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IL SOLILOQUIO INFINITO

L'articolo "nel deserto spuntano le oasi", pubblicato a novembre scorso, mi ha procurato altri "encomi solenni" (come si direbbe in gergo militare). L'amico di antica data Vittorio Natangeli plaude con enfasi alla sua riconosciuta professionalità e, pervaso dal suo straripante ottimismo, confida nell'affermazione generalizzata delle doti di correttezza a tutt'oggi ancora troppo carenti: "Il tuo spassionato riconoscimento alla mia professionalità, è il più bel regalo che potessi aspettarmi da un "veterano" come te. Veterano di mille battaglie, di mille illusioni, di mille delusioni, con l'idea di poter finalmente redimere questa categoria che, come me, ami tanto. E' comunque nostra convinzione che, prima o poi, tutti capiranno che la serietà, il rispetto per i colleghi e per i propri clienti, sono le uniche vere e indispensabili armi per essere, a nostra volta, rispettati, riconosciuti e professionalmente accettati, come si conviene a ciascun operatore di un settore particolare come il nostro, che è eccezionalmente carico di emotività e di dolore. La tua logica espressiva per il raggiungimento di validi obiettivi, condivisi da me e da tanti altri colleghi che credono nella attività sindacale quale solo ed unico mezzo per arrivare alla loro fattibilità, la tua ricerca di idee condivise e condivisibili da tutti gli impresari funebri, la tua perseveranza educativa di raccontare la morte attraverso la vitalità dei sentimenti umani, mi fanno da faro in questa mia difficile ed impegnativa missione di condurre l'Associazione Regionale Laziale a mete alle quali la categoria ambisce ormai da troppo tempo e che per troppo tempo sono state disattese, trascinandola ai margini della società civile".

E il nuovo giovane amico Rocco Paltrinieri, che si rifiuta ostinatamente di considerarmi "ex", nel suo disincanto e con la sua spontaneità, non può non ispirare tenerezza: "Caro collega, lei per la categoria non sarà mai un "ex"! Chi ha avuto il privilegio di conoscera, anche soltanto tramite "il pensiero di …" pubblicato sulla rivista Oltre Magazine, capisce al volo quanto sentimento, passione e verità riesce a trasferire dal suo cuore alla penna. Martedì 3 dicembre, come al solito, il postino mi recapita la corrispondenza alle ore 12,30, ora canonica per pranzare assieme a mia moglie e mio figlio. Noto subito la rivista e non volendo tardare a pranzo, tolgo il cellophane e con una certa avidità cerco la Sua rubrica per sapere quale argomento trattava nel mese di novembre. Sinceramente ho pranzato da solo in quanto ho riletto almeno tre volte l'articolo… Nel silenzio del mio ufficio credo di essere arrossito: le Sue parole esprimono emozione e fanno emozionare chi come me, pur non conoscendoLa personalmente, la addita come esempio vivente dell'"impresario-tipo" da collocare immediatamente sulla poltrona più alta della Federazione che entrambi, con una punta di rammarico, ci "permettiamo" di criticare".

Ma non è sui contenuti di queste due lettere che voglio intrattenermi in questa nota. Troppo facile! Troppo comodo! Troppo interessato! Ne ho proposto alcuni scorci animato solo dalla speranza che qualche "criticone" a buon mercato comprenda che non è importante il tipo della prosa e neppure la qualifica di chi scrive, ma importante è quello di cui si scrive. E per invitare chi si sente posizionato sul piedistallo della sufficienza a scendere a livelli più accessibili ai comuni mortali come lo sono gli operatori del comparto funerario di cui spiritualmente mi sento ancora di far parte.

