- n. 2 - Febbraio 2001
- Psicologia
psicologia
Non mi sarei aspettato di trovare paginate di giornale (Corriere della Sera, lunedì 5 febbraio, pagina 9) dedicate alla vicenda un po' grottesca della scomparsa dall'aeroporto di Malpensa delle urne con i resti di quattro vittime italiane di un incidente aereo avvenuto in Venezuela.
I parenti che aspettavano le ceneri dei congiunti lamentano la mancata sorveglianza e denunciano l'ennesima assenza dello Stato; i responsabili dell'aeroporto dicono che è un mistero e che, forse, le urne sono state scambiate per contenitori di gioielli; gli intellettuali si indignano perché ancora una volta viene messa in discussione quella espressione di civiltà che è il diritto ad avere una sepoltura o quanto meno delle esequie funebri.
La mia idea è che si stia facendo troppo chiasso su un banale furto come ne avvengono continuamente negli aeroporti: il ladro ha arraffato quello che ha potuto nel poco tempo che aveva a disposizione sperando di prendere cose preziose e vendibili e solo per puro caso ha preso le quattro urne! D'altra parte, le ceneri di un morto, per quanto preziose per i suoi congiunti, sono ormai solo una "cosa" come un'altra, che viene messa dentro una scatola, viene trasportata con la stessa attenzione di qualsiasi altra "cosa" e può esser rubata come qualsiasi altra "cosa".
Mi chiedo se reazioni così spropositate come quella dei mass media di fronte alle urne funerarie rubate a Milano non possano contribuire a rafforzare l'idea di alcuni secondo la quale basta rispettare i morti osservando tutti i rituali perché la morte sia superata.
Voglio dire che il problema è che questi quattro poveretti sono morti e nessuna sorveglianza delle loro ceneri perché arrivassero a destinazione e nessun rituale tributato loro basterà a riportarli in vita.
Cosa ne pensa?
Giorgio F. (Lodi)
Le risponderò notando innanzitutto che Lei mi sembra esprimere una posizione di fronte alla morte molto diffusa nel "senso comune": la morte di una persona cara è una situazione senza via d'uscita, dato che nessuno può riportare in vita coloro che non ci sono più. C'è del vero in quest'idea, ma le manca qualcosa per essere convincente: l'unica soluzione di fronte al problema della morte di una persona cara sarebbe che qualcuno lo facesse 'rivivere' come Gesù ha fatto 'rivivere' Lazzaro, ma, se siamo d'accordo che si tratta di una soluzione impossibile, non possiamo certo rinunciare a conviverci se vogliamo che il morto "non ci porti con sé", cioè se vogliamo continuare a vivere dopo un grave lutto.
Il vero problema quindi non è come far resuscitare i morti, ma come continuare a vivere pur sapendo che non torneranno più. Ed è questo il problema che in tutte le epoche e in tutti tempi, anzi da quando c'è l'uomo, si è cercato di risolvere con i rituali funebri. Certo, bisogna che questi rituali siano sentiti e non si rivelino un qualcosa di formale, con nessun valore simbolico e, quindi, nessun significato consolatorio.
Perciò, quando Lei dice che si esagera a far tanto chiasso per il furto di quattro urne cinerarie, sostiene di non credere che ci possa esser qualche rituale in grado di aiutare i parenti a convivere con l'ingiustizia della morte dei propri cari, e, in tal modo, rappresenta il sentimento prevalente di noi contemporanei che non crediamo più nei rituali funebri perché sono entrati in una crisi profonda.
Coloro che fanno chiasso e si indignano per il furto delle urne cinerarie e per il danno che i parenti hanno ricevuto da questo furto, a prescindere dal valore in sé di quattro mucchietti di cenere, esprimono invece l'esigenza sempre presente di opporre alla inevitabilità della morte delle pratiche culturali, come i rituali che possono aiutare chi resta a continuare a credere nella vita. Quindi, al di là di tutto, solo riuscendo a rivitalizzare vecchi rituali o ad inventarne di nuovi potremo superare lo stallo insuperabile ed invivibile di chi, come Lei, vorrebbe che i morti potessero essere resuscitati, venendo incontro alle esigenze di chi, come i parenti depredati delle urne dei loro defunti, vorrebbe poter fare le cerimonie funebri e dire addio ai propri cari morti lontano, senza neanche sapere se le cerimonie riusciranno ad aiutarli a convivere con la loro perdita.
Le "paginate" di giornale dedicate a questo furto di urne cinerarie e la Sua stessa reazione sono in conclusione un segno che, di fronte alla morte, non c'è solo un problema di colpa ("di chi è la colpa dell'incidente aereo in questione?") o di limite umano di fronte all'irreparabile (come Lei sembra dire). Certo, senza un furto e l'ennesima versione della "de- nuncia" di una disfunzione istituzionale (i troppi furti che avvengono alla Malpensa), i giornali non ne avrebbero neanche parlato, ma ora che lo hanno fatto approfittiamone per riflettere su un problema che l'Umanità ha sempre avuto, ma che in questa epoca un po' irresponsabilmente trascura.