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PER LA VEGLIA INDOVINELLI E TOMBOLATE

Fin dall'antichità le notti accanto al defunto, i riti ed i cortei funebri erano accompagnati da giochi collettivi, racconti, partite a carte o a dadi. Una usanza ampiamente condannata dal Cristianesimo, ma arrivata fino al Novecento, in Italia e in diverse parti del mondo.
Alle volte si tratta di semplici occasioni per trascorrere il tempo. Il tempo della veglia, il tempo dell'attesa, tutte quelle ore che passano prima di accompagnare il defunto nel luogo della sepoltura.

Così, presso molte popolazioni, i momenti che precedono il definitivo distacco sono spesso riempiti da svaghi e piccole competizioni, da aneddoti divertenti e scommesse. Tuttavia, alla presenza del gioco attorno al cadavere viene attribuito anche un altro significato, più profondo: quello della vita che continua, dell'energia e della potenza che un'attività coinvolgente quale appunto il gioco può emanare.
E' soprattutto questo lo spirito che anima i giochi funebri tra le varie popolazioni dell'antichità, soprattutto quelle greche e romane: le esibizioni collettive, le competizioni sportive diventano un espediente per trasmettere energia vitale e riaffermare la forza dell'uomo. Oltre che un modo per ricordare le nobili gesta degli eroi.


Il CRISTIANESIMO CONTRO DANZE E SPETTACOLI
Contro lo spirito dei giochi classici si leva ben presto il Cristianesimo, condannando le messe in scena spettacolari, le danze che accompagnano i riti funebri, i mimi che tengono rappresentazioni accanto alle tombe.
Già Sant'Agostino, vissuto tra il 300 e il 400 d.C., si scaglia contro questo malcostume parlando del culto dei resti del martire Cipriano, vescovo di Cartagine. Siccome sul luogo del suo martirio i fedeli celebrano banchetti collettivi, Sant'Agostino si chiede: "Come mai in un luogo in cui si dovrebbe cantare un salmo, qualcuno si sente in diritto di ballare? Un luogo così santo dove giace il corpo sacro di un martire tanto grande è stato invaso dall'arroganza degli istrioni.
Qui per l'intera notte si levano canti nefandi e si intrecciano balli smodati".
L'impegno dell'autorità ecclesiastica contro i giochi legati alle veglie popolari continua nei secoli seguenti: eppure questo tipo di tradizione non si perde, soprattutto presso le popolazioni rurali e contadine, che conservano almeno fino agli inizi del Novecento parecchie e singolari abitudini.


NOVELLE E DISCORSI, PER NON ADDORMENTARSI
In Italia, sono segnalate un po' ovunque le testimonianze del gioco che accompagna la veglia funebre. In Abruzzo giocare è considerato un puro passatempo, una specie di divertimento per far fronte all'evento luttuoso.
In alcuni paesi vicino L'Aquila, le persone che accorrono alla casa del morto raccontano novelle, propongono indovinelli e fanno lunghi discorsi, alle volte anche divertenti, per cercare di non addormentarsi. In alcune zone, poi, parenti ed amici uniscono all'ascolto di storie locali, spuntini di pane e formaggio e, in autunno, castagne bollite. I
n Puglia, ancora al principio del secolo, nelle zone di campagna, durante la notte di veglia, è conservata questa usanza: una fanciulla della famiglia del defunto avvolge un lungo nastro al collo di ciascuno dei presenti. Sorridendo e cantando alcuni versi in dialetto locale, compie il gesto di trattenere il "prigioniero", che libera solo dopo che questi le dona una moneta. Con tutte le monete raccolte durante la notte, al mattino tutti i presenti fanno un'abbondante colazione.
In alcune comunità vicino a Lecce, è stata segnalata l'abitudine, da parte dei parenti, di invitare vicini di casa ed amici, per sentire aneddoti del paese e giocare a carte. Spesso il gioco viene considerato anche un modo per continuare a mantenere il legame con il defunto.
In Calabria, soprattutto nella zona dell'Aspromonte, giocare è un segno per riaffermare la forza della vita. Durante le veglie, in diversi paesi è stata individuata la tradizione di raccontare barzellette e alternare indovinelli ad assaggi di frutta, specialmente nespole, e qualche bicchiere di vino. Siccome poi nelle credenze locali si crede che il morto sia presente per un mese nella casa dopo il decesso, bisogna procurargli vitto e alloggio.
Ma non solo: il defunto ha bisogno anche di un residuo di vitalità e per questo ogni sera si lascia sulla tavola, insieme ad un piatto pieno di cibo, del pane, una caraffa di vino ed un mazzo di carte. Perché con il gioco possa ancora assaporare la vita.
In Veneto, nella provincia di Vicenza, i parenti trascorrono la notte accanto al defunto giocando a carte o con i dadi e bevendo vino, mentre in Piemonte, in parecchie zone, vi è la tradizione di giocare a tombola. In particolare, nel territorio del Canavese, si fa la veglia non solo pregando, mangiando e bevendo, ma giocando a tombola con le fave.


In Umbria, a Città di Castello, un documento della seconda metà del Settecento svela che anche i preti, nel celebrare alcune feste ed in occasione dei funerali, si abbandonano a giochi di società, soprattutto con le carte. Qualche segnalazione arriva dall'Istria.
Quando muore qualcuno, i vicini vanno, a turno, a fare la guardia al cadavere, portandosi delle bottiglie di vino e fette di formaggio pecorino per farsi coraggio. La veglia trascorre poi tra i racconti fatti dal più spiritoso della compagnia.
In alcuni paesi, la sera tutti si recano a casa del morto: lo circondano e pregano insieme. Dopo i presenti vanno in un'altra stanza a giocare a dadi o specialmente a tombola: si crede infatti che il defunto sia contento di sentire parenti ed amici mentre scherzosamente commentano i numeri estratti.


SCOMMETTERE, PER SFIDARE LA MORTE
In molte culture, il gioco attorno al cadavere consiste soprattutto in indovinelli, enigmi, giochi a dadi. Questo perché giocare è scommettere, sfidare la vita e la morte.
Così presso alcune tribù indiane si gioca a dadi sul defunto: se le partite, durante l'intera notte, si concludono senza vittoria per uno dei partecipanti, significa che il morto è in collera.
Allora bisogna provvedere a dei riti di purificazione. Presso gli indiani del Sioux si pratica il gioco-rito della scommessa del morto: un uomo rappresenta il fantasma del defunto contro gli altri giocatori. Si gioca con i dadi e ad esso partecipano solo uomini se il defunto è un uomo, solo donne se si tratta di una morta. Se vince il morto, i partecipanti devono accendere un fuoco e immergersi nella più vicina sorgente d'acqua.
Tra gli abitanti della Nuova Guinea e della Malesia, quando un cadavere non è ancora messo nella bara, quelli che lo vegliano si pongono indovinelli continuamente. Tra le popolazioni africane, si trovano frequentemente giochi collettivi. In Sudan vi è un gioco che si ritiene destinato a divertire il defunto: gli indigeni, nudi e dipinti di bianco, salgono sui trampoli: rappresentano così i fantasmi dei morti.


Dalla Francia, arriva invece l'usanza di lasciare nella bara, nel momento in cui si depone il defunto, un mazzo di carte.
In alcune località della Bassa Bretagna si segnala ancora un altro uso: dopo la sepoltura, i parenti del morto si recano al banchetto funebre, mentre gli anziani rimangono nel cimitero.
E qui, seduti in cerchio, si scambiano enigmi.
 
Gianna Boetti

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