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Gli abbracci spezzati

Quando l'amore cambia la vita

Ovvero, l’ultimo capolavoro firmato Pedro Almodòvar. La storia è quella di Mateo Blanco, regista e sceneggiatore in erba determinato a raggiungere il successo. In occasione delle riprese di un suo film Mateo incontra la bella Lena (Penelope Cruz), di cui si innamora perdutamente. Lena, ragazza dal difficile passato, è l’amante di Ernesto Martel, il più noto industriale madrileno dell’epoca. I due intraprendono una relazione clandestina molto passionale e dirompente. Ma un bruttissimo incidente stradale spezza i sogni e le speranze di entrambi: Lena muore sul colpo e Mateo perde irreversibilmente l’uso della vista. Una tragedia. Mateo cambia identità e si nasconde dietro lo pseudonimo di Harry Caine. La sua vita continua: abbandona la carriera di regista per dedicarsi totalmente a quella di sceneggiatore, aiutato dalla manager Judith e dal figlio Diego. Ma nonostante l’apparente indifferenza, Harry vive dei ricordi di un passato che non c’è più e nell’attesa rassegnata della morte.
Gli abbracci spezzati sono il prodotto di un Almodòvar più maturo e riflessivo. La storia di Mateo è profondamente malinconica e toccante. È la vita di un uomo completamente distrutta per la perdita della donna che ama, una vita che non è più vita, che è solo amara accettazione di un ingiusto presente. “Mateo è morto, Mateo è morto” sono le sole parole che Blanco ripete su quel letto di ospedale dopo l’incidente. Sì, è vero, Mateo è morto con Lena in quella macchina ed è stato sostituito dal cieco Harry Caine. È davvero affascinante (e allo stesso tempo inquietante) come la nostra vita possa “dipendere” da un’altra persona, come l’assenza o la perdita di quest’ultima possano modificare irreversibilmente la nostra esistenza e le nostre scelte future. Il caso di Mateo Blanco è non solo sintomatico, ma addirittura paradigmatico: morto l’amore della sua vita, Mateo non ha più senso di essere tale. Cambia identità e assume per sempre uno pseudonimo che è una sorta di protezione, da cui non può trapelare nulla di quello che fu. Harry vive da morto vivente, chiuso all’interno di uno schiacciante destino da cui non può (o non vuole) ribellarsi. Non crede più nella vita che gli ha tolto brutalmente tutto quello che aveva e che ha spento qualsiasi forza di lottare. Perché la vita è ingiusta. E la morte lo è ancora di più.
Almodòvar consegna alle sale cinematografiche un altro successo. Riconfermata ancora una volta Penelope Cruz, musa del regista ed interprete prediletta dei suoi personaggi femminili. Al suo fianco troviamo un eccellente Lluís Homar che si cala con maestria nel ruolo non facile di Mateo Blanco. Nel film tutto è perfettamente curato, dalla fotografia alla musica, dalla luce agli esplicativi movimenti di macchina. Attendiamo con entusiasmo il prossimo film del regista.
 
Laura Savarino


GLI ABBRACCI SPEZZATI
(Spagna, 2009)
 
di Pedro Almodòvar
Durata: 129 minuti
Cast: Penelope Cruz, Lluís Homar, Blanca Portillo, Josè Luis Gòmez, Rubèn Ochandiano

 
CURIOSITA'
 Il film intitolato “Chicas y maletas” (Ragazze e valigie) che i protagonisti stanno girando è una sorta di parodia di “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” del 1988. Per Pedro Almodòvar si tratta quindi di un’auto-citazione.
 
Ad ispirare il titolo del film è “Viaggio in Italia” di Roberto Rossellini; per l’esattezza ci si riferisce alla sequenza del ritrovamento negli scavi archeologici di Pompei dei due cadaveri abbracciati colti dalla lava, vista da Lena e Mateo (Penelope Cruz e Lluís Homar) in un momento di intimità.
 
Il film è stato girato tra Madrid e le isole Canarie.
 

CITAZIONI
“I film bisogna finirli, anche se alla cieca”.
Mateo Blanco/Harry Caine
(Lluís Homar)

 
LA CRITICA
«Gli abbracci spezzati è un melodramma sui meccanismi del potere nel mondo del cinema, una storia che negli anni ’50 sarebbe piaciuta a Billy Wilder o a Vincente Minnelli; detto in soldoni il film non emoziona, resta la maestria e la bravura di Penelope Cruz».
Alberto Crespi
(L’Unità)
 
«Da qualche film a questa parte Almodòvar ha abbandonato la componente più folkloristica del suo mondo per affrontare i nodi centrali del suo universo creativo, dove il cinema (nei modi dei suoi due generi preferiti, melodramma e noir) si incarica di dare forme alle passioni che lo hanno sempre infiammato, l’amore con tutte le sue pene e le sue gioie, la voglia di vivere nonostante i dolori e le delusioni, la forza del desiderio. Raccontate probabilmente con minor goliardia ma con maggior intensità e maturità».
Paolo Mereghetti
(Corriere della Sera)

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