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Gli italiani e l’Aldilà

Tra fede, ateismo e incertezza gli italiani cercano risposte confortanti a una delle domande più importanti dell’essere umano.

«Non credo nell’Aldilà. Ma spero di sbagliarmi». Era probabilmente poco più di una battuta quella pronunciata da Umberto Eco in un’intervista rilasciata a un quotidiano in occasione dell’uscita di un suo libro.

Eppure, coglie bene almeno una parte del senso generale che si ricava analizzando gli atteggiamenti che gli italiani esprimono nei confronti dell’Aldilà. Se esista qualcosa dopo la morte, e che cosa, è certamente una delle domande più importanti che gli esseri umani si siano mai posti. Ma a questa domanda, gli italiani danno risposte decisamente variegate e anche colorite.

Le risposte degli italiani

Partiamo dai dati nudi e crudi. Se chiediamo, come ha fatto Orme pochi mesi fa, agli italiani di rispondere in modo secco alla domanda “Alcuni credono che dopo la morte le persone cessino semplicemente di esistere, mentre altri credono che le persone continuino ad esistere in qualche forma dopo la morte. A quale di queste due opinioni si sente più vicino/a?” ancora oggi è la seconda delle due opzioni a raccogliere il maggiore consenso, come mostra la prima delle due tabelle che corredano queste pagine. Ma se fossimo in una competizione elettorale si tratterebbe di una maggioranza relativa, non assoluta: il 45%. In ogni caso, oltre il doppio di coloro che scelgono la prima delle due risposte, ovvero il 22%. Non bastano quindi queste due opzioni a completare il quadro. La ragione è che ben un terzo degli italiani, il 33%, dichiara di non saper scegliere tra queste due risposte.
Le dimensioni degli incerti non sono poi molto distanti da quelle rilevate in altri Paesi europei. Ma si tratta di numeri superiori a quelli registrati in Italia prima della diffusione, improvvisa e inaspettata, della pandemia da Covid-19, come testimoniano i dati pubblicati nel volume Morire all’italiana. Pratiche, riti, credenze (a cura di Asher Colombo, Bologna; Il Mulino, 2022).
È plausibile che il sensibile aumento della mortalità riconducibile alla pandemia abbia avuto come effetto non tanto un aumento della credenza nell’Aldilà o, viceversa, una riduzione di questa credenza, ma un’espansione, di dimensioni non trascurabili, dell’area degli incerti. Di coloro che, insomma, non sanno dire se siano più convinti dell’esistenza dell’Aldilà, o della sua implausibilità.
Naturalmente la credenza nell’Aldilà è distribuita in modo tutt’altro che uniforme nella popolazione italiana. È più alta tra le donne, dove è maggioritaria, che tra gli uomini, i più incerti. Ed è lievemente più salda tra gli strati relativamente meno privilegiati della società. Ma è il grado di religiosità degli individui - ovvero quanto robusta sia in loro la credenza in Dio e quanto assidua la pratica religiosa - a costituire un importante, forse il più importante, fattore di strutturazione delle credenze verso l’Aldilà. Così sono ovviamente coloro che credono in Dio a essere più convinti dell’esistenza di un mondo ultraterreno, mentre sono gli atei e agnostici ad avere più dubbi. Eppure, questo resoconto nasconde un fenomeno ancora più interessante. Si tratta dell’elevatissimo grado di eterodossia delle dichiarazioni relative all’Aldilà. O, per meglio dire, di quelle che possono apparire vere e proprie contraddizioni.