Intendo, invece, dedicare la mia attenzione alla nota del signor Francesco Boveri, pubblicata in appendice al mio già citato articolo di novembre, pervenuta direttamente in redazione, prima perché meritevole della risposta che non ho potuto inviargli privatamente, poi perché pregna di spunti non trascurabili. Nel rigoroso ordine di enunciazione questi, in sintesi, i concetti espressi dal Boveri: 1) legge sempre "con attenzione" i miei articoli, condividendo le tesi esposte "con chiarezza"; 2) paga da "innumerevoli anni" alla Feniof la quota che definisce "salata"; 3) se non ci fosse (la Feniof) sarebbe peggio; 4) ha sempre ottenuto ospitalità ai suoi interventi scritti sugli organi di informazione di Feniof; 5) suggerisce azioni costruttive da intraprendere all'interno della Federazione, piuttosto che "assalti all'arma bianca che sanno di acredine"; 6) definisce "refrattaria" la categoria, il nostro comparto uno "strano mondo" e "incredibili" molti degli operatori che ne fanno parte; 7) concorda sulla necessità che ai tavoli dove si fissano le regole siedano persone competenti; 8) ha molta stima dell'ing. Fogli che definisce "un professionista egregio che conosce le regole"; 9) si dichiara disponibile alla "discussione" sugli argomenti da me trattati; 10) dulcis in fundo, giudica Oltre Magazine "la rivista migliore delle tante del settore" e questo concetto tiene a rafforzarlo con la locuzione "senza ombra di dubbio", che non ammette repliche.

Ringrazio Boveri per questa ultima considerazione sulla rivista. È un giudizio che assume una valenza enorme perché spontaneamente formulato e gratifica l'intero staff redazionale, me compreso, che, sia pure da lontano e con tutti i miei limiti, contribuisco a fornire argomenti di carattere preminentemente professionale e spunti di dibattito fra gli addetti ai lavori. Mi chiede, infatti, se ci sia disponibilità da parte mia a discutere degli argomenti trattati. Ed è ovvio che tale disponibilità ci sia, dal momento che - come già ho avuto occasione di dire in altre circostanze -le mie "esposizioni" non rispecchiano che modi di vedere personali ai quali non mi sognerei mai di appiccicare l'etichetta fideistica della verità dogmatica unica e indiscutibile.

Né ho mai coltivato la presunzione di essere l'unico "p.i.f." abilitato a trattare degli argomenti che interessano la categoria e neppure ho mai accampato pretese di monopolizzazione di questa rubrica che mi ospita con assiduità. "Il pensiero di…", unitamente alle prestigiose firme presenti sulle pagine di Oltre Magazine, concorre a fare di questa rivista un interessante strumento di approfondimento e non solo un veicolo di mera pubblicità. Dunque rivista aperta a tutti, pagine ospitali di tutti i contributi e pareri, rubrica disposta ad illustrare il pensiero di tutti gli operatori che hanno da dire qualcosa su ogni argomento che investa la nostra professionalità. E il mio auspicio è quello che siano in tanti a farsi avanti, sia per spezzare la monotonia della mia solita "voce", sia per approfondire da altri punti di vista argomenti gia trattati, sia, infine, per diversificare la tribuna oratoria ed ampliare la platea partecipativa.

Chiusa, dunque, la doverosa parentesi sulla rivista, passo alla disamina cronologica degli altri punti. Ringrazio personalmente e di cuore l'amico (posso permettermi?) Boveri per l'attenzione che dedica ai miei modesti scritti e mi fa immensamente piacere che ne condivida i contenuti (grazie a Dio non è l'unico, altrimenti resterebbero dei vuoti e unilaterali esercizi accademici!).

Quanto all'argomento Feniof sarò conciso: ho vissuto intensamente la Feniof per un decennio (1977/86) con diversi incarichi e ruoli; non ritengo "salata" la quota, considerato il basso numero di soci che riesce a racimolare (una crociata sempre più faticosa e meno produttiva che nel passato) e gli alti costi indispensabili a tenere in piedi un apparato organizzativo notevole; in uno dei miei più recenti articoli ho scritto (scopiazzando un noto slogan pubblicitario) che "se non ci fosse, bisognerebbe inventarla"; al l'Informatore ho collaborato intensamente negli anni della militanza, poi da esterno inviavo degli interventi occasionali che, dopo una iniziale ottima accoglienza (a cui seguiva l'integrale pubblicazione), cominciarono a subire tagliuzzamenti fastidiosi che divennero vere e proprie falcidie e storpiature, con conseguente stravolgimento delle mie opinioni; fu per questo motivo che smisi definitivamente di intervenire, anche se "qualcuno" in Feniof non mi prese in parola…

Nel 96/97 rientrai da socio ma a fine '99 ho cessato l'attività e mi sono dimesso nuovamente. Però dal 1 gennaio 2000 ho fatto iscrivere quello dei miei figli subentrato nell'azienda, che continua a pagare la quota puntualmente ed assiduamente. Come vede, anch'io credo nella "utilità" della presenza della Feniof (che ha perduto l'incisività di una volta) nel panorama settoriale nazionale, ma questa convinzione non deve mai escludere il mio diritto alla critica, diritto - del resto - ampiamente esercitato anche da militante, all'epoca tollerato, oggi tacciato di denigrazione gratuita o, come lo definisce lei, assalto all'arma bianca.

