- n. 2 - Febbraio 2013
- Cinema
Qualcuno volò sul nido del cuculo
La vera pazzia è altrove
Una impresa non facile, quella di
Miloš Forman. è il 1975, e il Grande Pubblico è ancora troppo sensibile e troppo poco abituato a confrontarsi visivamente con realtà così delicate quali l’ospedale psichiatrico, l’alterità mentale dei pazienti, i trattamenti e le cure a cui gli stessi sono sottoposti.
Qualcuno volò sul nido del cuculo è la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di
Ken Kesey, scrittore statunitense e volontario in un istituto di igiene mentale, che nel 1962 prese la coraggiosa decisione di rendere nota la propria esperienza. L’adattamento cinematografico di Forman, pur spogliandosi della componente onirica del testo e abbracciando invece il più asciutto dei realismi, si traduce in una altrettanto efficace condanna al sistema psichiatrico ospedaliero in tutte le sue forme: dal distacco emotivo dei dottori ai trattamenti inumani a cui i pazienti sono sottoposti; dalle rigide regole comportamentali alle coercitive terapie giornaliere; dal cinismo dei medici alla superficialità del loro rapporto con i malati. Un approccio metodologico così impersonale genera inevitabili contraccolpi sulla psiche dei pazienti. È un sistema restrittivo, del resto, un processo che mira ad affossare ogni individualità, a spegnere qualsiasi scintilla vitale, a far credere di essere più malati di quel che si è.
R.P. McMurphy (un superbo
Jack Nicholson) è lo strumento di cui si serve Forman per ufficializzare visivamente la propria condanna. McMurphy è l’evento dinamico che sconvolge l’equilibrio dello State Mental Hospital; è lo sfacciato delinquente di cui i dottori devono stabilire l’effettiva instabilità mentale; è la voce fuori dal coro che polemizza contro il sistema e che interagisce pericolosamente con i pazienti. L’ascendente che esercita sugli altri nuts (o “picchiatelli”, come li chiama lui) è profondo e travolgente, ed emerge con chiarezza fin dal primo scambio di battute. Sarà lui, infatti, a far assaporare loro la libertà, a portarli a pescare, a farli divertire, a cercare di riaccendere quella scintilla vitale che la routine ospedaliera aveva così forzatamente spento. Ma in un ambiente tanto limitante e limitato sovvertire le regole è pericoloso e la ribellione si paga cara. In un panorama così individualmente svilente, affrescato con estrema chiarezza nelle sue scene corali (il punto di forza del film), l’elemento
McMurphy è troppo scomodo per poter circolare liberamente. La resa dei conti annunciata, ma non così scontata, segue i dettami stilistici del film e chiude coerentemente la narrazione: manca quasi del tutto la componente sonora, non si indulge a patetismi di sorta, non si sottolinea ulteriormente un finale già drammatico di per sé. Del resto, con un materiale narrativo di tale portata (una realtà ospedaliera che vessa pazienti mentalmente e fisicamente indifesi), scadere nel lacrimevole sarebbe stato fin troppo facile. Ed è qui che Forman vince: nessun virtuosismo artistico, nessuna pretesa, ma solo linearità, accuratezza e grandi interpretazioni. Oltre a Jack Nicholson, colonna portante dell’intera pellicola, il regista dirige un esordiente
Christopher Lloyd, talmente calato nella parte da cucirsi addosso il ruolo (sarà il “Doc” di
Ritorno al futuro e lo Zio Fester de
La famiglia Addams), e impiega un altrettanto convincente
Danny DeVito ancora sconosciuto ai più, ma artefice di una fra le prove più efficaci della sua carriera.
Laura SavarinoQualcuno volò sul nido del cuculo
(USA, 1975)
di Miloš Forman
Durata: 133 minuti
Cast: Jack Nicholson, Brad Dourif, Christopher Lloyd, Danny DeVito, Louise Fletcher, Will Sampson, Sydney Lassick
1976: Vince 5 premi Oscar.