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STAMPA DI SETTORE, REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA E DINTORNI…

I Servizi Funerari, pregevole rivista tecnico-giuridica settoriale edita da Maggioli, dopo appena due anni di vita, ha cessato le pubblicazioni con il n. 4/dicembre 2001.
Fra gli oltre ottomila Comuni italiani e le oltre diecimila imprese del funerario, quindi fra circa ventimila potenziali interessati, evidentemente, Maggioli non è riuscito a reperire un congruo numero di abbonati, tale da assicurare la sopravvivenza alla interessante pubblicazione. Nell'ultimo numero della rivista non un cenno di commiato, non un saluto da parte del direttore responsabile, l'Ing. Daniele Fogli.
Una scomparsa silenziosa, senza clamori, senza enfasi, senza rammarico, direi una eutanasia, per non dover evidenziare quella che è una grande verità: gli impresari funebri non leggono, non studiano, non approfondiscono, non si emancipano o, perlomeno, quelli che lo fanno sono una sparuta minoranza.
Ciò che conta per loro è incassare, prima i morti e, in successione, i corrispettivi. Le leggi, l'etica, la professionalità, l'educazione, il rispetto, la cultura, l'ampio dibattito che da anni si trascina sulla evoluzione normativa, sono accademiche circonlocuzioni dialettiche prive di vantaggi tangibili ed immediati e perciò trascurabili, ininfluenti. Abdicano alla funzione che dovrebbe vederli protagonisti della crescita settoriale per privilegiare i meschini sotterfugi volti alla acquisizione dei servizi. La loro ambizione si estrinseca e trova appagamento nella ricerca dei metodi più subdoli affinché riescano ad incassare più morti e più quattrini. Le teorie legislative sono astrusità che lasciano ai Fogli, agli Scolaro, ai Samoggia, ai Melis che, pur non vivendo sul campo tutta la realtà estemporanea e disarmonica di una professione tanto anomala, si arrogano la capacità di dettarne (quanto meno di suggerirne) le metodologie attuative.
Ed ecco la galleria dei nostri illustri Pigmalioni.

FOGLI ing. Daniele, già direttore dei servizi cimiteriali di una rinomata città emiliana, è stato il direttore responsabile della rivista I Servizi Funerari e, ancor prima, della rivista Antigone, entrambe finite nel dimenticatoio dopo breve esistenza.
Esponente di spicco di SEFIT, è stato il padre putativo del progetto di riforma del Regolamento di Polizia Mortuaria che prese avvio all'epoca del Ministro Rosy Bindi, perpetuato sotto il ministero del Prof. Veronesi e definitivamente insabbiato dall'attuale Ministro Sirchia.
Ing. Fogli, faccia gli scongiuri!!! Non c'è n'è una che, iniziata bene, non sia finita male!

SCOLARO Sereno, di nome e forse anche di temperamento. Ex funzionario comunale nel Veneto. Studioso di normative afferenti l'anagrafe e lo stato civile degli enti locali. Scriveva su Antigone, scriveva su I Servizi Funerari, da poco collabora con l'Informatore/Osiris (che ha cambiato look: non più bifacciale come Pagine Utili), con articoli più prolissi, e forse inutili, dei miei, che per leggerli (i suoi) ci vuole un coraggio….
I miei non lo so. Qualcuno li aspetta con ansia; di tanto in tanto ricevo telefonate dai più sconosciuti (per me) siti nazionali da parte di colleghi che mi chiedono delucidazioni sui fantasmi che agitano i loro sogni (obbligo di carro funebre, obbligo di dipendenti, obbligo di segretaria - bionda o bruna? - No! Questa è reminiscenza di mie fantasie giovanili!); sovente mi pervengono telefonate di apprezzamento, di compiacimento, di condivisione. Due volte ho chiesto a Feniof quanto corrisponde al signor Scolaro per i suoi sapidi articoli (i miei, perlomeno, sono senza compenso).
Nessuna risposta! La richiesta, però - ne sono certo - è giunta anche alle orecchie di Scolaro, come dimostra il suo intervento pubblicato dall'Informatore n. 1/2002, nel quale si meraviglia che qualcuno (il sottoscritto) esprima stupore per avere notato la sua… apertura al privato. Spero voglia rendere edotta la categoria anche su quanto costa tale apertura.

