- n. 5 - Settembre/Ottobre 2019
- Cultura
I segreti della foresta
Il rituale funebre degli antichi popoli del Sudamerica: gli sciamani ed i viaggi nella foresta sacra tra riti e l’interpretazione dei sogni.
La foresta è un elemento importante da un punto di vista simbolico come metafora della trasformazione. È
legata all’idea dell’inconscio, del sacro e dell’ignoto.
Per gli antichi popoli del Sudamerica, che vivevano in un continente caratterizzato da fitte foreste, essa
era il luogo sacro per eccellenza che collegava gli spiriti dei defunti con il mondo dei vivi. Qui venivano amplificate tutta una serie di visioni proprie del
culto animista, una concezione secondo cui ogni fenomeno e ogni cosa dell'universo sono dotati di anima: in base a ciò vengono attribuite qualità divine o soprannaturali a oggetti, luoghi o esseri materiali.
L’idea dell’aldilà per queste popolazioni era connessa in modo profondo a tale pensiero; e pertanto si credeva che anche gli animali e le piante possedessero un’anima che viveva in armonia con il cosmo. Oltretutto la visione della natura “animata”, stava a sottolineare proprio il limite dell’uomo nei confronti della morte intesa come qualcosa di astratto e difficile da comprendere. Il rito quindi, considerato come elemento di passaggio,
serviva a sopperire all’angoscia dell’uomo di non riuscire ad elaborare il lutto (un po’, d’altronde, come avviene tuttora).
É molto interessante il legame che i vivi volevano mantenere con i morti. Il culto degli antenati era uno dei mezzi utilizzati per continuare questa stretta relazione con il defunto. Fondamentale era la figura dello
sciamano, colui che si poneva come mediatore tra i due mondi. Lo sciamano deteneva un rapporto privilegiato con gli spiriti degli antenati e si relazionava con i morti a favore dei vivi. Poteva viaggiare nell’aldilà per recuperare un’anima rapita da un defunto, o guarire in modo magico attraverso modalità inspiegabili. Con il rito funebre gestito dallo sciamano, l’individuo non si accontentava di subire gli eventi, come quello della morte in questo caso, ma li trasformava dandogli una connotazione umana più facilmente gestibile e comprensibile.
La
relazione tra religione e magia era molto forte e costituiva un aspetto rilevante e ben radicato nella comunità. Gli Indiani del Sudamerica nel corso della loro storia hanno subìto forti stravolgimenti ed evangelizzazioni. L’arrivo dei bianchi ha sconvolto in modo considerevole la loro cultura rituale. Per questo motivo spesso alcune tradizioni legate al culto dei morti sono state dimenticate o hanno subìto cambiamenti ingenti a seguito della commistione con il sistema di credenze dei colonizzatori.
Il sistema delle credenze magico-rituali degli sciamani era comunque un elemento identificativo e lo sciamano stesso era l’unico intermediario tra il mondo degli uomini e quello degli spiriti. I rituali funebri, più o meno complessi, avevano sempre come filo conduttore l’ascensione al luogo della quiete eterna dopo il passaggio, che avveniva tramite una cerimonia in cui gli elementi naturali come l’acqua, il vento o la terra rivestivano una grande importanza.
Alcuni rituali specifici
Analizzando nello specifico i rituali dei diversi popoli del Sudamerica si evince quanto le loro idee a riguardo fossero simili. Le tradizioni ovviamente variavano. A volte l’anima ascendeva al cielo subito dopo il rito dell’ultimo saluto, altre volte invece doveva compiere un viaggio ed attraversare luoghi simbolici come la foresta o il fiume, e, in questo caso, era usanza seppellire i morti lungo le sue sponde per facilitarne il viaggio. Come in molte altre culture, sulle tombe venivano spesso lasciati oggetti di uso comune affinché il defunto potesse utilizzarli nel suo percorso verso l’aldilà.
Le pratiche funebri dei
Kuna, originari di Panama, prevedevano, ad esempio, che il corpo del defunto scorresse sul fiume ancorato ad una specie di amaca. Il filo che lo fissava all’amaca rappresentava simbolicamente il cordone ombelicale che lo teneva ancora legato al mondo terreno. Tagliare quel filo indicava avviare una separazione netta che permetteva di razionalizzare il lutto.
Il rapporto con la natura, come abbiamo già detto, era di grande importanza e dopo la colonizzazione è divenuto fondamentale anche quello con Dio, inteso come entità superiore e simbolo della perfezione assoluta.
Un altro elemento rilevante che troviamo in quasi tutte le comunità delle popolazioni del Sudamerica, è quello che esprime il collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei trapassati attraverso la sfera onirica.
I sogni erano spesso il tramite con cui gli spiriti degli antenati comunicavano con lo sciamano. I
Waiwai, un’antica comunità del Brasile che oggi conta solo poche migliaia di individui, aveva un rapporto con l’oltretomba strettamente connesso al linguaggio dei sogni e lo sciamano era la vera guida della comunità; le predizioni che provenivano dalle sue pratiche influenzavano, infatti, in modo sistematico la vita delle persone.
La visione dei
Runa dell’Ecuador, stabilisce che l’aldilà fosse posizionato all’interno della foresta sacra ed il defunto poteva accedervi solo a seguito della funzione con cui veniva bruciato il corpo e liberata l’anima.
La libertà era un’idea profondamente legata all’aldilà, la massima aspirazione per popoli che in vita avevano conosciuto la schiavitù. Uno dei detti indiani più antichi recitava che:
“i morti sono liberi” e forse è per questo che immaginavano che il mondo ultraterreno fosse privo di sofferenza e di giudizio, uno spazio senza tempo in cui con ogni probabilità le anime trovavano finalmente la pace dopo aver dovuto sopportare ogni tipo di sopruso dai colonizzatori quando erano in vita.
Miranda Nera