalle gradinate sono saliti i cori del razzismo integralista. È stato uno schiaffo in mondovisione che ha spezzato l’aria al grido: “Allah è grande!”. Il medesimo inneggiare dei macellai che hanno insanguinato la capitale francese. È stato un gesto vergognoso, ma anche illuminante. Un gesto spontaneo, un telegramma voluto, meditato, sprezzante, un comunicato mediatico e sfrontato indirizzato ad occidente.

Occorre rispolverare la storia

Occorre rispolverare la storia, i confini dell’impero ottomano e la sua definitiva caduta nel 1917 in seguito alle complesse vicende che risalgono alla prima guerra mondiale. Basta confrontare una cartina per scoprire che il fenomeno delle primavere arabe sta ricostruendo il medesimo profilo. Certe guerre non finiscono mai e oggi un AK47 al mercante in fiera costa meno di un telefonino: si piega il manico, sta dentro uno zainetto e già si parla di armi chimiche. Tutto questo basta e avanza e molto di ciò che si dibatte ora suona come smarrita e sterile acriticità. Non è importante quanti tifosi turchi fossero d’accordo e quanti no; erano abbastanza. Il fatto è accaduto, segnale di quanto, pur tra tanta brava gente, la moderata ideologia islamica non sia così distante da quel concetto di “Jihad” che, all’estremo del suo significato, spinge alla conquista.
La religione non c’entra, l’etimologia della parola significa “unire, trattare con devozione, con cura”. Altra cosa è la parola “fede” tra i cui derivati vi è “infedele”. Le parole hanno un senso, anche “connivenza”. A Bruxelles in molti sapevano, ma nessuno ha denunciato il progetto assassino. Occorre conoscenza per vederci chiaro. Il pericolo non ha divisa, non ha patria, non ha un vero volto, ma una fede sì. Esiste e basta, non è quantificabile, ma certamente è tra noi. Negarlo è non voler vedere né sentire, ma continuare a sperare che il mondo sia solo e sempre un luogo dove il male è lontano. Invece è qui, forse nella porta accanto.

Spalancare le porte

In questo scenario tutt’altro che pacifico e ottimista le parole del Santo Padre che invitano a “spalancare le porte del Giubileo” sono coerenti con i principi cristiani tramandati dal Vangelo nei quali mi riconosco con fierezza. Ma invitare a non aver paura del nome della misericordia è una responsabilità che offre il petto al volto famelico del male. L’FBI avverte: l’Italia è nel mirino. Seppur Santo, un anno è lungo. Pregando Iddio che nulla accada, se durante il Giubileo i carnefici del califfato si macchiassero di altre stragi, come giurato da tempo, ai familiari in lacrime sarà sufficiente una benedizione dall’alto del balcone? Papa Francesco è di sicuro un Santo Padre eccezionale, ma il rischio, sia pur benedetto, è importante, anche se verosimilmente nulla accadrà. Il terrorismo è subdolo e intelligente. Non colpisce laddove ci si aspetta. Sarà sufficiente pregare e sperare?
Certamente rinunciare al nostro vivere civile, al Giubileo, al crocefisso nelle aule di Bologna sarebbe un segno di debolezza e di resa. Non per questo i criminali a caccia di infedeli avrebbero comunque perso. Non ancora. In questo contesto non sarebbe male andare a rispolverare un pensiero di Platone: “quando la democrazia consente agli ospiti di comandare tra le mura della sua stessa casa, ha sacrificato se stessa ed è pronta per la schiavitù”. È così che vanno le storie dei popoli se si analizzano a fondo le crudeli vicende dell’umanità.
 
Carlo Mariano Sartoris


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