- n. 2 - Marzo/Aprile 2017
- AttualitÃ
Il testamento biologico
Diritto civile o licenza di uccidere? In discussione alla Camera il testo di legge sulle scelte in materia di fine vita.
La vicenda di DJ Fabo, all’anagrafe Fabiano Antoniani, ha scosso le coscienze, diviso l’opinione pubblica e messo alle strette la politica che, sull’onda emotiva generale, ha calendarizzato la discussione sul testo di legge che riguarda
il testamento biologico, conosciuto anche come DAT, ovvero Dichiarazioni Anticipate di Trattamento.
DJ Fabo, da anni tetraplegico e cieco a seguito di un tragico incidente, come tutti oramai sappiamo, ha scelto di morire recandosi in una clinica svizzera dove lo scorso 27 febbraio è stato sottoposto al cosiddetto suicidio assistito. Fabo amava fortemente la vita e aveva provato invano di tutto per poter uscire da quella gabbia buia che aveva trasformato la sua esistenza iperattiva in una condanna senza speranza. Ha dovuto recarsi all’estero perché nel nostro Paese decidere di porre fine alla propria vita, anche in casi estremi come questi, non è legalmente percorribile.
Eutanasia e suicidio assistito
Come può avvenire la morte in questi casi? Vediamo innanzitutto di far chiarezza sulle metodologie in uso. Si fa spesso una certa confusione fra eutanasia e suicidio assistito tanto che molti sono convinti che siano due termini diversi per indicare la stessa cosa. Ma così non è.
L’eutanasia prevede che sia il medico o chi per esso a porre fine alla vita di un paziente in stato terminale o vegetativo. A sua volta si definisce
“eutanasia attiva” il caso in cui la morte avviene tramite iniezione letale e
“eutanasia passiva” quando invece si procede alla sospensione dei trattamenti necessari per mantenere in vita il paziente, quello che nel gergo comune si definisce come “staccare la spina”.
Il suicidio assistito è invece un atto compiuto direttamente dal malato con l’aiuto ed il supporto di altre persone. Il ruolo dello staff medico è quello di preparare il mix di farmaci letale che il paziente assumerà autonomamente. Qualora il soggetto, a causa delle sue condizioni fisiche, non fosse in grado di deglutire, viene aiutato da un sondino, comandato comunque dal paziente stesso per mezzo di un movimento in grado di eseguire. DJ Fabo, ad esempio, che si trovava in questa situazione, ha attivato il comando mordendo un pulsante.
Nell’ordinamento italiano sia l’eutanasia che il suicidio assistito sono atti punibili dagli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale e per questo motivo Marco Cappato che è stato a fianco a DJ Fabo accompagnandolo nel suo ultimo viaggio (in senso sia letterale che metaforico!) è ora accusato di istigazione al suicidio.
Qual è la situazione nel resto dell’Europa? L’eutanasia passiva è ammessa in quasi tutti gli stati, mentre quella attiva è sottoposta a limitazioni. Il suicidio assistito è praticabile, in casi di particolare complessità e sofferenza, oltre che in Svizzera, anche in Olanda, Svezia, Gran Bretagna, Spagna, Germania, Belgio e Lussemburgo.
Il testamento biologico
Cos’è invece il testamento biologico?
Con testamento biologico o DAT si indica una dichiarazione anticipata di volontà relativa ai trattamenti a cui si vuole o non si vuole essere sottoposti qualora dovesse sopravvenire una incapacità di comunicare direttamente il proprio volere. Riguarda in particolare le disposizioni in materia di nutrizione, idratazione artificiale e accanimento terapeutico. Quello del biotestamento è un dibattito che si riapre ciclicamente quando la cronaca ci mette di fronte a vicende umane estreme, come quella di Piergiorgio Welby nel 2006 o di Eluana Englaro nel 2010, perché in Italia a questo riguardo vi è un imbarazzante vuoto normativo. Il nostro è infatti l’unico Paese della UE (insieme all’Irlanda) a non essersi ancora dotato di una legge in materia. Questa assenza ha origine dalla
mancata ratifica della Convenzione di Oviedo, il primo trattato di Bioetica redatto dal Consiglio d’Europa nel 1997 che prevede che
“i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione” garantendo così il diritto all’autodeterminazione.