È vero che la categoria è refrattaria, ma cosa ci si può aspettare da zotici analfabeti (totali o parziali) come taluni - troppi - esponenti della categoria presenti, per esempio, nella mia città? E - devo ritenere - non solo in questa, ma un po' dappertutto, quindi anche nel macrocosmo nazionale, preso atto che le situazioni esistenti 5 o 10 anni or sono hanno subito gravi degenerazioni nelle più piccole come nelle più grandi realtà territoriali, specialmente dopo l'avvento dello sciagurato decreto Bersani al quale il nostro comparto - Feniof in testa - avrebbe dovuto opporre le barricate e invece ha subito con rassegnata incapacità reattiva.

Ecco donde deriva lo "strano mondo" e la presenza delle molte persone "incredibili", come giustamente le definisce lei: dalla sottocultura, dalla mancanza di capacità di apprendimento delle regole e, principalmente, dalla mancanza di volontà di rispettarle, dalla approssimazione, dalla improvvisazione.

Troppo spesso anche dalla eccessiva furbizia volta a disattendere, ad aggirare le norme per fare "i cavoli propri", senza pensare alle conseguenze negative che penalizzano poi l'intera categoria. Apro parentesi: citavo ad un amico colpito da un evento luttuoso le norme che impongono la sigillatura preventiva (alla partenza) del feretro destinato alla tumulazione in altro Comune; la moglie del mio amico, visibilmente contrariata, mi apostrofò con una dichiarazione che mi lasciò di stucco: "io so per certo che un suo collega (e mi fece nome e cognome) è riuscito a trasportare in un altro Comune un defunto senza sigillarlo o fingendo di averlo fatto, tant'è che a destinazione la salma rimase "esposta" per alcune ore prima che fosse trasportata al cimitero dove fu saldata e tumulata".

È riuscito! Ecco: in questa espressione è racchiusa la subdola predisposizione alla elusione e l'indole prevaricatoria che ci porta a sfidare le leggi per farci vanto di "saper fare" cose che altri colleghi (rispettosi delle regole) non fanno o, meglio, non vogliono fare. Agli inizi degli anni '80 fui il primo a dotarmi del frigo-salma in città, forse anche in provincia; mi telefona un collega-amico di paese per chiedermelo in prestito; gli raccomando di metterlo in opera dopo le 24 ore dal decesso; dopo due giorni, all'atto della restituzione, mi confessa candidamente: "l'ho messo dopo un paio di ore", però, precisa "per scrupolo ho praticato prima l'iniezione conservativa"!!!

Non aggiungo altro. Cinquecento c.c. di formalina introdotti nella cavità corporea a due ore dal decesso!!!

Se il morto non era "defunto" qualcuno l'ha ammazzato per crassa incompetenza!

Ecco, caro (ex) collega Boveri, lo "strano mondo" nel quale siamo costretti a sguazzare, perché non si è compreso che l'elevazione professionale, la crescita etica, il rifiuto aprioristico delle malversazioni sono figlie di un profondo processo di acculturamento della categoria mai perseguito, non della più o meno visibile dotazione sperimentale (carri funebri, dipendenti,...). Si possono avere trenta o più operai e dieci auto funebri, furgoni, furgoncini, segretarie e fattorini, ma essere "marci" dentro.

Sono queste le regole che devono essere fissate nelle leggi che governeranno il settore, le quali, più che guardare alle dotazioni strumentali ed operative dovrebbero prevedere una propedeutica rigorosa selezione morale da completare con una adeguata preparazione culturale (a parer mio) a livello para-universitario con significative cognizioni di anatomia, patologia e tanatopraxia, non disgiunta da una profonda passione che andrebbe armonicamente coniugata alla dedizione totale; ingredienti, questi, necessari per svolgere al meglio non un mestiere come tanti, ma una "professione" unica nel suo genere, permeata di altissimi valori umani.

