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Ai fini IVA

La variazione in diminuzione

Per mancato incasso in tutto o in parte di un credito a causa di procedure concorsuali o esecutive rimaste infruttuose.

Con l’articolo 2, comma 1, lettera c-bis della Legge 28 febbraio 1997, n. 30, di conversione del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, successivamente modificato ad opera dell’articolo 13-bis del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, convertito in Legge 28 maggio 1997, n. 140 è stato aggiunto un periodo alla prima parte del secondo comma dell’articolo 26 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che, quindi, attualmente recita: “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25. Il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione ai sensi di quest’ultimo articolo, deve in tal caso registrare la variazione a norma dell’articolo 23 o dell’articolo 24, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa”.
Si rileva che la modifica legislativa (che riguarda la parte sopra evidenziata) è intervenuta in ottemperanza alla VI Direttiva CEE del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE. In base a tale innovazione è stato concesso al prestatore di servizi e/o al cedente di beni, se creditori di soggetti sottoposti a procedure concorsuali o esecutive individuali, di recuperare l’IVA esposta in fatture insolute emettendo una nota di credito per l’importo dell’imposta non riscossa.
L’Assonime, con la circolare 9 giugno 1997, n. 64, ha osservato che, essendo la facoltà di recupero dell’IVA prevista dal secondo comma del citato articolo 26, per l’esercizio della stessa non opera il limite di un anno previsto dal successivo terzo comma per le ipotesi in cui la riduzione dell’ammontare imponibile dipenda dal sopravvenuto accordo tra le parti o da rettifiche di inesattezze della fatturazione, con la conseguenza che può legittimamente operarsi la variazione in diminuzione anche per operazioni effettuate – nel senso tecnico che la locuzione assume ai sensi dell’articolo 6 del D.P.R. 633/1972 – da più di un anno. Nella sostanza, la possibilità di effettuare variazioni in diminuzione è consentita solo quando sono esperite le procedure esecutive, concorsuali o individuali; solo così, infatti, si può determinare con certezza l’infruttuosità della procedura stessa (verificabile soltanto con la ripartizione finale dell’attivo e, comunque, con la chiusura della procedura) e la misura dell’importo del credito che risulta non recuperato.
Per quanto concerne l’operatività della nuova disposizione, l’articolo 13-bis, comma 2 del D.L. 79/1997 ha esplicitamente previsto che la stessa si debba riferire sia a tutte le procedure (allora) in corso, sia a quelle avviate a decorrere dal 2 marzo 1997.
Premesso quanto sopra, si rileva che la nota di variazione può essere emessa per la sola imposta. Si rileva, inoltre, come la registrazione della variazione possa essere effettuata solo quando è reso esecutivo il piano di riparto (nel caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa), oppure quando è omologato il concordato preventivo. Solamente in queste circostanze, infatti, si può sapere con certezza quale parte del proprio credito non potrà essere recuperata. Nulla vieta, comunque, di effettuare la variazione anche in una fase più avanzata della procedura concorsuale (anche dopo l’esecutività del piano di riparto). Per quanto concerne la registrazione della nota di variazione, si ritiene che per essa si debbano seguire le regole ordinarie. Si segnala, inoltre, che la variazione assume valenza esclusivamente fiscale, non potendosi ipotizzare che la stessa possa essere qualificata come rinuncia al credito per la parte non recuperata. Eventuali successivi recuperi (totali o parziali) degli importi stornati daranno luogo a variazioni in aumento (ai fini IVA), a rettifica della precedente variazione in diminuzione.
Con la circolare 17 aprile 2000, n. 77, l’Amministrazione Finanziaria ha fornito chiarimenti sulla corretta applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 26, secondo comma, del D.P.R. 633/1972, nella parte in cui tratta delle ipotesi di variazione in diminuzione ai fini IVA, da parte del cedente o prestatore del servizio, nel corso di procedure concorsuali o esecutive. L’effettuazione della variazione in diminuzione è preliminarmente condizionata al presupposto che sia stata emessa e registrata la fattura; ove tale ipotesi risulti soddisfatta, per poter operare la variazione in diminuzione, occorre accertare il momento in cui diviene giuridicamente certo lo stato di insolvenza del debitore.
La prima ipotesi certa di insolvenza è configurabile nei casi di mancato pagamento della fattura a causa di procedure concorsuali, laddove il creditore, insinuatosi nel passivo fallimentare, non vedesse soddisfatto integralmente il proprio credito, o parte di esso, per insussistenza di somme disponibili al termine della ripartizione dell’attivo. Secondo l’interpretazione ministeriale, l’acclarata insolvenza del debitore si manifesta, nell’ambito delle disposizioni contemplate nella Legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), in specifici momenti, determinabili in funzione del tipo di procedura concorsuale posta in essere:
• fallimento: l’infruttuosità si manifesta alla scadenza del termine previsto per le osservazioni al piano di riparto (articolo 110, terzo comma, del R.D. 267/42) ovvero a quello previsto per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento (articolo 119, secondo comma, del R.D. 267/42);
• liquidazione coatta amministrativa: la variazione in diminuzione può essere effettuata decorsi i termini indicati nell’articolo 213, del R.D. 267/42, una volta ottenuta l’autorizzazione al deposito del piano di riparto che si intende approvato;
• concordato fallimentare: nel caso di specie occorre attendere il passaggio in giudicato della sentenza che omologa il concordato (articoli 130 e 131, del R.D. 267/42);
• concordato preventivo: l’infruttuosità è configurabile per i soli creditori chirografari, per la parte di credito rimasta insoddisfatta alla chiusura del concordato, prendendo a riferimento la data in cui il tribunale pronunzia la sentenza di omologazione (articolo 181 del R.D. 267/1942) e il momento in cui il debitore adempie agli obblighi assunti in sede di concordato;
• amministrazione controllata e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: in questo caso l’interpretazione ministeriale esclude che si possa effettuare la variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del D.P.R. 633/1972.
La seconda ipotesi di mancato pagamento è riferibile ai casi di procedure esecutive rimaste infruttuose. La variazione in diminuzione sarà, in tal caso, legittimata ove il credito non venga soddisfatto attraverso la distribuzione delle somme incassate dalla vendita dei beni dell’esecutato, ovvero qualora sia stata accertata e documentata dagli organi della procedura, l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione. Una volta accertata l’infruttuosità del credito, la variazione in diminuzione dovrà essere operata con riguardo all’imponibile e all’imposta.
Nell’ipotesi in cui il creditore, successivamente alla procedura esecutiva, recuperi in tutto o in parte il proprio credito, dovrà effettuare una variazione in aumento, a rettifica di quella in diminuzione a suo tempo operata, pari all’importo recuperato. I soggetti che avessero già operato variazioni in diminuzione in contrasto con i principi enunciati nella citata circolare, dovranno, secondo il Ministero, ripristinare la propria situazione contabile, provvedendo ad effettuare la variazione in diminuzione solo qualora venga accertata, nei predetti modi, l’infruttuosità della procedura.
 
Alessandra Pederzoli

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