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Onoranze Funebri

Regole per una corretta comunicazione commerciale

Prendendo spunto da una importante sentenza del Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, di seguito si evidenziano alcune condotte che l’imprenditore funebre dovrebbe seguire per evitare contestazioni circa le comunicazioni commerciali. Sul presupposto che l’attività funebre generalmente intesa rientra pacificamente fra quelle definibili di “pubblica utilità”, è ovvio che la comunicazione commerciale debba essere trattata con attenzione e con criteri particolari rispetto a quelli che sovraintendono l’esercizio della pubblicità delle altre attività produttive.
Il dolente, nel momento in cui si trova nella necessità di rivolgersi ad imprenditori del settore, è in stato di particolare stress fisico e mentale e, in tali condizioni, il cervello esclude i circuiti esecutivi frontali e utilizza quelli più primitivi dell’area sub corticale. In sostanza lo stress riduce lo spazio di attenzione con la conseguenza che il consumatore è più facilmente vittima di messaggi pubblicitari ingannevoli. È quindi essenziale, per evitare contestazioni sulla possibile ingannevolezza del messaggio pubblicitario, che lo stesso sia il più completo e lineare possibile.
Secondo la migliore Dottrina, (Geremia Casaburi, Giudice del Tribunale di Napoli, Giur. merito 2006, 3, 622) la pubblicità ingannevole, in quanto fattispecie di concorrenza sleale, comprende nella sua struttura due aspetti sostanziali: l’idoneità a indurre in errore le persone e la lesione potenziale dell’interesse del concorrente, ricondotto in primo luogo allo sviamento di clientela derivante dalla ingannevolezza. Attraverso il messaggio decettivo, un imprenditore induce l’acquirente all’acquisto di un bene o di un servizio, così sottraendo una quota di mercato ad altri concorrenti, ovvero conservandone una che, in caso di corretto operare del mercato, gli sarebbe stata sottratta (Elia). Il decreto legislativo n. 145/07, definisce la pubblicità come “qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di una attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi”.
La definizione offerta dal legislatore del termine “pubblicità” è stata interpretata nella prassi in modo molto estensivo includendovi, a solo titolo esemplificativo, le seguenti attività: gli opuscoli e le guide tecniche qualora contengano consigli tendenti ad orientare le scelte economiche del consumatore; i segni distintivi, quali l’insegna degli esercizi commerciali o la carta intestata, in quanto di per sé idonei a promuovere l’attività economica dell’azienda stessa, nonché il marchio qualora, per via del contesto in cui è inserito, assuma valenza pubblicitaria; la confezione del prodotto.
Per quanto riguarda le forme di diffusione, oltre a quelli tradizionali quali radio, televisione, posta, ..., vi sono oggi ricomprese anche le comunicazioni via sms ed e-mail. A mente dei decreti legislativi 145 e 146/2007, entrati in vigore il 21 settembre 2007 a recepimento della Direttiva Europea 005/29/CE, la pubblicità deve essere riconoscibile come tale e, in particolare, quella a mezzo stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione. Sempre secondo le definizioni fornite dal legislatore è ingannevole quella pubblicità che “in qualsiasi modo” è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta, pregiudicando il loro comportamento economico o la lealtà della concorrenza. Il decreto legislativo sopra menzionato indica, tra gli elementi da considerare ai fini di una valutazione della ingannevolezza della pubblicità, anche le caratteristiche dei beni o dei servizi reclamizzati, i loro prezzi, le condizioni di fornitura e le categorie o le qualifiche proprie dell’operatore pubblicitario.
Il Codice di Autodisciplina, pur non definendo il concetto di ingannevolezza della comunicazione commerciale, all’articolo 2 sancisce che “la comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, di ambiguità e di esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o i riconoscimenti ...”. Ciò che si deve evitare è che la comunicazione commerciale sia tale da “indurre in errore i consumatori”. Parametro di riferimento è, sempre secondo quanto dettato dall’articolo 2, il consumatore medio. L’articolo 21, comma 2, del Codice del Consumo riformato tipizza due ulteriori azioni ingannevoli: quelle confusorie e il mancato rispetto di impegni (fermi e verificabili) previsti in un codice di condotta che il professionista si è impegnato con il consumatore a seguire. In tali casi la pratica è in sé considerata suscettibile di indurre in errore il consumatore.
Chiariti gli elementi essenziali caratterizzanti l’ingannevolezza del messaggio pubblicitario, nell’ambito delle onoranze funebri, ove come è ben noto le prestazioni che caratterizzano il servizio sono molteplici, l’istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha ritenuto ingannevole la scelta di un operatore del settore che a caratteri cubitali, e quindi con uno strumentale utilizzo della grafica pubblicitaria, si dichiarava disposto ad effettuare la generica prestazione del “funerale” ad un determinato prezzo (anch’esso indicato a caratteri cubitali), salvo poi precisare, con caratteri di stampa infinitesimali, che al costo pubblicizzato erano offerte solo alcune delle prestazioni di cui si compone il rito funebre. Il messaggio, difatti, ingenera nel consumatore l’erroneo convincimento di potere ottenere l’intera prestazione alla cifra promessa salvo poi scoprire, suo malgrado, che per il completamento del servizio sono necessarie altre spese.
 
Avv. Alberto Fachinetti
a.fachinetti@oltremagazine.com

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