- n. 1 - Gennaio/Febbraio 2021
- Cultura
Le Tombe dei Giganti
Continua il nostro viaggio tra i nuraghi della Sardegna alla scoperta delle Tombe dei Giganti.
Le Tombe dei Giganti
(tumbas de sos gigantes) sono monumenti funebri costituiti di sepolture collettive ed appartenenti alla cultura nuragica. Rappresentano una delle testimonianze più suggestive della gloriosa età dei nuraghi e, come gli altri, non trovano equivalenti al mondo. Attualmente ne sono state repertoriate circa 800 ma probabilmente ne esistono molte di più.
Esse segnano, nelle loro poco sondate diversità strutturali e tecniche, il complesso evolversi della civiltà nuragica fino agli albori dell'Età del Ferro.
Si tratta di costruzioni funerarie megalitiche, la cui
pianta rappresenta forse la testa di un toro (animale simbolo della divinità maschile molto importante in varie culture antiche, compresa quella nuragica, i
n quanto espressione di forza e potere) e sono diffuse uniformemente su tutta l'isola pur essendovi una fortissima concentrazione nella sua parte centrale. Ma la forma
può richiamare anche l'organo femminile perché probabilmente la morte era considerata come
congiunzione rigenerante tra il toro e la dea madre che accoppiandosi ridavano vita ai defunti nell'aldilà. La morte quindi come inizio di una nuova vita concetto ampiamente ripreso da varie credenze come ad esempio, per restare a tradizioni religiose a noi più vicine, quelle cristiane. Tutte queste spiegazioni rimangono tuttavia delle semplici ipotesi. I Nuragici non hanno lasciato testimonianze scritte e l
a reale simbologia delle loro tombe rimane in parte, e forse rimarrà per sempre, un affascinante mistero.Si tratta, come si diceva, di tombe collettive costituite da una camera funeraria allungata, di circa 20/30 metri ed alta dai 2 ai 3, realizzata con macigni di pietra ritti verticalmente con copertura a lastroni (nel tipo più arcaico, dei dolmen) oppure con filari di pietre con copertura ogivale. In origine la struttura era ricoperta da un tumulo simile allo scafo di un battello rovesciato.Sul fronte, il corpo tombale si apre in due ampi bracci lunati a limitare un'area semicircolare cerimoniale: è l'
esedra in cui si riunivano i partecipanti ai diversi rituali.
In prossimità delle tombe sorgevano spesso
obelischi simboleggianti senza dubbio gli dei o gli antenati che vegliavano sui morti. Si tratta (vedi Nuragico II), dei
betili, parola che sembrerebbe derivare dall'ebraico (beth-el) che significa “casa del dio”. In quelle più antiche al centro del semicerchio si trova una stele, raramente monolitica il più sovente bilitica, finemente scolpita e la cui altezza può raggiungere i 4 metri. Alla sua base si trova una piccola apertura che dava accesso alla tomba e che era verosimilmente chiusa da un masso.
Molti storici ritengono, probabilmente a ragione, che
non si tratti di luoghi di sepoltura, ma di ossari dove venivano deposti i resti ossei quando il loro numero era abbastanza consistente. È fortemente possibile che i corpi venissero scarnificati prima della sepoltura. Sono state infatti rinvenute tracce di questa pratica sulle ossa.
La presenza di resti ossei s'è tradotta nella tradizione popolare sarda nella definizione di domus 'e s'orcu cioè casa dell'orco visto che la grande quantità di resti ritrovati poteva far pensare ai resti di un gigantesco banchetto di orchi diventati poi “giganti”. Il nome, nato dalla fantasia popolare, è stato assimilato dagli archeologi che tuttavia spesso preferiscono il termine “tombe dei giganti”. I membri della tribù, del clan o del villaggio venivano a rendere omaggio ai defunti della comunità senza distinzioni di rango, senza particolari privilegi e senza apportare offerte di valore.
Esistono poi altri tipi di architettura funeraria a carattere fortemente regionale. Nell'area del Sassarese e del Goceano si diffusero le
"domus a prospetto architettonico", ipogei con stele centinata scolpita sul prospetto mentre in Gallura orientale si riadattarono, con la costruzione di muretti a secco di chiusura, degli anfratti naturali detti
"tafoni". Tra i complessi di maggior interesse di tali realizzazioni uno dei più importanti è certamente quello di Arzachena.