SAMOGGIA Sandro, bolognese doc, è l'incarnazione del mito delle tre t, ma è anche una istituzione, anzi l'istituzione, cioè lui e la Feniof sono una cosa sola. Del resto la ha ereditata dal padre, e non sarebbe potuto accadere diversamente. Estroverso, simpatico, socievole, allegro, di buona compagnia, gran raccontatore di barzellette, ottima forchetta nonché eccellente buongustaio in tema di argomenti muliebri, giornalista pubblicista e scrittore.
Troppi interessi che lo distraggono spesso dalla sua attività principale, quella di Segretario a tempo pieno della Feniof. Fra tante pregevoli qualità ha un piccolo neo diatonico: entusiastici trasporti e irrecuperabili abbandoni nei riguardi di persone che alla Feniof donavano o donano passione non retribuita. Non è un impresario, è un impiegato con funzioni direttive, una sorta di burocrate che - gioco forza - ha assunto nelle sue mani l'intero ed incontrastato governo della Federazione. Non ama lo scontro, il dibattito, la polemica e neppure la dialettica sulle cose che riguardano la categoria.
Con l'antica esperienza del mediatore interessato alla sopravvivenza della Federazione (che gli dà da vivere), guida la sua creatura con ammirevole saggezza ma sempre tirando il guinzaglio per quel che concerne le scelte coraggiose o gli slanci poderosi sulla strada di un vero rinnovamento, di una svolta, che, dopo cinquant'anni di immobilismo, sarebbe pure ora di avviare.
La mia impressione è che i dirigenti (ex) colleghi impresari, presi dai loro affari, non possano seguire dappresso tutte le problematiche e che il governatore faccia il minimo indispensabile per tirare avanti, facendo affidamento su quel migliaio scarso di fedelissimi soci che, a prescindere dai risultati, assicurano il sostentamento alla Federazione.
La riprova? L'Informatore, piatto, privo di mordente e di tematiche di avanguardia, se vogliamo anche provocatorie, come si addice all'organo ufficiale di una corporazione come la nostra (i malevoli ci definiscono racket), si pubblica sistematicamente con due mesi di ritardo; l'annuario, la cui consegna alle imprese associate era prevista per ottobre/novembre 2001, successivamente garantita per febbraio 2002, ha visto la luce, ricco di omissioni, solo nella prima decade di aprile; ed infine, dopo la Caporetto romana (leggi bocciatura del regolamento di polizia mortuaria sul quale aveva scommesso tutta la sua credibilità), la Feniof, priva ormai di peso specifico e di potere contrattuale nella elaborazione delle regole che governeranno il comparto nel prossimo futuro, con una accertata incapacità di farsi sentire nelle sedi decisionali ed una finta sordità nei confronti dei dibattiti che si agitano nel mondo settoriale o, peggio ancora, con un arroccamento su posizioni di sussiegosa sufficienza chiusa ad ogni intervento partecipativo promosso da altre componenti, si dimostra la spettatrice più assente nel processo evolutivo in corso.
Altro non c'è che faccia brillare di luce propria una organizzazione sindacale che ha prosperato (ma non troppo) su occasionali risultati conseguiti da singoli operatori, nei decenni trascorsi, vanificati d'un tratto - come cancellati da un colpo di spugna - dal decreto Bersani, al quale non c'è accreditamento che si possa contrapporre per limitarne i dannosi effetti.

