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Shanghai

Shanghai. La città vicino (shang) al mare (hai) ci accoglie, superba, dall'alto dei grattacieli futuristici del suo centro città e delle torri, alte e grigie, delle zone residenziali che si estendono tutt'intorno a perdita d'occhio.

Tutte sono contraddistinte dalla presenza di gruppi refrigeranti posti sulle facciate esterne e che vieppiù contribuiscono a dare l'impressione di immensi alveari popolati (è il caso di sottolinearlo, e mai immagine ci apparve più appropriata) di operosissime api. In verità la prima impressione, epidermica, giungendo dall'aeroporto, è identica a quella provata molti anni or sono in occasione del nostro primo arrivo a San Paolo del Brasile. Autostrade urbane si infilano, audaci, tra selve di cemento. In esse si creano, alle ore di punta che non hanno nulla da invidiare a quelle di tutte le grandi metropoli del mondo, ingorghi mostruosi e tali da rendere di pessimo umore anche il più paziente dei conducenti. Le affinità, tuttavia, si fermano qui. Non si vedono "favelas" e ancor meno torme di giovani oziosi o impegnati in polverose partite di calcio nell'attesa, chissà, di darsi ad attività più o meno lecite. Al contrario ci troviamo in presenza di una folla di gente attiva, in perpetuo movimento e visibilmente impegnata al massimo in attività produttive o commerciali che permetteranno loro di progredire sulla via del benessere personale e del loro Paese.

Lo straniero, secondo la tradizione orientale, è accolto con somma cortesia e con grande deferenza. Anche con molta curiosità che rimane spesso frustrata dall'ostacolo, quasi insormontabile, della lingua. Come fare a comunicare, ad esempio, con gente dello Szechuan, regione della Cina famosa, tra l'altro, per la cucina particolarmente piccante, che parla una lingua notevolmente diversa da quella ufficiale, il mandarino, e che talvolta prova grosse difficoltà già a comunicare con i compatrioti di Pechino o Canton? Figuriamoci con noi europei! Nonostante la nostra molto italiana attitudine ad esprimerci con movimenti di mani, smorfie od altre mimiche, il contatto rimane relativamente poco agevole. Peccato! La reciproca attrazione non riesce ad esprimersi totalmente e ci ripromettiamo sin d'oggi di apprendere, prima del nostro prossimo viaggio nell'"impero di mezzo", i rudimenti del cinese parlato (che ci dicono essere relativamente abbordabile malgrado si tratti di una lingua tonale) senza osare avventurarci in quello letto o, peggio ancora, scritto che sembra essere ormai fuori portata di gente della nostra età. È ben vero che i giovani iniziano a praticare l'inglese, il che facilita notevolmente i contatti d'affari o, più semplicemente, gli scambi di informazioni personali: lo conferma l'eccellente ed arricchente contatto avuto con Zhou Ling, detta Selina, la nostra graziosa e gentile accompagnatrice che non solo ci ha enormemente agevolato in occasione delle sedute di lavoro, ma che, nel rimanente poco tempo a disposizione, ci ha accompagnato alla scoperta dell'immensa e tentacolare città, ed in particolare di alcuni angoli di tranquillità come Yu Garden, vero inno al senso di pace e di riflessione della Cina eterna.

Sedici milioni di abitanti vivono ormai a Shanghai, e dovrebbero raggiungere (in pochi anni e nonostante il divieto alle famiglie, sotto pena di pesanti sanzioni pecuniarie, di avere un secondo figlio) rapidamente i venti milioni, per fare della capitale economica ed industriale della Cina una delle più grandi città del mondo assieme a San Paolo, Città del Messico, Il Cairo, Tokio, … .

