Dal Brasile alle Galapagos, dalla terra ferma alle isole. Il nuovo mondo e il suo rapporto con i cimiteri e con i riti. Dalle tradizioni importate dagli immigrati europei alle sepolture dei popoli indios. E con un balzo in medio oriente e in Giappone.
Dal marmo alle foreste, dai cimiteri cattolici a quelli non cristiani. Il Sud America, anche su questo fronte, ha un forte legame con l'Europa, grazie alle ondate migratorie succedutesi nei secoli dal vecchio al nuovo continente.
"Ci sarebbe da fare un discorso a parte sui cimiteri dei popoli indios. Infatti i cimiteri che troviamo oggi con i caratteri più diversi sono quelli delle zone andine o del centro America al confine tra Messico e Nicaragua, o Guatemala. Luoghi ancora abitati da popolazioni indigene o con alcune tradizioni ibride, come in alcune parti del Guatemala dove si usano tombe con piastrelle colorate. Per il resto la tradizione urbana è molto simile a quella europea, anche perché gran parte dei fondatori dei grandi cimiteri metropolitani sono gli immigrati. Quelli della prima generazione: tedeschi, italiani, polacchi".
Giovanni Allegretti, docente di Gestione Urbana all'Università di Firenze, è intervenuto, a Tanexpo 2006, al Convegno su cimiteri e crematori.
"Questi immigrati monumentalizzavano le tradizioni, estremizzando il potere dei pantheon familiari nella misura in cui, proprio da ex poveri, riuscivano ad arricchirsi nei paesi di arrivo. E queste tombe rappresentavano la loro famiglia. Vi sono però differenze in singole zone molto legate al rapporto con la natura: penso ad alcune isole delle Galapagos, ma anche a isole molto vicine alla terraferma come quelle della laguna di Rio de Janeiro, che hanno cimiteri di marmo, con molte scalinate mangiate dalle piante, ma inseriti in contesti forestali con un forte sottobosco. Sono particolarità locali legate alla mancanza di spazi e al legame con aspetti naturali piuttosto che con tendenze sociali".
L'altro elemento classico dei cimiteri sudamericani è quello del camposanto comunitario.
"Sono i cimiteri delle nuove confessioni cristiane non cattoliche. In Brasile risale agli anni '30 dell'Ottocento l'accordo per seppellire le persone di religione protestante in cimiteri specifici sul territorio o con comparti dentro i cimiteri pubblici. Questi ultimi andavano nascendo appunto con la sottrazione del potere alle Chiese, in Europa come in America del Sud. La differenziazione tra le tradizioni cimiteriali risale invece alla metà del Novecento, per un processo sociale e politico di avvicinamento agli Stati Uniti e per la nascita di numerosi gruppi evangelici e battisti legati al modello statunitense. Modello che entra in Sud America anche con lo scopo di allontanare la cittadinanza dall'impegno politico-sociale e di spingerla a concentrarsi sulla vita privata, di cui fa parte anche la sfera della morte. Con l'entrata di questi gruppi si ha l'inizio della differenziazione: non dimentichiamo che nel mezzo, oltre ai cimiteri confessionali cattolici, c'è stata l'ondata di migrazione del primo e secondo Novecento proveniente dal Libano, dall'Egitto, dal Giappone. Quindi nuovi modelli cimiteriali che costituiscono una realtà meticcia, in particolare in Brasile e in alcune zone dell'Uruguay e dell'Argentina, paesi aperti ad accettare la convivenza fra tradizioni funebri diverse. Stati come il Brasile assumono, dopo la fine della dittatura, una forma federalista. Questo segna anche la fine della predominanza del solo rito cattolico e compare un fenomeno politico che tende al decentramento. Se in Europa si è inteso salvaguardare i cimiteri come luoghi della memoria collettiva, difendendone la proprietà pubblica e preservandoli dall'aggressione della città, in America del Sud ciò non avviene: le legislazioni hanno norme che riguardano l'incinerazione o i temi ambientali, ad esempio la collocazione geo-morfologica in rapporto alle acque o le regole sul trasporto delle salme. Spesso non sono norme ben fatte: il Brasile, ad esempio, è carente nella legislazione sulle morti violente e ciò crea problemi enormi. Ma su tutto il resto lasciano fare ai comuni. Ad esempio, la questione delle distanze è considerata un fatto urbanistico, quindi di stretta pertinenza locale. Questo fa sì che la mancanza di spazi non tuteli la distanza dai cimiteri, ma semmai si concentri proprio sul tentativo di individuare una serie di attività che non abbiano paura a convivere col cimitero, come attività produttive o di stoccaggio".