Il disegno di legge
Sono sei le diverse proposte depositate in Parlamento per regolare le volontà di fine vita che costituiscono
disegno di legge “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari”. Il testo costituito da soli 5 articoli,
presentato dall’onorevole Donata Lenzi, è ora in discussione alla Camera. Vediamone i punti salienti contenuti negli articoli 1 e 3:
L’articolo 1 (Consenso condiviso) richiamando gli articoli 2, 13 e 32 della nostra Costituzione verte principalmente sul fatto che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero ed informato della persona interessata. Stabilisce altresì la possibilità di indicare un fiduciario che ne faccia le veci e definisce le responsabilità del medico e delle strutture sanitarie per garantire il rispetto della volontà dell’interessato.
L’articolo 3 (Disposizioni anticipate di trattamento – DAT)
è l’essenza del testo di legge, quello su cui maggiormente si incentra e si infiamma la discussione sia nelle aule della politica che nei dibattiti pubblici. Il
testo recita, infatti,
che ogni persona capace di intendere e di volere può “esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”.
Diversi punti di vista
Per il “partito dei contrari” tutto ciò è eticamente inaccettabile. A loro avviso il testo presenta delle ambiguità: dal momento che il paziente non può chiedere al medico trattamenti contra legem, conseguentemente non potrebbe chiedere la sospensione dell’idratazione e della nutrizione artificiale poiché lo conduce a morte certa. Il medico inoltre dovrebbe essere la persona deputata a salvare la vita con tutti i mezzi a sua disposizione e non il contrario. E poi – come afferma
Giacomo Rocchi, magistrato consigliere di Corte di Cassazione - c’è il concreto pericolo che la “dolce morte” possa essere applicata indiscriminatamente a minori o incapaci in quanto si dà libertà di decisione ai loro tutori…
Pareri contrastanti, come quello di
Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni che si batte per affermare quello che ritiene un diritto civile fondamentale:
“Il testo originale è un buon testo, ma bisogna chiarire queste formulazioni vaghe per evitare il rischio che si trasformi in una legge inutile. La legge deve prevedere esplicitamente i trattamenti che possono essere sospesi, fare riferimento ad esempio alla possibilità di accedere alla sedazione profonda continua. Il rischio è che con un testo vago i pazienti si vedano costretti a rivolgersi ai tribunali per fare valere i propri diritti: la nuova legge servirebbe proprio per cambiare questa situazione e rendere automatico il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione del paziente”.
Va comunque detto che anche se questa legge fosse approvata, casi come quello del DJ Fabo e altri simili che hanno avuto come conclusione il suicidio assistito, non avrebbero trovato comunque applicazione nel nostro Paese.
Intanto, dopo mesi di attesa e quattro rinvii, il 13 marzo scorso, in una nell’Aula della Camera desolatamente vuota, è andata in scena la prima discussione sul DAT. Dopo quattro ore di discussione generale, il presidente di turno, Roberto Giachetti, ha dichiarato che sono state depositate 2 questioni pregiudiziali e 4 richieste di sospensiva con un conseguente rinvio a data da destinarsi. Il rischio ora è che l’imminente fine della legislatura, potrebbe far slittare tutto alla prossima, allungando i tempi in modo considerevole.
I progressi della medicina hanno comportato un allungamento notevole della vita che purtroppo non sempre si accompagna alla qualità della stessa. Sempre più persone si trovano a dover affrontare la sofferenza e i disagi di avere in famiglia un congiunto anziano e malato, tenuto in vita grazie alle cure mediche ma che non potrà certamente tornare in attività e in salute. Sono molti che, vivendo in prima persona queste situazioni, desiderano assicurare per sé e per i propri cari un futuro dignitoso e poter fare una scelta diversa qualora al fisico fosse negata la benché minima autonomia. A dispetto delle opinioni contrastanti e indipendentemente dagli emendamenti che saranno accolti o meno a modifica del testo di legge in discussione, il tema quindi è più che mai attuale e non può essere procrastinato ad oltranza, anche per non essere costretti ad emigrare all’estero pure per morire.
Alberto Leanza