Si tratta in realtà di un cantiere permanente dove i vecchi quartieri vengono abbattuti per fare posto ai grattacieli avveniristici di cui si è precedentemente parlato. Il paesaggio urbano è in perenne mutazione. East Shanghai, che sino a qualche anno fa offriva uno "skyline" contraddistinto unicamente dalla torre della radio-televisione, assume oggi le parvenze di Manhattan e chissà a cosa somiglierà domani. Le grosse multinazionali inalberano con orgoglio e con fierezza le loro pubblicità al neon, conferendo così un aspetto da fiaba a questo nuovo eldorado. Solo rimane il Bund, il mitico Bund (il lungo fiume sul quale si succedono gli edifici di stile inglese che ancor oggi ospitano venerabili istituzioni finanziarie o compagnie di navigazione) che resiste con britannica pertinacia alla nuova architettura (talvolta si ha l'impressione di essere a Londra) e che ci ricorda la Shanghai di un secolo or sono con la sua divisione in zone non solo inglese e francese, ma anche con un piccolo angolo italiano. Chi scrive ricorda un compagno di scuola delle medie (siamo nei primi anni '50) che costituiva per noi una curiosità permanente essendo nato proprio nel "comptoir" italiano di quella città. Il che, vista la stranezza del luogo di nascita, non impediva a noi ragazzini, provvisti della meravigliosa ed innocente capacità di affabulazione propria di quella età, di trovare al nostro compagno un volto da cinese soprattutto per ciò che riguardava gli occhi che "dovevano" essere a mandorla come si conviene ad ogni orientale correttamente costituito. Il fatto è che entrambi i genitori erano italianissimi, e soltanto la beata e furiosa fantasia di bambini non ancora corrotti dall'universo realista e consumistico dei nostri giorni poteva produrre, quasi per alchimia, una tale metamorfosi.

Parlando di realismo, quale esempio più eclatante di quello dell'odierna Cina? In un paese ufficialmente marxista-leninista ed a partito unico, il capitalismo più sfrenato trova diritto di esistenza. Accanto alle sacrosante istituzioni del regime assistiamo al proliferare inarrestabile di quartieri che ormai non hanno nulla da invidiare alla Quinta Strada per quanto riguarda le boutique di lusso di ogni marca e paese che in pochissimi anni si sono aperte. E non è finita! Nel quartiere di nome "New World" (tutto un programma) si vede di sera una gioventù elegantissima che affolla, scendendo da vetture dalle marche prestigiose, ristoranti "trendy" e negozi di lusso, spendendo migliaia di Ren Min Bi (letteralmente, la "moneta del popolo") che lasciano così le mani poco rapaci del cliente per finire nelle tasche ben accoglienti dei commercianti: c'è di che perturbare abbondantemente i nostri spiriti cartesiani, in chiaro subbuglio di fronte a tanto pragmatismo. Per i cinesi tutto ciò è assolutamente normale, come è normale che a Shanghai funzioni da poco il treno "levitazionale" che si alza dai binari venendo mantenuto in traiettoria grazie a forze magnetiche e che per 4 Euro assicura il collegamento tra la città e l'aeroporto (50 km) in otto minuti e mezzo viaggiando a 400 km orari. Una fantastica chimera per i viaggiatori di Malpensa o, peggio ancora, di Linate, visto il tempo che occorre per raggiungere da quegli aeroporti il centro di Milano. Ciò che meraviglia (oltre alle prestazioni tecniche del treno) è che si tratta di un prodotto di tecnologia tedesca che tuttavia non è mai entrato in funzione in Germania a causa degli altissimi costi di messa in esercizio che, se paiono insostenibili si nostri amici teutonici che pure non sono indigenti, non sembrano creare problemi agli amministratori di Shanghai. Vacci a capire qualcosa!

Rimane, in ultima analisi, il fatto obiettivo e cioè l'esistenza, conclamata ed incontestabile, di una potenza gigantesca di un miliardo e trecento milioni di individui in pieno sviluppo e verosimilmente destinata, a breve termine, ad assumere il ruolo di grande potenza mondiale.

