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Simulare la morte per apprezzare la vita

Cosa succede dopo che il corpo smette di vivere? Nuove realtà e macchine per provare l’ultima, ineluttabile esperienza dell’essere umano.

Simulare la morte per prendere confidenza con l’idea che un giorno non ci saremo più, provarla “in anticipo” per sapere cosa ci aspetta. Ma è davvero possibile? Da quando l’essere umano è cosciente, e forse anche da prima delle sue filosofiche divagazioni su vita e morte, la paura della morte e dell’ignoto ad essa legato lo ha sempre accompagnato durante la vita.
C’è chi ci pensa più spesso, chi meno, chi conduce una vita sana nella speranza che si trasformi anche in una vita lunga e chi invece vive tutto e subito perché “la vita è una sola”. In ogni caso, la paura della morte è più o meno insita in ogni uomo o donna, sicuramente a causa dell’istinto primario di sopravvivenza e di prosecuzione della specie ma anche, e soprattutto, per la paura di “non essere più”.

Cosa succede dopo che il corpo smette di vivere? Cosa si prova negli ultimi istanti di vita? Cosa è che un momento prima ci tiene in vita e quello dopo ci lascia inerti e senza energia vitale? La risposta a molte di queste domande è difficile se non impossibile ed è motivo di studio e discussione tra filosofi, psicologi e medici. Per tutti, studiosi e uomini comuni, resta la curiosità di conoscere e comprendere nella speranza di riuscire ad accettare l’unico evento sicuro, che temiamo e rimandiamo, ma che è ineluttabile.

Ed è probabilmente questo il motivo che ha spinto numerosi scienziati a studiare un modo per aprire la porta sull’ignoto e sbirciare per scoprire cosa succede durante gli ultimi istanti della nostra vita.

I primi esperimenti in Cina

I primi a creare macchinari e software che facciano provare una esperienza di “morte simulata” a chi desidera sapere in anticipo cosa lo aspetta, sono stati gli scienziati e i programmatori orientali. L’idea di creare uno strumento che simulasse la morte è stata partorita da Huange Weiping e Ding Rui, soci in affari, che hanno realizzato un loro progetto per il parco di divertimenti Window of the world a Shenzen. Un parco divertimenti in cui provare una simulazione di morte e di cremazione sembra una contraddizione in termini ma è in linea con la civiltà orientale che da sempre ha un rapporto con la morte molto diverso dal nostro.
Ma che tipo di esperienza è quella proposta nel parco divertimenti cinese? Si tratta in realtà di un gioco in 4D, una attrazione nella quale si può entrare pagando 40 euro, che impegna i giocatori in una serie di prove che portano comunque alla morte. Alla fine si va per provare quell’esperienza no? Ma non solo, dopo aver provato la propria morte, i giocatori proveranno anche cosa significa essere cremati. Nel momento in cui il protagonista viene dichiarato morto, inizia il suo funerale: viene deposto all’interno di una bara, vengono accese candele e esposta la sua immagine mentre la cassa viene deposta su un nastro trasportatore che lo introdurrà nel forno crematorio. Ovviamente non è un vero impianto, ma una stanza con una temperatura di 40 gradi che usando luci e getti di aria calda simulerà l’incenerimento. Ma l’esperienza non finisce con la morte: in Cina è forte la credenza che la morte sia solo un passaggio verso la reincarnazione in un nuovo essere e per questo l’ultimo passo del simulatore è quello di portare il giocatore alla sua nuova vita seguendo un forte bagliore. L’intero percorso dura due ore e termina in un ambiente caldo dove si sente il battito di un cuore e che rappresenta l’utero materno e dove il protagonista completa il proprio esperimento di morte/cremazione/vita.

La realtà virtuale

Una simulazione delle ultime ore di vita e del “passaggio” a un’altra dimensione, quella post mortem, tramite la realtà virtuale è invece il frutto di uno studio del designer Frank Kolkman che ha sviluppato numerosi progetti con questo tipo di sperimentazione. Fino dagli anni ’90 la realtà virtuale è protagonista di giochi, parchi a tema ed esperimenti di vaio tipo; Kolkman la applica a campi di studio inusuali, come appunto la simulazione di cui parleremo.

Lo studio di Kolkman è stato pensato per avvicinare in modo graduale i malati all’idea della morte ma anche per far provare le sensazioni degli ultimi istanti di vita a chi ha dubbi e domande sull’ultimo “viaggio” che ogni essere vivente si trova a dover affrontare, ma anche a chi è semplicemente curioso. Il progetto prevede che il protagonista dell’esperimento, cioè chiunque voglia provare Outerspectre, il simulatore virtuale, provi la sensazione di uscire dal proprio corpo e vedersi da fuori. La macchina si sviluppa attraverso l’utilizzo di una testa robot ed è integrata con la realtà virtuale. Il progetto è stato presentato alla Dutch Design Week e i visitatori sono stati invitati a provarlo.

Il funzionamento è semplice: il soggetto che sperimenta la simulazione indossa la visiera per la realtà virtuale che è collegata alla testa robot posizionata dietro di lui. Da quel momento le sensazioni di vista e udito vengono inviate tramite questa testa robot, che ha telecamere e microfoni, riuscendo a riprodurre perfettamente i movimenti umani. In questo modo il protagonista proverà una sensazione simile a quella di “staccarsi” dal proprio corpo vedendosi, con gli occhi del robot, da “fuori”. Al termine del percorso è stato inserito uno specchio per interrompere la sensazione perché rischiava di diventare reale, come riportato da molte persone che hanno testato la simulazione.

Presentando il simulatore Kolkman ha spiegato che negli ospedali c’è troppa attenzione a cercare di mantenere in vita i malati ma pochi percorsi di accettazione della morte. Il suo progetto potrebbe aiutare i malati ad avvicinarsi a una eventualità tragica ma non impossibile.

La Coffin Accademy per evitare i suicidi

In Giappone e in Corea del Sud il tasso di suicidi tra i giovani è altissimo. Per questo motivo è stata creata la Coffin Accademy, una vera accademia che insegna ai ragazzi cosa significa provare la propria morte e che li educa ad apprezzare la bellezza della vita. I ragazzi pagano 25 dollari per la simulazione del proprio funerale con cassa e foto ricordo. Partecipano ad un seminario sul tema e in seguito vengono chiusi dentro i cofani per dieci minuti per poter riflettere su cosa significa togliersi la vita: chiusi dentro la cassa hanno il tempo di riflettere su ciò che lasciano, sugli amici, sui parenti che restano senza di loro. L’idea di dover rinunciare a tutto e di non rivedere le persone care, li aiuterebbe ad affrancarsi dall’idea del suicidio.

Poiché il progresso tecnologico è in continuo e rapido sviluppo, siamo certi che in un futuro davvero prossimo saranno a disposizione altre esperienze sul tema sempre più verosimili, anche se la morte non cesserà mai di essere quel mistero verso cui l’umanità prova da sempre fascino e timore.
 
Tanja Pinzauti

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