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Il segreto dei corpi

Il Dipartimento di Anatomia dell'Università di Firenze ha voluto ricordare, a distanza di 170 anni dalla morte, la figura di Girolamo Segato (1792-1836), cartografo, naturalista, sperimentatore, figlio di quell'Illuminismo curioso e scientista che rappresenta uno dei periodi più fecondi nella storia del pensiero umano. Anche se non era fiorentino di nascita, Segato lavorò a Firenze per diversi anni e molti dei preparati da lui realizzati sono oggi conservati, dopo travagliate vicende, all'interno del Museo del Dipartimento.

"Pietrificazione": la tradizione ha assegnato alla tecnica usata da Segato questo appellativo che come tale ha conquistato l'immaginario collettivo, ma, come vedremo, si tratta di una indicazione superata dai risultati delle ricerche in corso. Girolamo Segato fu un personaggio veramente eclettico. Gli estremi della sua vita si collocano tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento: originario di Vedana, una piccola frazione di Sospirolo, in provincia di Belluno, condusse studi irregolari in varie sedi del Nord Italia, viaggiando a lungo in Egitto, per poi tornare in Italia e stabilirsi per un breve periodo a Livorno e successivamente a Firenze, dove morì all'età di soli 44 anni.

La sua vita è stata segnata da momenti particolarmente difficili: l' incendio che distrusse la casa dell'amico De Rossetti, al Cairo, in cui conservava il proprio materiale; il tentativo di scasso nella sua abitazione fiorentina che lo indusse a distruggere molti suoi preparati; la fuga del socio, che gli precluse la pubblicazione di alcuni suoi studi; il rifiuto, nel 1833, della Cattedra di Chimica Tecnologica presso il Museo della Specola. Non ebbe rapporti facili neppure con le Istituzioni e si trovò molto spesso in ristrettezze economiche. L'alone di mistero che circondava la sua attività di "pietrificatore", però, gli conferì una temporanea popolarità che lo rese, nello stesso tempo, vittima di numerosi furti: anche dopo la sua morte, infatti, la casa di Vedana e quella di Belluno vennero saccheggiate, provocando una irrimediabile dispersione dei suoi lavori.

Come dimostrano diverse testimonianze, tra cui anche un sonetto del Belli, si credeva che, con l'opera di Segato, fosse stato finalmente raggiunto l'obiettivo di conservare la materia organica senza alterarne il colore, in una sorta di artificiosa immortalità fissata in una solidità lapidea in grado di vincere le leggi naturali della decomposizione. Segato condusse i suoi esperimenti anche a Firenze, in Palazzo Ferroni o in casa Fumagalli, nei Fondacci di Santo Spirito, tenendo sempre avvolto nel più fitto mistero il metodo con cui realizzava i suoi preparati: solo in punto di morte confessò all'amico Giuseppe Pellegrini, avvocato, che gli avrebbe voluto rivelare la tecnica, ma non ne ebbe il tempo e l'epitaffio sulla sua tomba, in Santa Croce, conferma l'impenetrabilità del suo segreto: "Qui giace disfatto Gerolamo Segato da Belluno".

Anche i pezzi presenti in Museo hanno una provenienza particolare e sono stati acquisiti in momenti diversi: il nucleo più antico è costituito da una "zaccagna" (scalpo) femminile e da un seno di giovane donna. Questi pezzi furono oggetto di una vivace discussione, alla morte di Segato, tra i titolari degli Insegnamenti di Anatomia e di Anatomia Patologica, dal momento che nessuno voleva disporre di materiale che non avesse rilevanza "scientifica"e, in effetti, l'intento estetico di questi preparati va al di là del semplice scopo didattico. Recentemente l'Ingegner Alberto Giordano, erede di Segato, ha donato al Museo una cassetta contenente alcuni preparati tra i quali una sezione trasversale di pene, una sezione di testicoli, sangue "pietrificato" e incastonato in una spilla, una fetta di salame ed altri materiali.

