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Quando la morte balla

La morte nel Medioevo: il senso comune della caducità della vita e il fiorire dei temi macabri.

Il Medioevo è stato un periodo storico lungo e controverso. La sua durata va dalla fine dell'Impero Romano (476 d.c.) alla scoperta dell'America (1492). In un arco temporale così vasto, l'uomo ha dovuto riorganizzarsi a seguito di eventi tragici, come ad esempio le epidemie di peste o le carestie. La vita non era facile e l'aspettativa di sopravvivenza decisamente bassa, nemmeno minimamente paragonabile a quella odierna (circa 45 anni): si campava poco e si moriva con estrema facilità.

Proprio in questa epoca nasce una iconografia della morte molto ricca. L'uomo ne ha paura ma allo stesso tempo acquisisce consapevolezza di essa, sa di essere fragile di fronte ad una fine inevitabile. Carestie e guerre erano molto frequenti, le città avevano condizioni igieniche precarie e le malattie si diffondevano rapidamente: la morte incomincia a diventare addirittura familiare. Molte opere pittoriche realizzate in quel periodo storico raffigurano vivi e morti gli uni accanto agli altri proprio a testimoniarne la presenza costante nella vita di tutti i giorni.

Malamorte e buonamorte

L’uomo medievale più che temere la morte in generale, temeva la malamorte. La malamorte era la morte improvvisa, ripugnante e macabra, che sopraggiungeva inaspettata e che non conduceva l'anima ad una serena reintegrazione con Cristo. Venivano considerate colpite da malamorte le persone pagane, oppure coloro che andandosene in modo improvviso non avevano potuto pentirsi dei propri peccati e abbracciare la grazia di Dio.

Il Cristianesimo ha avuto un ruolo sostanziale nella duplice declinazione della morte in malamorte e buonamorte. Era visto come la luce di una nuova speranza di salvezza ed aveva il ruolo delicato ed importante di mitigare l'immagine della morte e soprattutto il rapporto tra l’uomo e la sua visione dell'aldilà. Attraverso il Cristianesimo morire non era più l'evento drammatico, la fine assoluta, ma l'unico mezzo per accedere al regno dei cieli. È con esso che è nata l'idea della buonamorte. Chiunque fosse credente, grazie alla misericordia di Dio, poteva aspirare alla vita eterna e quindi ad ascendere al paradiso, abbandonando tutte quelle sofferenze proprie di una vita difficile e dura. Le differenze sociali venivano completamente eliminate. Il paradiso era di tutti e per tutti. Questa è un'idea rivoluzionaria per l'epoca poiché nell'ideologia arcaica erano molti i popoli che designavano un eternità felice solo per gli eroi mentre le persone comuni erano spesso costrette a vivere per sempre in città cupe, immaginate come triste trasfigurazione di quelle dei vivi.

Il mezzo grazie al quale si aveva la certezza della vita eterna dopo la morte era la fede.
Attraverso di essa si poteva ottenere la garanzia della resurrezione come quella di Cristo. Ovviamente, insieme alla fede, per raggiungere il paradiso bisognava aver seguito i dettami religiosi ed essersi pentiti dei i propri peccati tramite la confessione e la penitenza.

La danza macabra

Nel Tardo Medioevo si diffonde l’archetipo letterario della Danza Macabra che influenzò gli artisti del tempo, dando luogo ad una vasta iconografia. Il soggetto ha la funzione didattica di “memento mori” ("ricordati che devi morire") e coinvolge tutte le categorie sociali, inclusi papi e principi. La nascita di questo filone tematico la si deve alla grande pestilenza del 1348 che decimò in modo impietoso le popolazioni di tutta Europa, senza alcun riguardo per le classi di appartenenza o per il censo. È in questo periodo che nelle chiese fioriscono raffigurazioni pittoriche sul tema. Il soggetto è sempre lo stesso: la consapevolezza che la morte ci cammina a fianco ed è certa per chiunque. Si rappresentano infatti scene in cui uomini e donne delle diverse estrazioni sociali danzano assieme ad inquietanti scheletri. L'iconografia della morte che incomincia ad affermarsi verso il XIII secolo, arriva fino al rinascimento con un a serie di simboli che successivamente faranno parte del nostro immaginario collettivo.

Uno dei soggetti più interessanti del rituale macabro è rappresentato nell'opera pittorica dei Tre vivi e dei tre morti datato 1350 circa, ispirato ad un poemetto medievale. Il dipinto raffigura tre cavalieri che in una battuta di caccia, incontrano nella foresta tre cadaveri viventi. La metafora di quest'opera è, ancora una volta, la caducità della vita e la consapevolezza che la morte può sopraggiungere in qualunque momento.

Il trionfo della morte

Un altro tema correlato, che anch’esso inizia ad affermarsi nei primi anni del Trecento, è rappresentato dal trionfo della morte. Qui essa rappresenta la giustizia sociale che livella tutti in modo inesorabile. Nelle opere in cui la morte viene dipinta nel suo trionfo, viene raffigurata come uno scheletro, oppure come una orribile vecchia signora a cavallo che brandisce una minacciosa falce.

Interessante è l’affresco che si trova sulla facciata dell’Oratorio dei Disciplini a Clusone, in provincia di Bergamo, dove nello stesso dipinto troviamo entrambi i soggetti: una danza macabra sovrastata dal trionfo della morte, un ulteriore monito che alla fine, con la sua ineluttabilità, la “nera signora” vince sempre e comunque su tutti e su tutto.
Le opere che vengono realizzate da questo periodo in poi hanno sempre uno scopo educativo, sono un invito a non gioire troppo del proprio stato di prosperità o di felicità perché la morte arriva sempre e spesso lo fa in modo del tutto inaspettato. Non mancano comunque in questa epoca anche rappresentazioni del giudizio finale e dell'inferno come pure immagini di santi gloriosi che indicano la speranza.

Questa tipologia di raffigurazioni è arrivata fino al Rinascimento che ha definito il tema della morte e del lutto in una chiave molto diversa. L'uomo medievale mitigava la sua angoscia della morte con la religione, l'uomo rinascimentale invece la temeva a tal punto che desiderava addirittura vincerla tramite l'immortalità.
 
Miranda Nera


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