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Il mio sport preferito:
"DENIGRARE" la Feniof

Nei tempi ormai lontanissimi in cui, ragazzo prima e giovincello poi, frequentavo le medie ed il liceo, ero una schiappa in educazione fisica, e non solo. E quando si organizzavano le partite di calcio fra classi o gruppi di studenti, me ne stavo in disparte. A volte, però, accadeva che, per coprire tutti i ruoli calcistici, venivo reclutato forzosamente e regolarmente inchiodato a difesa della "nostra" porta.
Me ne stavo lì, fra quelle due pietre posizionate sul prato a simboleggiare la porta, a guardare i miei amici dimenarsi come pazzi nel rincorrere una palla che, sovente, era fatta di stracci insaccati in una federa di cuscino (fregata alla mamma di qualcuno di noi), legata saldamente con robusto spago (eravamo nell'immediato triste periodo post-bellico). Accadeva anche che gli avversari sfondassero la nostra difesa ed a quel punto o incrociavo le braccia davanti al viso per proteggerlo dai "traversoni" oppure mi buttavo a terra fingendo di essere coinvolto nella mischia, abbandonando la porta a saccheggio degli avversari.
Divenni adulto e subentrarono le responsabilità della famiglia e delle aziende. Ne avevo quattro da curare: una tipografia, due negozi di giocattoli e l'impresa funebre. Ultima, in sequenza temporale, prima quanto a coinvolgimento, intrapresi per scommessa questa attività atipica per le mie inclinazioni esistenziali. Volevo, dovevo dimostrare a certi tipacci del settore che mi avevano provocato e offeso (ed a me stesso), che questa attività, come altre, si poteva e si può svolgere stando compostamente in casa propria, con dignità, fuori dalle logiche del procacciamento, della commistione, del malcostume, del lercio pagamento di tangenti.
Non ho fatto fortuna, è vero, non mi sono arricchito, però, quando, come è nelle mie abitudini, la mattina mi rado, posso guardare con soddisfazione la mia faccia "pulita" riflessa nello specchio che mi fronteggia.
Quindi, prima per la refrattarietà congenita, poi per la molteplicità degli impegni, sono stato sempre avulso dalla pratica di qualsiasi sport. Ora, alla soglia dei settant'anni, ho deciso di recuperare il tempo perduto e di dedicarmi ad uno sport inedito: denigrare la Feniof (ritengo attraverso gli articoli pubblicati su questa rivista). È questa l'accusa che mi è stata mossa esplicitamente da uno dei suoi più illustri esponenti nel breve interscambio di non più di un paio di lettere di carattere privato.
Accusa che non può non indurmi ad una pacata, ponderata ed analitica riflessione comportamentale. Per quasi trent'anni ho svolto l'attività funeraria. Quando iniziai, nel '75, a Foggia operavano altre quattro imprese che si combattevano senza esclusione di colpi, letteralmente si scannavano. Si portavano le pistole occultate sotto le giacche, si presidiavano gli uffici ed i magazzini notte e giorno (e ciò nonostante vi fu un attentato incendiario che distrusse completamente una delle imprese), l'unico ospedale della città era "controllato" da taluni sgherri poco raccomandabili alle dipendenze di una delle imprese e moltissimi infermieri erano "assoldati" alternativamente a chi offriva la tangente più congrua, vigeva la privativa sui trasporti funebri che, gestita in appalto da una delle quattro, costituiva un giogo penalizzante per le altre che, comunque, dovevano pagare il loro tributo di sudditanza alla concessionaria.

Oggi, trascorsi tre decenni, equivalenti a circa la metà della vita media di una persona, in un mondo che è cambiato radicalmente, che ha fatto progressi impensabili ed imprevedibili, in cui la società civile "viaggia" in tempo reale attraverso internet e telefonini satellitari, nella mia città operano sedici imprese; i tre plessi ospedalieri più importanti sono "occupati" abusivamente dagli emissari di altrettante imprese che circuiscono i dolenti e coerciscono moralmente e materialmente i colleghi provenienti da altri siti; il personale paramedico, gli assistenti domiciliari e gli operatori delle ambulanze prendono tangenti per fornire segnalazioni di decessi; continua ad infierire la privativa comunale che, detenuta in concessione da una delle imprese private, perpetua l'iniquità umiliante delle "forche caudine" alle quali le altre devono soggiacere; non si portano più le pistole e, forse, si è allentata la morsa dei possibili attentati, ma la concorrenza sui prezzi è diventata l'arma più micidiale e meno chiassosa che anima la corsa all'autolesionismo: prezzi da fame, irrisori, ridicoli, assurdi, che denotano tutta la pochezza di chi si illude di "sfondare" affidandosi alla metodologia della disperazione.
E siccome Foggia non è la sola "isola infelice" nel panorama nazionale, posso apoditticamente dedurre che la situazione testé descritta e, più in generale, lo stato di disagio che attanaglia il comparto funerario, non è altro che la miniaturizzazione della più vasta realtà italiana.