Non sono per niente pochi, infatti, i credenti che dichiarano di non credere che ci sia una vita dopo la morte e sono ancora di più gli atei o agnostici che dichiarano, invece, che dopo la morte le persone continuano in qualche modo a vivere, o che comunque sono incerti se sia così o no. A studiarlo da vicino, l’Aldilà si presenta come un terreno disseminato di incoerenze, di sorprese, di ambiguità, di distinguo anche macroscopici. Così è perfettamente possibile che una 62enne da noi intervistata che si definisce atea, che proviene da una famiglia dove nessun funerale è mai stato celebrato in chiesa e in cui è sempre stata scelta la cremazione affermi: «io penso che quando uno è morto dopo non c’è più niente». Salvo raccontare, poco dopo, che è con la madre defunta da 10 anni che le capita di parlare, di confrontarsi, di chiedere consigli, in un dialogo a volte interiore a volte no. E che è all’aiuto e alla protezione diretta dei genitori che attribuisce la riuscita di una difficile operazione a cui ha dovuto sottoporsi anni prima.

Per quanto variegata, l’ampia e caotica costellazione di credenze può forse essere ricondotta a quattro tipi principali.
Il primo è quello più semplice. È costituito da coloro che si dichiarano credenti, e che sono convinti dell’esistenza dell’Aldilà. Solo apparentemente, però, si tratta di un aggregato uniforme. Al suo interno convivono posizioni decisamente variegate, oltre che eterodosse. Ci sono coloro che credono nell’Aldilà, ma sono convinti che esista solo il Paradiso, e che nessuno, nemmeno il più cattivo, vada davvero all’Inferno («anche il parroco mi ha detto che l’Inferno non esiste», ci ha detto un’intervistata). Ed esistono coloro che sono sì convinti della sopravvivenza dell’anima, ma molto scettici sulla resurrezione dei corpi, cardine della dottrina cristiana (2° tabella).
Un secondo gruppo è costituito da quelli che potremmo definire “sedicenti materialisti”: non credenti che non credono nell’Aldilà. Ma nemmeno questo gruppo appare così uniforme. Intanto perché ne fa parte anche un discreto numero di credenti, piuttosto scettici tuttavia sull’esistenza dell’Aldilà. Come dice un pensionato cattolico 72enne: «Ma no. Per me non c’è niente di là. Tutto quello che c’è, è qua. È qua e basta». Poi perché tra gli appartenenti a questo gruppo possono improvvisamente comparire pratiche concrete che implicitamente rivelano la credenza nell’esistenza di una vita dopo la morte. Queste vanno dal rivolgersi al defunto con il “tu” in un post su Facebook, fino addirittura al trovarsi davanti a una lapide al cimitero ad aggiornare un defunto su quanto accaduto nel mondo dal momento della sua morte, in barba alle proprie credenze.
Anche il terzo gruppo è popolato di non credenti. Per loro però l’esistenza dell’Aldilà non è in discussione. L’Aldilà esiste e assume varie forme. Si può trattare di una sorta di “immortalità terrena”, che si concretizza nel mantenimento della memoria e del ricordo di chi non c’è più. Così una giovane agnostica è sicura che «Paradiso, Purgatorio, Inferno non esistono. Però c’è un legame con le persone che non ci sono più. È legato alla mia vita. Loro sono come una presenza. C’è un influsso. Qualcosa che rimane dentro. È la memoria. E non è una presenza morta, è una presenza viva. La chiamerei una “presenza energetica”». Ma può trattarsi anche della credenza nella reincarnazione, diffusa, come mostra la tabella, in poco meno del 43% di coloro che si dichiarano atei o agnostici.
Infine troviamo coloro che potremmo chiamare i “new age”. Si tratta di donne e uomini che hanno dell’Aldilà una visione “cosmologica” e “olistica”, in cui l’uomo è parte di un tutto in continua trasformazione. In questa cornice, la morte è concepita solo come una tappa di questa trasformazione che conduce a nuove esistenze, che possono essere materiali o spirituali.
A ben vedere, quindi, l’aforisma di Eco sembra ancora appropriato. Ci ricorda che siamo incerti, e che rispondiamo all’incertezza – oggi di dimensioni tutt’altro che contenute - generando risposte confortanti. Non sappiamo se le generazioni del passato credessero alle proprie risposte più di quanto noi crediamo alle nostre. Sembra però che, almeno, oggi disponiamo di un più ampio ventaglio di scelte.


Per approfondimenti consultare il sito: www.cattaneo.org/orme
 
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