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La vita di Ronnie James Dio

In rock we trust

"Se nessuno guarda... Allora nessuno muore".
Ronnie James Dio
 

Quando Ritchie Blackmore, chitarrista dei Deep Purple, sentì cantare per la prima volta Ronnie James, decise che il tempo in seno alla sua storica band fosse terminato. Era il 1975, l’incontro con Ronaldo Giovanni Padavona, in arte Ronnie James Dio, fu una folgorazione. Ronnie era una figura carismatica; si era scelto come nome d’arte “Dio” in omaggio ad un noto gangster. Sulle origini del proprio nome d’arte l’artista amava dire: “Volevo scegliere qualcosa di più corto, di più immediato e facile da ricordare. La scelta del nome è legata a un mafioso italiano protagonista di un film. Si chiamava Ronnie Dio e ho pensato che suonasse bene e che fosse perfetto. Inoltre io ho origini italiane e quindi mi piaceva l’idea di giocare attorno al solito cliché della mafia. Solo in seguito alcuni amici mi hanno detto che in italiano e in spagnolo Dio significa divinità, ma non era davvero mia intenzione essere cosi presuntuoso”.
La sua voce era un dono: medievale nei bassi e irruenta nei toni alti. Blackmore, quando lo sentì cantare, decise che quel piccolo cantante dalla voce portentosa avrebbe potuto rappresentare il viatico ideale per traghettare la sua carriera verso altri lidi. L’Heavy Metal si sviluppò come costola dell’Hard Rock. I Cream e Jimi Hendrix qualche anno prima avevano tracciato la strada. La ricetta era semplice: rock incentrato sulla chitarra elettrica amplificata e il basso di accompagnamento a dare spessore al suono. Riferimenti ulteriori potevano essere trovati nella musica blues e nella psichedelia di quei tempi.
Ronnie James Dio insieme agli Elf, la sua band, erano sbarcati in Inghilterra dove la scena Heavy stava progressivamente prendendo corpo. In quegli anni la musica reinventava se stessa scavando, di fatto, un solco profondo con il passato. Generi e sottogeneri pronti a mettersi in discussione. Se da una parte la New Wave trovava sulla scena newyorkese un punto di riferimento sul quale impostare il futuro prossimo, dall’altra, l’hard-rock viveva un periodo di relativo sbandamento e coglieva quel momento come l’occasione per evolversi. All’’imminente nascita del Punk fece da contraltare il profondo mutamento dell’Heavy Metal: una rivoluzione se vogliamo più sommessa, ma non certo meno rumorosa.
Dopo l’avvento di Blackmore, gli Elf cambiarono nome: i Rainbow divennero in breve la band di riferimento della scena heavy metal inglese. La presenza ingombrante del chitarrista finì col tempo per rovinare la band. I rapporti tra Dio e Blackmore s’incrinarono, tuttavia ci fu tempo sufficiente per scrivere tre dischi fra cui uno memorabile (“Rising” è ancora oggi definito dalle riviste specializzate uno dei più grande album heavy metal mai scritto). Messasi alle spalle l’esperienza con i Rainbow, l’artista americano decise di raccogliere la pesante eredità lasciata da Ozzy Osborne nei Black Sabbath. La band si era costruita nel corso degli anni una solida reputazione. Difficile scalfire lo zoccolo duro formato da una stretta fucina di fans assatanati che non avevano affatto digerito la dipartita di Ozzy. Ronnie, nonostante fosse meno folkloristico del suo predecessore, riuscì a conquistare tutti. Il successo planetario di “Heaven and Hell” fu il miglior biglietto da visita.
Rimase ufficialmente con il gruppo circa tre anni, ma il rapporto con la band non si interruppe mai definitivamente, tanto che la successive incarnazioni musicali lo videro protagonista sempre accanto a qualche membro dei Sabbath. La Dio’s Band fu il gruppo al quale si legò maggiormente. Riuscì a pubblicare una decina di album. Su tutti “Holy Diver”, un disco che riflette l’energia del suo leader. Ronnie parlando dei Dio tenne a precisare che la band non era la semplificazione di un suo progetto solista: “Dovete cercare di comprendere che questo è un vero e proprio gruppo, il cui intento è sempre stato quello di fare buona musica a prescindere da ciò che può rappresentare il mio nome”.
La sua ultima band furono gli Heaven & Hell, incarnazione dei Black Sabbath, con Tony Iommi, Vinny Appice e Geezer Butler. Nel 2009 riuscirono a pubblicare l’ultimo album, “The Devil You Know”.
Ronnie James Dio è morto il 16 maggio 2010, a 67 anni, in un ospedale di Houston, in Texas, per un tumore allo stomaco.
 