Allegretti non dimentica che nei paesi dove convivono molte religioni non ci si spaventa a guardare al cimitero anche come luogo abitato.
"Vi sono posti dove l'edilizia residenziale si avvicina molto ai margini del cimitero. In Iraq c'è il grande cimitero di Najaf , città meta di pellegrinaggio, dove addirittura i grandi alberghi vicini al cimitero hanno le camere più richieste che guardano al luogo di sepoltura, prenotate con un anno di anticipo rispetto alle festività musulmane. Ciò chiarisce che esistono culture in cui guardare al cimitero ha una valenza significativa. Pensiamo anche alla collocazione dei cimiteri giapponesi rispetto alle residenze".
Anche le questioni sanitarie, in Sud America, stanno oggi riesplodendo.
"Spesso i nuovi cimiteri si ritrovano ai margini delle città, in zone non appetibili all'edilizia legale. Sono quindi luoghi attorno a cui si stringe l'abitato informale, la città auto-costruita, che non ha sistemi sanitari e che preleva e scarica l'acqua e i rifiuti dove può. Si creano zone di contaminazione reciproca che stanno proponendo in alcuni Paesi gravi problemi, per eccesso di contiguità tra cimitero e abitato. Questa vicinanza talora diventa persino coabitazione. Conosciamo il caso dell'Egitto, in cui molte persone vivono nelle tombe di alcuni cimiteri curandole su mandato delle famiglie ed andando via solo nei giorni che ricordano i defunti. In Sud America ciò capita a livello illegale e alcuni pantheon familiari di grandi città ospitano persone che lì trovano un tetto, senza quel legame formalizzato che c'è in Egitto tra la famiglia proprietaria e gli occupanti. Emergono poi problemi derivanti dalla recrudescenza di alcune malattie che sembravano debellate come la dengue che sta ritornando persino nelle città ricche dell'area sud (San Paolo o Porto Alegre, in Brasile). Questo fa sì che si sviluppi un'attenzione diffusa. Basti pensare che su internet si trovano forum e chat in cui si chiede agli esperti di spiegare la contaminazione legata ai cimiteri. Un tema su cui la comunità si interroga. In alcuni Paesi si è rimasti all'idea del cimitero come luogo ai cui margini occorre costruire una sorta di cordone sanitario, con una forte attenzione ai rischi derivanti da inquinamento della falda acquifera. Non esiste in Brasile una legislazione per gestire lo smaltimento dei liquidi eventualmente prodotti dalla decomposizione che indirizzi le amministrazioni locali per l'ubicazione rispetto alla falda. Quindi la legge diventa ipergarantista, stringendo il cordone sulle norme di livello ambientale e rendendo quasi impossibile costruire nuovi cimiteri. Tant'è che un sindaco brasiliano, qualche mese fa, ha lanciato una provocazione che ha fatto il giro del mondo: in consiglio comunale ha chiesto di proibire per decreto, sul territorio, la morte. Un'azione intrapresa per far presente al Consiglio Nazionale dell'Ambiente brasiliano la necessità di rivedere l'interpretazione delle norme ambientali. E ha avuto effetto: nel febbraio 2006 è uscita una circolare del Conama che cambia l'interpretazione di alcune norme sui requisiti delle aree per nuovi cimiteri".
Va infine sottolineato come, in Sudamerica, il ricambio delle valenze sociali proponga nuovi modelli, come quello del cimitero-parco.
"Accade anche perché nei cimiteri tradizionali dopo la dengue non si possono più usare fiori freschi. La popolazione, per rispettare i propri rituali, tende a cambiarli. Il rapporto fra norme e costumi sociali è l'elemento su cui va a contestualizzarsi il dibattito sulle nuove forme di cimiteri, cambiando la tipologia tradizionale e sollecitando il cittadino a fare altrettanto. È importante discuterne con la cittadinanza, per mantenere umanità e rapporto col paesaggio, per calibrare i propositi di cambiamento".