Il parco archeologico di Arzachena
Arzachena è una cittadina della Gallura in provincia di Sassari nel quadrante Nord-Orientale della Sardegna. Si erge su di un colle granitico e vanta origini antichissime testimoniate da chiese, siti archeologici e luoghi d'interesse storico-culturale. Il suo cuore è la piazza Risorgimento con la maestosa chiesa di Santa Maria della Neve. Il suo territorio offre al visitatore le mondanità della Costa Smeralda e la bellezza di insenature, spiagge, campagne ricoperte di vigneti, ma anche, e soprattutto dal nostro punto di vista,
una zona archeologica di primaria importanza inserita in un paesaggio semilunare puntellato di macchia mediterranea e da favolose rocce granitiche, modellate dalla natura nel corso dei secoli.
Esse cambiano aspetto durante le 24 ore in funzione della luce del sole o della luna, delle nubi che galoppano col vento (ancora lui!) o della pioggia purificatrice, assumendo forme cangianti in cui ciascuno di noi può trovare un profilo o un'immagine corrispondenti al nostro stato d'animo momentaneo. Da strani mostri a figure umane o animali, da elementi geografici severi a paesaggi rasserenanti.
Il parco archeologico
si sviluppa su di una superficie importante in cui si trovano sette siti di grande interesse e tutti permeati di un fitto e fascinoso mistero. Una visita accurata di tutti i siti richiede non meno di 6/7 ore, una intera giornata, ma una giornata che marcherà indelebilmente lo spirito del visitatore. Si va dalla preistoria con quello che è il sito più antico la
Necropoli Li Muri, detta delle “tombe a circolo”, risalente alla fine del IV sec. a.C. (più di 5000 anni fa!) fino ad opere più recenti o recentemente modificate come il
nuraghe La Prisgiona con l'annesso villaggio databili tra il XIII e l'VIII sec. a.C.
Anche
la funzione delle costruzioni è variabile. Oltre al nuraghe
La Prisgiona vi è il
nuraghe Albucciu ed i resti di un modesto nuraghe presso il
Tempio Malchittu. E poi vi sono le
Tombe dei Giganti: la Moru, sepoltura pertinente al vicino nuraghe Albucciu, la
Li Lolghi e, per finire, l'esempio più significativo,
Coddu Vecchju (o
'Ecchju) in regione Capichera che è forse il sito più enigmatico della Sardegna e che probabilmente era in relazione con
La Prisgiona, distante qualche centinaio di metri. Lasceremo ai lettori e ai futuri visitatori, che speriamo numerosi, il compito di approfondire le loro conoscenze sulle costruzioni non propriamente funerarie: il Tempio
Malchittu, il Nuraghe
Albucciu, l'interessantissimo Nuraghe
La Prisgiona con tanto di Villaggio Nuragico dove immaginiamo ancora al lavoro i diversi artigiani e commercianti. Un po' come a Pompei solo quasi 2000 anni prima. Ci soffermeremo invece sulle costruzioni prettamente funerarie.
La necropoli Li Muri
La Necropoli Li Muri costituisce un esempio tra i più interessanti del megalitismo preistorico sardo che fece la sua apparizione in un periodo di mutazione della società neolitica dovuto allo sviluppo degli scambi commerciali e quindi dei rapporti sociali. È costituita da quattro tombe circolari e da una piccola tomba a galleria. Fu scoperta nel 1936 da un maestro: Michele Ruzzittu.
Questi “circoli funerari neolitici”
sono costituiti da ciste cista, ciste: sepoltura a scatola di pietra)
di tipo dolmenico (quattro lastre conficcate nel terreno e ricoperte da una quinta; nessuna delle lastre di copertura è stata ritrovata)
attorniate da cerchi concentrici di lastre a coltello. Questi erano destinati a sorreggere il tumulo in terra, una specie di collinetta, che ricopriva la sepoltura. I diametri massimi dei circoli variano da 5,30 ad 8,50 metri. Nel giro di pietre più esterno di ogni circolo è presente un menhir in corrispondenza del punto di tangenza tra i cerchi. Le sepolture, probabilmente singole, avvenivano nella ciste all'interno dei circoli mentre altre piccole “cassette” litiche (ossia di pietra) esterne ai circoli stessi, erano forse destinate alle offerte rituali. La tomba a galleria situata in posizione periferica per rapporto ai circoli è stata costruita nel periodo del Bronzo Medio sopra ai resti di una sepoltura neolitica.