Il… "merito" di questo impoverimento generalizzato di chi è, se non di chi da quasi mezzo secolo ha assunto l'impegno di tutelare la categoria e non si è dimostrato capace di battere i pugni sui tavoli ministeriali e di puntare i piedi per terra quando bisognava pretendere "a costo della vita" l'unico provvedimento serio che avrebbe potuto salvarci dalla polverizzazione selvaggia, cioè il contingentamento delle licenze e la netta inequivocabile separazione del nostro comparto da quello del commercio inteso in senso lato? La colpa di tanto decadimento è attribuibile oppure no a chi, dopo mezzo secolo di ipotesi, di proposte, di considerazioni accademiche, di attese infruttuose, di fiumi di parole dette e scritte, non è riuscito a spostare di una sola virgola il problema fondamentale che è quello della proliferazione? Che acutizza sempre più quello della concorrenza sfrenata ed incontrollabile? Che, a sua volta, fomenta l'accaparramento in tutte le sue forme più deteriori? Che nuoce alla redditività delle imprese? Che provoca lo scadimento del servizio e quindi della professionalità? Che deprime anche il processo migliorativo dei beni primari?
A cavallo degli anni '70/'80, la Feniof portava avanti l'idea sacrosanta del contingentamento, dopo avere scartato quella iniziale dell'albo professionale. Poi anche questa strada fu abbandonata in favore di una "trovata" che non esito a definire demenziale: l'accreditamento, che consiste in un riconoscimento burocratico per accedere al quale l'impresa deve o dovrà dimostrare di essere in possesso di beni strumentali e di autonomo potenziale operativo costituito da un certo numero di dipendenti. Una idea micidiale che, se applicata, determinerà la "morte" certa di migliaia di piccole aziende a conduzione familiare che non possono permettersi il lusso di avere dipendenti a carico.
Attualmente, però, la situazione è ferma a trent'anni or sono e tuttavia leggo su L'Informatore/Osiris n. 3 un enfatico proclama del presidente Miazzolo, il quale sostiene che "i risultati ci sono stati: dalla liberalizzazione dei trasporti alla possibilità reale di liberare gli ospedali dai monopoli esistenti, dalla definizione e riqualificazione della nostra categoria alle prospettive di operare su servizi fino ad ora esclusivi dei Comuni".
In altre parole si canta vittoria su una liberalizzazione dei trasporti enunciata solo come "parere" dell'Antitrust nel '98, mai codificata per legge, sulla chimerica illusione di "poter" liberare gli ospedali dalla inopportuna presenza di chi li "occupa" prepotentemente, sulla speranza di là da venire di un regolamento ancora da riscrivere che definirà (?) la nostra posizione imprenditoriale e sulla aspettativa che i Comuni cedano alcune delle funzioni che, c'è da presumere, terranno saldamente legate al loro cordone ombelicale il più a lungo possibile, per ovvi motivi politici, clientelari ed anche economici.
Contingentamento e separazione dal commercio sono stati obnubilati! Per quanto attiene, invece, alla proliferazione a valanga, registrata negli ultimi anni, è emblematico leggere quanto dichiara il rassegnato Samoggia sullo stesso n. 3 de L'Informatore/Osiris: "con la liberalizzazione delle attività commerciali anche l'attività funebre non può godere più di alcun limite o contingentamento" (come se in passato ne avesse goduto! n.d.r.), per concludere che "ora basta comunicare al Comune l'apertura dell'esercizio e la sua entrata in attività, e tutto è fatto: droghieri, cartolai, bar, profumerie e venditori di casse e arredi funebri scendono sul mercato indisturbati".
Questo è il risultato più ingiurioso che la categoria potesse ottenere!!!
E si accusa me di denigrazione!?!?!
Presa coscienza di tanto, non posso non ripetere quanto già detto altre volte: la Feniof ha abdicato alla sua funzione primaria per trastullarsi a combattere grottesche guerricciole di dispettucci, disertando occasioni di confronto ed organizzando inutili e dannose duplicazioni di manifestazioni fieristiche fuori tempo, fuori luogo e fuori da ogni razionale logica settoriale dopo avere, per tre lustri, condiviso e sostenuto quella che oggi tenta di delegittimare o di sconfiggere mettendo all'indice chi la organizza e chi, come me, queste cose le dice con chiarezza.
Sicuramente fra i miei difetti c'è quello di dire ciò che penso senza peli sulla lingua, senza perifrasi, senza ipocrisia: questo mi ha procurato non pochi fastidi nella vita e talvolta mi ha danneggiato anche commercialmente, però mi ha consentito di camminare a testa alta, mi ha permesso di non dover mai abbassare lo sguardo, mi ha tenuto in pace con la mia coscienza e, soprattutto, ha salvaguardato la mia unica ricchezza: la dignità di uomo e di imprenditore che non ho mai barattato neppure con il probabile successo o l'ipotetica scalata sociale (fra le mia estemporaneità libertarie, nel '95 fui leader di un movimento d'opinione di cittadini "liberi pensatori" e candidato Sindaco della mia città). Ezra Pound affermava che "se un uomo non ha il coraggio di sostenere le proprie idee o non vale niente lui o non valgono niente le sue idee". Ho sempre condiviso questa affermazione di principio e non posso nascondere di avere una ragionevole stima di me stesso.

