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Lo spirito incarnato nel marmo

Uno scultore attento ai segreti della materia, un uomo, il milanese Adolfo Wildt morto nel 1931, che tra fine Ottocento e la prima metà del Novecento ha fatto un uso singolare del marmo: levigando, sbiancando il materiale secondo insegnamenti del passato, ma anche utilizzando nelle sue opere pietre dure ed oro, o accostando il marmo al bronzo ed al mosaico. Un artista particolare nella tecnica e nei contenuti, che rappresentava tutto il senso della sofferenza, il mondo interiore e la spiritualità con forme scavate, pieni e vuoti. Con una serie di scelte iconografiche e stilistiche personali, Wildt è riuscito a coniugare il passato e il suo presente, anticipando anche il futuro.
Una serie di immagini - tratte da un libro che raccoglie vari saggi di diversi autori realizzati in occasione della mostra "Wildt a Forlì, la scultura dell'anima" (a cura di Vittorio Sgarbi, edizioni Marsilio, 2000) - ci aiuta a tracciare un piccolo percorso tra alcune opere di questo originale artista dello spirito, che ha realizzato anche ritratti per committenti famosi e sculture per monumenti funebri.
Dalla trasparenza delle cartilagini alle ossa sporgenti, fino alla pienezza e alla robustezza di certi ritratti. A seconda dei casi le diverse opere scultoree realizzate da Wildt ci trasmettono la consistenza del latte, dell'avorio, della madreperla e altro ancora. Wildt ha una grande fede nel proprio "mestiere", in una sapienza artigianale che ha le sue radici nella tradizione dei marmorari lombardi. La sua è una concezione etica del lavoro che segna il suo cammino artistico e umano, una sorta di "religiosità dell'arte".

E un prezioso gruppo di capolavori wildtiani si possono ammirare ai Musei Civici di Forlì, dalla Maschera del dolore a La Fontanella santa, da San Francesco d'Assisi a Santa Lucia, da La protezione dei bambini o Pargoli fino al ritratto in memoria del giovane combattente della Grande Guerra, Fulcieri Paolucci di Calboli. Si tratta della donazione alla città fatta negli anni ‘30 dal marchese Raniero Paolucci di Calboli, personalità importante del mondo politico e diplomatico italiano tra l'Ottocento e il Novecento. Una delle versioni varie della Maschera del dolore o Autoritratto si trova a Forlì e rappresenta un momento altissimo dell'espressionismo dell'artista. Le tre croci incise sulla lastra di fondo in marmo dorato rappresentano i tre anni di crisi esistenziale di Wildt appena trascorsi, a partire dal 1906. Il suo dolore di uomo si autoidentifica con la passione di Cristo. Lo spirito dell'eroe, il suo valore militare e umano sono rappresentati in un opera del 1919, il busto di Fulcieri Paolucci di Calboli, figlio di Raniero e morto a ventisei anni a causa dalle ferite riportate alla colonna vertebrale combattendo sul Carso come tenente del Savoia Cavalleria. Il figlio scomparso di Raniero, che dopo quest'opera instaura un rapporto più stretto con Wildt, diviene un idolo arcaico, quindi una icona universale del dolore, di "eroica abnegazione e coerenza etica", con le sue orbite vuote riempite dalla luce della doratura, il suo sorriso enigmatico e gli zigomi sporgenti che paiono uscire dal marmo stesso.
La Protezione dei bambini o Pargoli è un bassorilievo dal sapore arcaico dove il marmo diventa quasi un foglio malleabile: raffigura la mano della Vergine nell'atto di proteggere tre pargoli, mentre un albero della vita fiorito e stilizzato li avvolge. La Fontanella santa del 1921 rappresenta un'opera di grande sintesi e simbolismo. È una acquasantiera dove la testa in marmo trasparente convive con altri materiali in una soluzione raffinata, nel sofisticato mosaico azzurro di fondo ricco di significato: dalle lacrime di Cristo cadute nel bacile nasce un Albero della vita fiorito di stelle in bronzo dorato.
Occorre ricordare come nelle altre e varie opere di committenza pubblica e privata, sia in ricordo dei caduti della Grande Guerra che in altre opere monumentali, Wildt mette in contatto la scultura con ciò che sta fuori, in un rapporto nuovo e diverso con l'architettura e la decorazione. Ad esempio nel Pozzo delle Lacrime di Valduggia, 1920, il pianto dei superstiti diventa una cascata di stelle, una per ogni soldato caduto.
Sempre al museo forlivese, nel busto di San Francesco d'Assisi del 1926, commissionato proprio da Raniero Paolucci che era fervente devoto del Santo, Wildt esprime la sua anima medioevale e mistica svuotando di peso il marmo stesso, con la testa trasparente che evoca i digiuni e la religiosità del Santo. Mentre nello stesso anno rende omaggio all'arte Barocca con Santa Lucia incorniciata in un nimbo in bronzo dorato su lastra marmorea di fondo, un virtuosismo che ricorda il Seicento e il mondo del Bernini.
A proposito di virtuosismo, in seguito l'artista milanese riesce a scolpire nel ritratto infantile Filo d'Oro (1927) "una illusionistica lacrima ed un virtuosistico filo annodato".
 
Nadia Grillo


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