Ed il settore funerario in tutto ciò? Ebbene, nonostante i molti decenni di indottrinamento ideologico marcati anche da momenti drammaticamente difficili (basti pensare agli scempi della cosiddetta "rivoluzione culturale" che tanti seguaci, "utili idioti", aveva trovato anche nel nostro paese) la vecchia tradizione di una antica civiltà si è conservata e riaffermata non appena i legami si sono un po' allentati. La cerimonia, quindi, così come l'abbigliamento dei parenti (che si cingono la vita di una fascia bianca) nonché gli omaggi floreali e di altro genere che vengono resi al defunto sono quelli di sempre. Anche se il tutto si svolge, per il momento, in strutture pubbliche, il livello qualitativo delle esequie ci è parso elevato anche e soprattutto tenendo conto dei prezzi delle prestazioni quando li si comparino al potere d'acquisto medio reale. Unico elemento imposto per legge quasi ovunque è l'obbligo della cremazione, dovuto sia a ragioni logistiche (carenza di spazi, in particolare nelle grandi città) che igieniche. Abbiamo avuto l'occasione di visitare oltre ad alcune case funerarie - che ci hanno impressionato per il loro gigantismo (una di esse assicura trecento, diconsi trecento!, servizi al giorno) e funzionalità - anche dei cimiteri, immensi, dove schiere chilometriche di tombe tutte uguali, o quasi, accolgono in ciascuna di esse due urne contenenti abitualmente coppie di coniugi. In questo momento si fa un gran parlare di "Green Funeral" o funerale verde (era questo, tra l'altro, il tema del meeting che ci ha riuniti in quel Paese) anche se per certi aspetti sorge qualche legittimo dubbio sulla reale fondatezza e fattibilità di tale iniziativa. Il tutto organizzato, con estrema precisione e con un "timing" rigoroso, dall'instancabile, iperattivo e simpatico prof. Zhen Tian Zhong ben assecondato da una equipe efficace e competente. Buona la presenza italiana. A Nino Leanza, Presidente di CONFERENCE SERVICE ed organizzatore di TANEXPO che, anche a dire di molti autorevoli amici stranieri, deve essere ormai considerata coma la manifestazione leader del settore in Europa, è stato riservato lo statuto di "Ospite Onorevole". Con buona pace di manifestazioni simili organizzate da apprendisti stregoni (giornalisti, imprenditori funerari, produttori di articoli funerari) che, pur mancando delle competenze specifiche, ritengono, chissà come e chissà perché, di potersi trasformare in organizzatori di eventi. Ci si può ragionevolmente domandare cosa penserebbero gli italiani se un giorno o l'altro un professionista della comunicazione decidesse di improvvisarsi operatore funerario. Qualche dubbio sulle reali capacità di esserlo parrebbe quantomeno legittimo! Tra le diverse altre partecipazioni, due quelle italiane. La prima di Giovanni Primavesi, "Ministro degli Esteri" della Fe.N.I.O.F., sul funerale sull'acqua a Venezia; l'altra dell'Ing. Daniele Fogli, vera enciclopedia vivente del mondo e delle normative funerarie e cimiteriali, che ha riscosso grandissimo interesse con il suo intervento sulla decomposizione dei corpi nei cimiteri e sulle conseguenze ambientali.

Tra i visitatori esteri abbiamo notato due folti gruppi di russi e di ungheresi, nonché qualche rappresentate di Paesi Bassi, Gran Bretagna, Giappone e Spagna. Incontrati anche, nell'ambito della esposizione di articoli funerari organizzata a latere del congresso, esponenti della BIONDAN (i cui bronzi facevano bella mostra di sé sullo stand del distributore cinese) come pure esponenti della LORANDI e del Gruppo URCIUOLI, entrambi produttori, come ben si sa, di cofani. Viste anche fotoceramiche di RGB INTERNATIONAL, di ROSSATO e di POLISTAMPA sugli stand dei rispettivi partner.

Per quanto riguarda i prodotti locali segnaleremo qualche fabbricante di forni crematori (il che è logico, visto il mercato immenso della cremazione) e di urne (stesse considerazioni di cui sopra), mentre i cofani sono per lo più di cartone alveolato ricoperti da un sottile strato di legno. Si è anche visto qualche pezzo in legno massiccio dal prezzo, tuttavia, dissuasivo. È stata proprio questa, in un certo modo, la grande sorpresa che ci ha stupito: i prezzi piuttosto elevati di tutti i prodotti, ad eccezione dei forni, la cui qualità sembrerebbe lasciare a desiderare. Il che, se confermato dalle future esperienze, potrebbe considerevolmente diminuire i timori che alcuni produttori europei hanno di una offensiva cinese sui mercati funerari del nostro continente. Ci chiediamo quindi se, allo stato attuale delle cose, non sia piuttosto vero il contrario e se il vero business non sia, paradossalmente, quello di esportare prodotto funerario innovativo in Cina. Il futuro, anche prossimo, ci illuminerà in merito. Nell'attesa rallegriamoci dell'esperienza fatta e soprattutto dell'accoglienza fraterna ed amichevole dei nostri amici asiatici che da un banchetto all'altro hanno iniziato coloro che già non lo fossero ai piaceri sottili (e talvolta stupefacenti) della cucina cinese. Li attendiamo, come promessoci, a Modena per TANEXPO, assieme ai vari colleghi del mondo intero che già preparano, nei rispettivi Paesi, il viaggio in Italia del 2006.

 
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