Nella Feniof e con la Feniof ho trascorso sicuramente il periodo più bello della mia vita, il decennio fra il 1976 ed il 1986, nel quale ho accumulato un grande bagaglio di conoscenze, che mi hanno arricchito da un punto di vista professionale, ma anche umano. Viaggi massacranti in Italia e all'estero, assemblee, convention, meeting.
Non ero mai andato oltre i confini italici e conobbi il mondo, non avevo mai volato e imparai a frequentare aerei e aeroporti, non avevo dimestichezza con le lingue e comprai i corsi di inglese e francese dei primordi delle vendite a fascicoli, ora ordinatamente dispiegati nello scaffale del soggiorno di casa mia. Quando alzo lo sguardo e mi accorgo di loro un rigurgito di tenerezza mi sconvolge e sento un improvviso vuoto allo stomaco. Se poi mi sorprendo a sfogliare le annualità de L'Informatore di quel decennio, infarcite dei miei articoli, accuratamente rilegate e conservate nell'armadio del mio ufficio, mi afferra il "magone" e mi si stringe il cuore.
Nel 1979 "riesumai" l'idea di realizzare una fiera settoriale (un embrionale esperimento era stato fatto nel 1970 a Firenze in un contesto privato), una vera fiera con padiglioni e stand. Sembrava un sogno impossibile, ma riuscii a convincere i dirigenti dell'Ente Fiere di Foggia ad ospitarci. Fra sogghigni beffardi, commenti pungenti da parte della stampa, scongiuri, ironie e sarcasmi, la fiera si svolse e fu un successo. Fra gli altri ci furono due intrusi che dovetti con gentilezza, ma con fermezza, mettere alla porta. Dopo un anno quei due intrusi organizzavano la "loro" fiera a Genova e nell'82 la Feniof replicò a Roma.
Nell'86 ebbe inizio l'esperienza sinergica Feniof/Conference Service, esperienza consolidata nel corso degli anni, che con la definitiva collocazione a Modena, divenne una istituzione nel calendario fieristico internazionale. A marzo di questo anno, la Feniof, però, invitava i suoi associati a disertare quella fiera nell'intento di riappropriarsi della esclusiva organizzativa, per rilanciare la "sua" nuova ipotesi fieristica di Carrara, prevista il 2003.
Un voltafaccia repentino ed ingiustificato per tutti coloro che seguono le vicende settoriali ed anche per i soci Feniof ai quali non è stata fornita alcuna spiegazione sulla autentica inversione di marcia, alla quale fa da sfondo l'improvvisa "scomunica" comminata a Conference Service. Una scomunica tardiva ed inefficace dopo che la stessa Feniof aveva introdotto il patron di Conference Service nel settore funerario e per tre lustri gli aveva lasciato la gestione assoluta degli "affari" pubblicitari e fieristici. Solo il sommo poeta riuscì a spiegare l'inspiegabile attraverso le celeberrime parole pronunciate da Virgilio: "vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare". Che invitavano Dante a zittire, al pari della Feniof che, implicitamente, invita a non indagare. Resta il fatto che la nemesi storica si è compiuta. Dai lontani avvenimenti di Foggia, una fiera tira l'altra in una competizione che ora rischia di diventare grottesca e dannosa. Anche questo per "merito" esclusivo di Feniof.
La partita si giocherà nel prossimo futuro su questo fronte: Modena o Carrara. Ed i produttori cosa faranno? Dopo essere andati a Modena 2002 andranno a Carrara 2003? E dopo Carrara 2003 andranno a Modena 2004? Con il logico prosieguo della cadenza annuale? E se, per ipotesi, partecipassero sempre ad entrambe, su chi andrebbero a ricadere veramente i costi di un tale sforzo espositivo?
Altre due osservazioni devo sottoporre brevemente all'egregio amico che mi ha accusato di denigrare la "sua" organizzazione sindacale: 1) le critiche a tutto ciò che mi appariva errato, le ho fatte sempre, anche quando ero elemento di spicco della Federazione, le ho continuate nel periodo dell'"esilio" volontario e le ho perpetuate con il rientro in Feniof sul finire degli anni '90, ma ad un certo punto i miei scritti venivano ignorati o falcidiati dalla "sua" redazione, fino a costringermi alla "resa"; né avrei potuto costringere la Feniof a privilegiare le mie argomentazioni di carattere squisitamente etico-professionale a danno dei sapidi articoli di mero contenuto teoretico-burocratico dell'insigne studioso Sereno Scolaro. 2) il mio accusatore, delle nostre divergenti opinioni, ne fa oggetto di scontro personale, adombrandosene; per me è solo un fatto sindacale che non dovrebbe inficiare i rapporti intercorsi in trent'anni di amicizia fra due persone civili. Ma tant'è! Non posso farci proprio niente se lui non è d'accordo. Comunque sia, al di là di queste digressioni, mi sembra chiaro che le mie scomode "arringhe" danno fastidio a tanti e fra i tanti, evidentemente, c'è qualcuno che pretenderebbe di espropriarmi della facoltà di interrogarmi su che cosa sia cambiato nel panorama settoriale, da trent'anni a questa parte. La risposta che riesco a dare è sempre la stessa: niente! Anzi, è peggiorato tutto! Peggiorato in maniera disastrosa!