La cultura ha portato l'uomo alle vette conoscitive, la cultura l'ha sottratto alla barbarie, la cultura l'ha elevato, l'ha nobilitato, l'ha reso educato, rispettoso, tollerante, solo la cultura può farlo crescere dal punto di vista deontologico nello svolgimento del nostro lavoro. Ammoniva Cicerone: "ut ager quamvis fertilis sine cultura fructuosus esse non potest, sic sine doctrina animus" (come il campo, benché fertile, non può dare frutti senza che sia coltivato, così l'animo senza lo studio) e Seneca replicava: "vita sine litteris mors est, et hominis vivi sepoltura" (la vita senza lo studio è morte e tomba dell'uomo vivo). Se c'è una solida base culturale, ci vuole poco ad imparare le leggi e scoprirne lo spirito, dal che scaturisce naturalmente la propensione a rispettarle. Se non c'è quella si resta degli incivili inveterati, irrecuperabili.

Caro amico Boveri, lei mi chiede se sono disponibile alla discussione. Come vede discuto da due anni su questa rivista e per dieci ho discusso su quella della Feniof, ma ho discusso quasi sempre da solo, come in un soliloquio infinito. Ho trito e ritrito sempre (o quasi) gli argomenti che per me sono basilari. Chissà quanti (ex) colleghi sono tediati di leggermi e di prendermi seriamente in considerazione!

Nel confermarle, quindi, tutta la mia disponibilità a continuare a discettare degli argomenti che riguardano il "futuro" della categoria, la devo avvertire che il mio "futuro", ormai, lo sento stretto e su di esso non faccio più affidamento. È la categoria tutta - Feniof in testa, unitamente alle nuove realtà associative - che deve colloquiare per poi sforzarsi di farsi sentire e di imporsi laddove le regole vengono formulate ed approvate e non cedere supinamente ad altri la propria rappresentanza.

Non è concepibile che il compito di studiare e riscrivere le regole sul nostro lavoro venga affidato ad avvocati, ingegneri ed impiegati di varia estrazione, con l'esclusione dei diretti interessati. Del resto né io, né lei, né alcun altro membro della categoria cui è diretta questa rivista, abbiamo mai avanzato la pretesa di proporre modifiche ai codici, né di stravolgere le metodologie progettuali dei fabbricati: provocheremmo solo guai, come in quel paesino molisano dove il crollo dell'edificio scolastico ha annientato ventisette piccoli scolari e una delle loro maestre.
 
Alfonso De Santis
Caro collega, Lei per la categoria non sarà mai un " ex "! Chi ha avuto il privilegio di conoscerLa, anche soltanto tramite "il pensiero di..." pubblicato sulla rivista Oltre Magazine, capisce al volo quanto sentimento, quanta passione e quanta verità riesce a trasferire dal Suo cuore alla penna. Martedì 3 dicembre, come al solito, il postino mi recapita la corrispondenza alle ore 12,30, ora canonica per pranzare assieme a mia moglie e mio figlio. Noto subito la rivista e, non volendo tardare a pranzo, tolgo il cellophane e con una certa avidità cerco la Sua rubrica, per sapere quale argomento avrebbe trattato nel mese di novembre. Sinceramente ho pranzato da solo in quanto ho riletto almeno tre volte l'articolo. Con mio grande stupore, misto a incredulità e commozione, ho letto fra le righe il mio nome: il nome di un piccolo impresario funebre che svolge un centinaio di servizi l'anno, che crede nel proprio lavoro, ma che mai, in vent'anni, aveva ricevuto un pubblico elogio da un collega, in un settore dove tra "vicini" ci si saluta a malapena. "...Ma in questo caso vorrei fare un'eccezione, provando ad estorcere al direttore di questa rivista il permesso di gridare questi due nomi...". "...Nel deserto spuntano le oasi...". Nel silenzio del mio ufficio credo di essere arrossito: le Sue parole esprimono emozione e fanno emozionare chi, come me, pur non conoscendoLa personalmente, La addita come esempio vivente dell'impresario tipo, da collocare immediatamente sulla poltrona più alta della Federazione che entrambi, con una punta di rammarico, ci "permettiamo" di criticare. Grazie collega, e tanti cari auguri di buon Natale e felice anno nuovo, specialmente al popolo della regione a Lei molto vicina.Rocco Paltrinieri

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