Marco Pipitone


HANNO DETTO DI LUI:
La musica metal, con la morte di Ronnie James Dio, ha perso una delle sue più grandi voci”.
Ozzy Osborne


Ieri, 16 maggio 2010, il mio caro amico Ronnie James Dio si è spento alle 7.45 del mattino, ora di Los Angeles [16.45 ora italiana, ndr]. Sono rimasto totalmente scioccato perché non riuscivo a credere che fosse vero, che Ronnie se ne fosse andato. Era una delle persone più gentili che io abbia mai conosciuto: abbiamo vissuto momenti fantastici insieme. Ronnie amava fare musica e dare tutto sul palco. Amava i suoi fan. Era un uomo generoso e metteva tutto se stesso per aiutare gli altri. Posso dire sinceramente che è stato un vero onore suonare al suo fianco per tutti questi anni. La sua musica vivrà per sempre. Il mio pensiero va a Wendy che è stata al fianco di Ronnie fino alla fine; lui la amava tanto. L’uomo con la voce magica è ora una stella tra le stelle. È stato un vero professionista. Mi mancherai tanto, Ronnie, mio grande amico. Riposa in pace”.
Tommy Iommi


Ronnie aveva una voce unica e meravigliosa. Sarà una grande mancanza nel mondo del rock’n’roll”.
Ritchie Blackmore


Sappiate che lui vi ha amato tutti e che la sua musica vivrà per sempre”.
la moglie Wendy


Caro Ronnie, grazie a te ho avuto la forza ed il coraggio di salire su un palco per la prima volta. Ricordo come se fosse accaduto ieri il pellegrinaggio che ho compiuto nel 1976 fin sotto il Plaza Hotel di New York per vedere se riuscivo ad avere una tua foto, un tuo autografo, qualsiasi cosa che potesse in qualche modo avere a che fare con te, che eri e che sei ancora il mio idolo: poche ore dopo ti sei affacciato, hai dispensato autografi a destra e a manca, ti sei persino fermato a scambiare quattro battute con noi fans… credimi, in quel momento ero in cima al mondo, ispirato e pronto a tutto. E quando abbiamo avuto finalmente l’occasione di suonare assieme in Austria nel 2007, mi hai letteralmente riportato indietro nel tempo a quando ero solo un moccioso che, 31 anni prima, traeva ispirazione da te”.
Lars Ulrich, leader dei Metallica



NON TUTTI SANNO CHE:
A Ronnie James Dio è attribuito per primo l’uso delle corna nel mondo della musica rock. A tale riguardo l’artista ha dichiarato: “Ancora una volta l’origine deriva dall’usanza italiana di indicare con le corna quando un uomo viene tradito dalla sua donna. Mi sembrava un segno potente e cattivo e così ho iniziato ad usarlo sul palco. Devi essere sicuro di farlo, però, nel modo giusto perché si fa solo con l’indice e con il mignolo tenendo il pollice sopra il medio e l’anulare che vanno piegati. So che molti usano anche il pollice in fuori, mostrando tre dita, per simboleggiare il diavolo, ma questo non ha alcun senso, anzi ha un significato completamente diverso. Sai che mostrare pollice, indice e mignolo vuol dire “I Love You” in linguaggio muto? È uno dei segni più semplici e fra i primi che si insegnano ai muti. È curioso che sia stato travisato e usato addirittura per lo scopo contrario”.


Durante la commemorazione pubblica, che si è svolta il 30 maggio al Forest Lawn Memorial, hanno partecipato più di 1.200 persone. Erano presenti anche alcuni amici e colleghi del cantante quali Glenn Hughes dei Deep Purple, Geoff Tate dei Queensryche e Paolo Shortino dei Quiet Riot.

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