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Una vita d’amore e d’anarchia

Un ricordo di Lina Wertmüller, prima donna candidata all’Oscar per la regia.

Il 2021 se n’è andato portando con sé la grande cineasta Lina Wertmüller, un’icona del nostro cinema, conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo.

Mi accingo a scrivere questo pezzo a qualche ora dalla conclusione della cerimonia di addio che ho seguito con commozione in diretta TV. Anche se al momento della pubblicazione di questo articolo saranno passate diverse settimane dalla sua scomparsa, sento doveroso dedicarle un ricordo perché è una donna che con la sua personalità e la sua arte ha lasciato un segno profondo nel mondo del cinema e dimenticarla è e sarà semplicemente impossibile.

Nata nel 1928 si è spenta lo scorso 9 dicembre a 93 anni. Spirito libero - ''Sono andata dritta per la mia strada, scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva", dirà di se stessa – è stata una delle prime registe donna, la prima in assoluto ad essere stata candidata all’Oscar nel 1977 per il film Pasqualino sette bellezze. Quella volta non ottenne la preziosa statuetta, le venne conferita solo nel 2000, come premio alla carriera “per il suo provocatorio scardinare con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita: la cinepresa”.

Come il titolo di uno dei suoi primi film, la sua esistenza è stata una storia d'amore e d'anarchia, a cominciare dal suo rapporto con il marito Enrico Job, il grande amore della sua vita scomparso nel 2008, e con Maria, la figlia di lui avuta fuori dal matrimonio, che Lina accoglierà come un dono dal cielo. Carattere forte e ribelle, fin dall’infanzia dimostra una insofferenza alle regole, un’allergia alla disciplina e un’inclinazione ad insorgere contro le ingiustizie, atteggiamenti che le costarono anche l’espulsione da diverse scuole. Non stupisce pertanto che nel 1964 abbia messo in scena Il Giornalino di Giamburrasca, interpretato da una giovanissima Rita Pavone, ritrovando nella natura del più famoso monello della TV tanto di se stessa.

La sua indole allegra e spiritosa - “Ho sempre vissuto sul sunny side of the street (il lato al sole della strada)”, scrive nella sua autobiografia – si rifletteva anche nel suo look: i capelli corti alla maschietto e gli iconici occhiali dalla montatura bianca che tutti ricordiamo, hanno rappresentato il suo tratto distintivo tanto da diventare essa stessa un personaggio, come una protagonista dei suoi film.

Schietta e a volte tagliente, detestava le adulazioni e le ipocrisie andando sempre dritta al punto. La sua carriera è stata a dir poco formidabile, cimentandosi, oltre che nel cinema, nelle varie discipline dello spettacolo (teatro, radio, televisione, musica) e sapendo gestire con talento e fermezza qualsiasi tipo di situazione, seguendo solo il suo istinto, mai piegandosi ad alcun tipo di pressione. Sempre dalla parte delle donne e dei meno fortunati, è stata molto legata alla città di Napoli, che ha saputo raccontare in modo magistrale, tanto da meritarsi la cittadinanza onoraria dall'allora Sindaco Luigi de Magistris.

È Federico Fellini ad avvicinarla alla “settima arte” esordendo come aiuto regista sul set di 8 ½. Nel 1963 gira il suo primo film I Basilischi ma il primo vero successo lo raggiunge con Mimi metallurgico ferito nell’onore del 1972 dove ha lanciato la straordinaria coppia Giannini/Melato.

La prima cosa che colpisce dei suoi film sono sicuramente i lunghissimi titoli dal sapore sarcastico: Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza...”; Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici; Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto; Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica … tanto per citarne alcuni. C’è chi scherzando suppone che sia stata ispirata dal suo nome completo, registrato all’anagrafe come Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich!
Le sue pellicole si possono definire l’evoluzione della “commedia all’italiana”, uno spaccato satirico e pungente, ma allo stesso tempo leggero e divertente, sulla società. Attraverso i suoi personaggi grotteschi analizza con passione e lucida ironia gli stereotipi che caratterizzano i nostri costumi, come il contrasto Nord/Sud, i conflitti politici tra borghesia e proletariato, i ruoli sociali dell’uomo e della donna particolarmente complessi e dibattuti negli anni Sessanta e Settanta del ‘900. E nonostante si sia soffermata soprattutto sui vizi e virtù del Belpaese, il suo successo è stato internazionale, tanto che in vita il suo talento è stato riconosciuto ed omaggiato da molte stelle di Hollywood.

Non si contano i ricordi e le dichiarazioni spontanee che sono giunte alla notizia della sua scomparsa. Amici, colleghi, attori e tanta gente comune le hanno dedicato sentiti pensieri di stima e di affetto. "Mi ha forgiato come il pongo" ha dichiarato Giancarlo Giannini, l’artista a cui Lina era forse più legata, "ho fatto con lei i film più belli, è stata la mia maestra, senza di lei sarei rimasto un perito tecnico!". Sophia Loren parla di "un dolore immenso, il suo è un mito che verrà a mancare per sempre. Per me è come se fosse morto un familiare". Non sono mancati attestati da parte delle istituzioni, primo fra tutti quello del Presidente Sergio Mattarella che l’ha definita ''regista e intellettuale di grande finezza, che ha dato vita in tutta la sua prestigiosa carriera cinematografica a film e personaggi indimenticabili'', mentre il Ministro della Cultura, Dario Franceschini dichiara: "L'Italia piange la scomparsa di Lina Wertmüller, una regista che con la sua classe e il suo stile inconfondibile ha lasciato un segno perenne nella nostra cinematografia e in quella mondiale”.

Per consentire l’omaggio al pubblico il Sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri, ha fatto allestire la camera ardente in Campidoglio, mentre i funerali si sono tenuti nella Chiesa degli Artisti, officiati da Don Walter Insero, amico personale della cineasta che l’ha salutata con un ricordo commovente: "Ha raccontato umili e oppressi, mettendosi sempre dalla loro parte, con intelligenza e ironia...” ha affermato il sacerdote “una donna che esprimeva e comunicava la sua gioia di vivere, che si era definita 'regista del buonumore' e che amava Papa Francesco perché diceva che lui arrivava al cuore delle persone con la sua simpatia” e ancora “una donna semplice, nonostante il grande successo e i premi internazionali: non badava ai riconoscimenti pur apprezzandone il valore…”.

Una funzione coinvolgente, presenziata da tanti volti famosi che si sono ritrovati insieme per l’ultimo saluto a Lina. Sul cofano, posto davanti all’altare, oltre ai fiori e ad una sua foto, non poteva mancare un paio dei suoi mitici occhiali bianchi. Fuori dalla chiesa una folla di estimatori della grande regista ha salutato il feretro con un lungo e caloroso applauso a testimonianza dell’affetto di tanta gente comune.
 
Raffaella Segantin

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