Se la Feniof è in grado di dimostrare il contrario, confuti le mie affermazioni con dati concreti, tradotti in provvedimenti legislativi favorevoli alla categoria, e non affidandosi alle vacue e generiche speranze in un domani migliore. Né intendo sottacere in questo contesto il fatto che, pur continuando a riservarmi il più ampio ed autonomo diritto di critica, l'impresa che fu mia e che ora gestisce uno dei miei figli, è l'unica fra le sedici operanti nella mia città a sostenere la Feniof, con la sua quota associativa assidua e puntuale. Anche se provo un profondo disagio nel ritrovarmi in compagnia di "Misericordie" e "Pubbliche Assistenze", alle quali non viene negata la tessera di associate Feniof (purché paghino!).
"Pecunia omnia parent", dicevano i latini, che, tradotto per i pochi che non hanno dimestichezza con le belle lettere, significa: "tutti obbediscono al denaro!". Può sembrare un paradosso, ma non penso che lo sia: la mia speranza, il mio auspicio è che la Feniof cambi radicalmente dirigenza e strategia, sì da consentire quelle scelte logiche, ma audaci al tempo stesso, in coerenza con lo spirito di tutela "corporativistica" che deve essere obiettivo primario ed irrinunciabile delle associazioni di categoria.

P.S. - Chiuso l'articolo, mentre lo ricopio a macchina, mi perviene l'Informasoci n. 15/2002 (che pochi eletti ricevono e pochissimi forse leggono), il quale, a pagina 4, riporta una lettera del presidente Giliof Giovanni Castiglioni, indirizzata al presidente Federcofit Pier Maurizio Zaffarano, in difesa del presidente Feniof Renato Miazzolo, nella quale, con queste testuali parole, si ripetono pedissequamente le presunte conquiste: "Feniof ha smontato i monopoli comunali, le convenzioni ospedaliere, il procacciamento dei funerali ed ha ottenuto il tanto atteso riconoscimento dell'impresa funebre e la tanto sudata qualificazione dei suoi operatori".
Tutto questo è stato fatto e nessuno se n'è accorto!!! Forse in quel di Como, in Italia sicuramente no!!! Delle due l'una: o Castiglioni ha fatto un bel sogno dal quale ancora non si è svegliato oppure io sono un troglodita non essendomi mai accorto di codesti traguardi raggiunti. Forse vivo ancora nelle caverne: perciò devo chiedere umilmente perdono e tutti per le "cretinate" che vado scrivendo. Una domanda, però, per concludere, Castiglioni me la deve consentire: se la Feniof come per magia, ha risolto tutte le problematiche che affliggevano la categoria, cosa farà nel futuro prossimo e remoto? Si dedicherà a tempo pieno solo alla organizzazione di fiere settoriali?
 
Alfonso De Santis

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