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2012: anno di misteri e un terremoto lungo la pianura del grande fiume

Le cronache di quell’anno sospeso tra storia e leggenda narrano di troppi e strani avvenimenti che colpirono l’Italia. Era quel 2012 di cui forse molto si era detto e scritto, probabilmente scelto non a caso per le sue nefaste previsioni, non si sa bene se profezie o manipolazioni umane. L’anno era iniziato con un inverno gelido; poi, i cieli erano stati solcati da velivoli senza coccarda che rilasciavano nanovermi, alluminio, torio, bario ed altre sostanze che manipolavano il clima e aumentavano la conducibilità elettrica dell’atmosfera.
La cosa era evidentissima e non era certo casuale, ma pareva accadesse infischiandosene della sovranità nazionale. Quel periodo è ricordato meglio per una crisi economica che non convinceva nessuno, ma che in breve tempo aveva messo in ginocchio la classe media, mentre i più modesti in ginocchio erano già da un po’ di tempo.
Un fatto tremendo accadde in Italia proprio nel mezzo del misterico 2012. Scosse di terremoto colpirono quella laboriosa e placida porzione della pianura padana dal nome d’origine romana: l’Emilia e i suoi confini. Una terra fino ad allora non considerata a rischio, terra alluvionale che, in teoria, non avrebbe dovuto subire forti danni; eppure chiese secolari che avevano visto di tutto senza soffrire mai si spaccarono come i loro campanili e larghe crepe si aprirono sulle mura di storiche fortezze, baluardi del tempo che fu gloria Estense, vestigia delle sue origini e della sicurezza di quella regione. Caddero i capannoni di un’industria ben radicata su un territorio produttivo e creativo, crollarono sulla testa di laboriosi lavoratori, vi furono lutti ed esodi aggravati da intralci burocratici e da italiche polemiche. La gente iniziò a non credere più a niente, mentre l’infinito sciame tellurico continuava quasi anomalo e certe fusioni del terreno faticavano a trovare risposta. Questo non impedì ai geologi di individuare le motivazioni del sisma, spiegando di continenti in perenne spinta, di falde e placche della nostra terra, poggiata su un fluido e capriccioso mantello di lava incandescente, pressata da forze fisiche senza un vero padrone. Parlarono in molti, sovente contraddicendo quello che si era ipotizzato sulle placide tendenze dei sottosuoli in quella pianura sabbiosa, così voluta dal grande fiume, La rapidità delle risposte pareva comunque avere un senso, ma fece sorgere una banale domanda: non avrebbero potuto dirlo prima?
Quel terremoto, che fece tanto male all’Emilia, alla gente e all’economia di quell’Italia ormai ostaggio dei sovrani di un nuovo progetto mondiale, mai fu provato non essere un fenomeno del tutto naturale; ma non fu provato neppure il contrario. Il dubbio rimase e ancora si muove tra i labirinti dei pensieri di qualche scettico, o forse illuminato soggetto, attratto più dall’intuito che non da una improvvisata scienza. L’alluminio che cadeva dal cielo, nel frattempo, inaridiva i terreni e faceva ammalare la gente. Qualcuno ipotizzava che avrebbe potuto essere la spada di una nuova guerra economica mondiale combattuta non col fragore dei cannoni, ma con armi silenziose e con ricatti economici. In quel tempo, l’Italia era l’unico Paese che non aveva firmato un accordo con le multinazionali degli OGM e che faceva della genuinità dei cibi un’unica bandiera contro l’avanzare dell’uniformità del gusto. Cosa molesta per i nuovi padroni del mondo. Di quello che si tramanda ora, niente è ancora certo, ma poco tempo prima certi marchesi, che parlavano troppo sovente con i signori dell’est, erano stati estromessi con un sistema originale e subito dopo erano stati ordinati nuovi condottieri non eletti da quel sistema noto come perno della società civile: la democrazia. Già regnava da un po’ di tempo un aperto malcontento e una crisi bancaria spuntata di colpo aveva messo in ginocchio il libero pensiero di una massa di gente già molto depressa. Ogni illusione era ben accetta. Il nuovo sistema tecnocratico non aveva migliorato le cose e il bel Paese aveva scoperto di avere l’obbligo di versare tantissimi soldi a non meglio precisate banche. Anche quello era stato un terremoto: finanziario.L’economia si era sgretolata quasi di colpo, ma quella zona di nome Emilia ancora resisteva, puntellando l’Italia con il suo tessuto agricolo ed economico costruito col tempo e con sapienza legata alla storia di quel territorio, figlio del grande fiume e unico al mondo. Poi, il terreno tremò. Il terremoto sembrava caduto dal cielo, pareva fosse penetrato nella terra e avesse colpito in maniera chirurgica quella patria di vini e di formaggi, di piccole industrie e delle più belle macchine al mondo. Il terremoto sembrava non volesse smettere mai, fiaccando la volontà di chi voleva solo tornare a ricostruire, a lavorare e a vivere seguendo il proprio allegro retroterra popolare. Come è finita lo sappiamo bene, ma tante cause rimangono ancora oscure. Nel frattempo i telegiornali continuavano a raccontare di placche africane che spingevano verso nord, e forse era vero, e forse era chissà cosa che non si volle dire, che la gente non osò nemmeno pensare. Di sicuro l’atmosfera era buona per portare alte frequenze a girotondo intorno al mondo e per scendere a far vibrare superficie e sottofondo a seconda di certe decisioni prese nella cittadella degli dei, celata dalle parti del grande Nord.
Di certezze non ve ne furono, solo disgrazie in quella notte del tempo che infine si concluse malamente dopo il giorno di Natale, in quello stesso anno. Di sicuro, di certe strane cose, il governo e neppure la stampa parlarono mai. Non fu chiaro se fu voluto, se fu paura o semplice arroganza. L’unica cosa certa è che questo è solo un racconto ipotetico, scritto in un giorno di sole, ma l’atmosfera è corta, lattiginosa, quasi bianca sull’orizzonte del Piemonte. Non è cosa normale e la mia attenzione lavora. Di sicuro questa è un’opinione su un terremoto certamente naturale. Opinione camuffata da epopea d’un medioevo venturo già descritto da Roberto Vacca, eminente studioso. Un medioevo che fa comodo a pochi, immaginari, eppure nemmeno poi fantascientifici nuovi signori del cielo e della terra, impegnati da sempre nella guerra tra bene e male, per la conquista di tutte le energie del mondo: la testa della gente e ogni bene materiale. Ne ho paura.
 
 
Carlo Mariano Sartoris


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