Infine un principe del foro, il Prof. Avv. Ivan MELIS, di stanza a Genova. Ha collaborato con la Feniof per alcuni anni ed è stato l'artefice o uno degli artefici dello storico parere dell'Antitrust sui trasporti funebri del '98, ottenuto (mi scusi per l'immodestia) anche con il contributo del sottoscritto che (lo ripeto per gli smemorati) per primo entrò in possesso del pronunciamento e ne trasmise copia - via fax - alla Feniof. Diventato grande, cioè esperto in materia funeraria, lascia la Feniof e si aggrega a Federcofit per coordinarne l'ufficio legale. Ora è consulente del Ministro della Salute, Sirchia, per quanto attiene alla Polizia Mortuaria e, carico del bagaglio di esperienze maturate nel settore, fonda un Centro Studi - il CE.S.EUR. - il quale si prefigge di diventare il punto di riferimento per gli addetti ai lavori e per le amministrazioni pubbliche di tutta la nazione.
Il suo verbo è pubblicato in esclusiva sulla rivista Tecnica e nessuno è autorizzato a diffonderne i contenuti, anche se si tratta della reiterazione delle teorie trite e ritrite nel più recente passato. Le vere, grandi scoperte fatte dal Prof. Avv. Ivan Melis sono: 1) ai sensi della legge 626/94 un lavoratore non può, anzi non deve, sollevare più di 30 Kg. di peso; 2) un feretro pesa mediamente 135 Kg.
Non si pronuncia, però, sul numero di lavoratori occorrenti a sollevarlo (4 o 5). Se fossero in 4, su chi graverebbero i 15 Kg. eccedenti?
E se il feretro, come sovente capita, pesa più dei 135 kg. ipotizzati, come ci si dovrà regolare? E come si disporranno i necrofori, se fossero in 5? 4 ai lati della bara e 1 sotto, al centro? Comunque sia, sappiate, cari colleghi, che quando ci si dovrà avviare a rilevare un feretro, bisogna andare armati di bascula (o basculla?)! E se il feretro giace in una abitazione piccola, con corridoi stretti e scalinate anguste, che non consentono la movimentazione da parte della squadra al completo? Che si fa? Il morto resta ad imputridire in casa? Oppure si può richiedere l'intervento della piattaforma mobile dei traslocatori? E se i dolenti o gli amici o gli estimatori del defunto volessero trasportare sulle proprie spalle il feretro, quale atto di omaggio al trapassato, si può proibirglielo? E se costoro non volessero sentir ragioni, si deve sollecitare l'intervento della forza pubblica? E, in qual caso (trasporto a spalle dei dolenti), la legge 626 (sicurezza sul lavoro) che fine farebbe? Ci sono tanti paesini di montagna in cui cimiteri sono inaccessibili ai carri funebri: come ci arriverà il morto? Come Totò che, in uno dei suoi celeberrimi film, per risparmiare l'onere del trasporto, si recava al cimitero con le sue stesse gambe?

Come si evince da queste personalissime osservazioni, tante, forse troppe, persone colte, burocrati, avvocati, ingegneri, si avvicendano sul pulpito della regolamentazione per pontificare sulle loro soluzioni al nostro lavoro.
Tutti ne parlano e si arrogano il diritto di impartire lezioni. Noi, proni, zittiamo e subiamo! Senza reagire, senza controbattere e, quel che è peggio, senza nemmeno partecipare al dibattito. Un bel giorno, inconsapevolmente, ci troveremo ingabbiati nelle strettoie di una nuova legge che ci imporrà tante nuove incombenze di alto valore simbolico e burocratico, ma vuote di contenuto pratico o di benefici tangibili, come il cosiddetto accreditamento. E da tante altre leggine regionali e da una miriade di regolamenti comunali (perché, mi domando, non pensare anche a regolamentini diversificati da applicarsi nelle circoscrizioni delle medie e grandi città?), nei quali ci sarà… da perdersi, come dice quel tale che fa pubblicità a una nota marca di cioccolato. E noi dovremo ricominciare tutto daccapo!
Le leggi sono concepite sempre e soltanto per proibire, per imbrigliare chi opera nell'ambito della correttezza e della legalità (i masnadieri se ne impipano!) e, per quanto ci riguarda, non credo riusciranno mai a debellare la piaga cancerosa dello sciacallaggio, la pratica più deleteria di autolesionismo inventata e perseguita da tanti operatori del settore che io chiamo colleghi fra virgolette. Se si riuscisse a sconfiggere, ad annientare quel turpe mercato, saremmo salvi e non avremmo bisogno di predicatori avvicendatisi sul cadreghino delle buone intenzioni.
Ma chi potrà mai salvarci da noi stessi?
 
Alfonso De Santis

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