Sono stati ritrovati
ciottoli di un colore ocra rossiccio che fanno pensare possano essere serviti per preparare un colorante
dal forte valore simbolico. L'ocra era infatti associata al sangue ed aveva un significato di rigenerazione al punto che veniva spalmata sul corpo del defunto in vista della sua rinascita nell'aldilà. Conclusione logica: 5000 anni fa l'approccio dei nostri antenati non era molto diverso da quello che è il nostro oggi. E di acqua ne è passata sotto i ponti....
Le Tombe dei Giganti di Arzachena
La Tomba dei Giganti Moru ripropone il classico schema in pianta costituito da un corpo tombale con vano funerario interno preceduto dall'emiciclo dell'esedra. Il corridoio sepolcrale, con piccolo atrio delimitato da due blocchi paralleli, è fermato da lastre verticali alternate a parti in muratura; due lastroni orizzontali sono quanto resta dell'originaria copertura. Il vano è racchiuso entro una struttura rettangolare delimitata da un paramento a filari.
Sul fronte si sviluppano i resti dell'esedra costituiti da alcuni blocchi di base e piccole lastre mentre della stele centrale rimane soltanto un frammento. Come molte tombe del territorio di Arzachena anche questa è il risultato di ristrutturazioni del XIII sec. a.C.
La Tomba dei Giganti Li Lolghi è costruita sui resti di una precedente sepoltura megalitica del tipo “a galleria” (allée couverte). Il fronte è dominato dalla presenza dell'alta stele centinata monolitica (3,75 m. x 2,45 m.) che presenta il consueto motivo in rilievo costituito dal riquadro inferiore e dalla lunetta superiore. È situata al centro dell'ampia esedra semicircolare composta da 14 lastre ortostatiche di altezza decrescente verso le due estremità. Alla base della stele, una delle più alte della Sardegna, si apre lo stretto portello che introduce nella camera funeraria attualmente priva di copertura. Si tratta di un vano rettangolare di 27 m. che ingloba, al fondo, la precedente tomba dolmenica coperta. Il corpo tombale era all'origine coperto dal tumulo di piccole pietre che raggiungeva il massimo spessore nella zona absidale in fondo alla tomba.
La Tomba dei Giganti Coddu Vecchju o
Capichera è ai nostri occhi la più affascinante e suggestiva. Sorge su un terreno inclinato alle falde di un'area collinare oggi coltivata a vigneti (il che non guasta!) Costruita col granito locale, orientata lungo l'asse Est-Ovest con l'ingresso ad Est, è il prodotto della ristrutturazione di una più antica tomba dolmenica a galleria (allée couverte), lunga 10,5 e larga 3,50/4 metri, con pareti realizzate a lastre ortostatiche sormontate da alcuni filari di pietra e con copertura a lastroni orizzontali. In un secondo momento furono aggiunti gli elementi tipici della tomba dei giganti: l'esedra semicircolare costituita da ortostati e soprattutto
la stele centinata, la più grande del genere finora rinvenuta in Sardegna, in due elementi sovrapposti (altezza totale 4,04 m. e larghezza 1,90 m.) con alla base il portello scorniciato. Il monumento era in origine ricoperto da un tumulo costituito prevalentemente da pietre medio-piccole. I materiali restituiti dallo scavo (tegami, ciotole carenate, vasi a collo rientrante etc.) consentono di datare la prima fase della tomba alla cultura di Bonnanaro (Bronzo Antico 1800-1600 a.C.) e la sua ristrutturazione al Bronzo Medio (1600-1300 a.C.).
Chiudiamo con la speranza che le succinte ed evidentemente incomplete informazioni qui proposte inducano molti di voi a fare un viaggio nel nostro passato ristabilendo così, in un certo modo, quella stretta relazione che, aldilà dei millenni trascorsi di fronte ai quali la nostra esistenza è un granello di polvere, ci unisce indissolubilmente a chi ci ha preceduto (ed a chi ci succederà) in una comunione di sentimenti, di gioie e di dolori, sempre attuale di fronte alle vicissitudini della vita. A parte i telefonini, le automobili, gli aerei, i satelliti, i vaccini etc. in fondo siamo sempre tutti gli stessi a porci le stesse domande sui misteri della vita senza trovare una risposta definitiva: “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?" Buona ricerca!
Il Viaggiatore