In questi ultimi tempi, il Museo ha acquisito, inoltre, una serie di materiali che costituiscono uno specimen di estremo interesse, composto da preparati organici animali ed umani: questi ultimi documentano, in parte, il lavoro preparatorio agli esemplari già presenti in Museo e che possono essere considerati il prodotto finito. Si tratta, infatti, di un corpus estremamente complesso: un scalpo maschile, una serie di arti superiori iniettati, mani a diversi livelli di dissezione, mandibole, seni di donna, numerose prove condotte ai fini della realizzazione del tavolino che Segato volle regalare al Granduca ottenuto tramite l'inserimento, in un piano di acero, di preparati anatomici, trattati con la sua tecnica, che rendono il prodotto finito estremamente simile al commesso fiorentino. A questi si sono aggiunti alcuni reperti donati dal Museo Civico di Belluno, tra i quali uno particolarmente interessante, costituito da una testa femminile, un tempo montata su un supporto ligneo.

Da una indagine in via di esecuzione risulta che altri preparati di Segato siano in possesso di privati o di altri Musei: tra questi, due tavolini con il piano d'appoggio costituito da sezioni di tronchi d'albero "pietrificato", attribuiti a Segato, si trovano rispettivamente nella Reggia di Caserta e nel Palazzo dei Normanni a Palermo. La presenza di questo materiale propone, quindi, una serie di problemi da più punti di vista: un approccio storico non può prescindere dalla valutazione del contesto in cui si inserì l'opera di Girolamo Segato, dall'intento del suo lavoro e dai rapporti con il milieu culturale del suo tempo, in particolare con le problematiche legate alla ricerca anatomica e all'insegnamento dell'Anatomia, valutando, contemporaneamente, le fonti che documentano il dibattito sorto immediatamente dopo la sua morte intorno ai suoi preparati.

Un approccio squisitamente scientifico, invece, si deve basare su almeno due filoni di ricerca, uno conseguente all'altro: l'analisi dei preparati di Segato, in corso di esecuzione, potrebbe condurre, infatti, sia alla comprensione del suo metodo di lavoro, sia alla possibilità di intervento dal punto di vista della conservazione di questi pezzi. La tecnica di esecuzione rappresenta il primo punto: non si può parlare di "pietrificazione" in quanto gli esami radiografici e chimici fino ad ora condotti su questi preparati sembrano escludere l'uso di silicio, ma le indagini spettrometriche su alcuni frammenti procedono con lentezza, per la difficoltà di isolare i singoli componenti, assolutamente sconosciuti. I materiali pervenuti dal Museo di Storia della Scienza, inoltre, hanno vissuto l'esperienza dell'alluvione del 1966: i preparati animali sono in uno stato di conservazione ormai irrimediabile, mentre i preparati umani potrebbero essere restaurati e valorizzati. La conoscenza delle sostanze impiegate da Segato, in questo senso, sarebbe fondamentale anche per guidare l'intervento di restauro.

Alcuni pezzi presentano tracce di parassiti e i supporti di legno su cui sono montate le prove per il tavolino sono vistosamente tarlate. Nell'ottica della conservazione e della fruizione di questo materiale, pertanto, è stata prevista un'indagine chimica, finalizzata alla individuazione eventuale di sostanze iniettate a fini conservativi, ma anche un intervento di ripulitura dei pezzi tramite disinfestazione. Allo stato attuale la ricerca è in corso, ma appare sempre più urgente salvaguardare un patrimonio che rappresenta un caso di rara eccezionalità nel quadro della ricerca settecentesca e ottocentesca del metodo di conservazione dei preparati.

 
Donatella Lippi

Donatella Lippi è nata a Firenze nel 1959 e si è Laureata in Lettere Classiche nel 1982. Specializzatasi in Archeologia, Storia della Medicina, Bioetica, Archivistica, ha dedicato diversi anni all'insegnamento nella Scuola secondaria, per poi vincere una valutazione comparativa come Professore Associato di Storia della Medicina, venendo chiamata dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Firenze, dove attualmente lavora. È iscritta a numerose Società Scientifiche e ha all'attivo numerose monografie e contributi scientifici su riviste nazionali e internazionali.


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