- n. 6 - Giugno 2001
- Parliamo di...
IN PRINCIPIO FU OLIVIERO TOSCANI
In principio fu Oliviero Toscani.
Erano i primi anni Novanta quando i bambini avvolti nella placenta o le donne siciliane piegate dal dolore di fronte ad un omicidio di mafia del fotografo della Benetton spianavano la strada ai molti spot televisivi shockanti in circolazione di questi tempi.
L'esperimento funzionò, e funziona ancora adesso, dimostrando che la pubblicità può essere letta anche come forma di comunicazione rivolta alla collettività. Scegliendo di trattare problemi sociali, con le sue campagne crude e dirette Toscani interpreta letteralmente la missione sociale della pratica pubblicitaria, sostituendo alla famiglia perfetta del Mulino Bianco baci rubati fra preti e suore o scene di amore omosessuale.
Le campagne della Benetton sovvertono in questo modo l'approccio dell'agenzia pubblicitaria tradizionale, che preferisce proporre visioni rassicuranti e accomodanti della realtà incapaci di suscitare interrogativi sui grandi problemi sociali nello spettatore.
Una prassi scorretta, a parere di Toscani, che nelle sue foto fa della violenza e delle contraddizioni della mafia, così come della guerra e della pena di morte, una occasione di denuncia, trasformandole in immagini scomode, capaci di far riflettere la gente.
Quelle di Toscani, tuttavia, sono immagini viste mille volte sui giornali e probabilmente non sono più provocatorie delle foto pubblicate dai quotidiani.
A renderle scandalose è il cambiamento di contesto: l'elemento disturbante non sta tanto nelle foto dei condannati a morte scattate per la campagna del 1992, quanto nel fatto che le immagini siano commentate soltanto dal logo della United Colors of Benetton.
E il particolare che i volti di detenuti nel braccio della morte siano utilizzati per vendere maglioni.
A prescindere dalle polemiche sollevate dall'impiego commerciale di immagini dolorose, l'obiettivo dichiarato dalla Benetton è, invece, quello di mostrare ai sostenitori della pena di morte che la questione riguarda persone in carne e ossa, e non prese di posizione politiche o nazionali.
Toscani vuole mostrare la realtà autentica del fenomeno sociale 'pena di morte' là dove altre agenzie pubblicitarie avrebbero tentato di costruire una realtà finta e 'comoda'.
Un principio applicato anche alla campagna del 1991, in cui un cimitero francese della Prima Guerra Mondiale viene impiegato per raccontare il profondo significato della guerra, al di là delle interpretazioni forniteci dai commentatori politici. Le file simmetriche di croci bianche ricordano infatti che tutte le guerre finiscono nello stesso modo, e che la morte è la conseguenza più evidente di ogni tipo di intervento militare. La foto, uscita in Italia pochi giorni prima dello scoppio della Guerra del Golfo, venne considerata inaccettabile e ne fu immediatamente vietata la pubblicazione.
Lo stesso accadde in Francia e in Gran Bretagna, paesi in cui, al di là delle polemiche, la scelta comunicativa delle pubblicità di Toscani riscuote ancora oggi molto successo sia commerciale sia sociale.
La pubblicità apparentemente trasgressiva, infatti, garantisce un notevole ritorno economico. Lo dimostra anche l'esperienza di Absolut Vodka, una nota marca di superalcolici che gioca tutte le sue campagne sulla combinazione dell'aggettivo 'assoluto' con parole come 'silenzio' o 'fine', tutte riconducibili alla vodka Absolut grazie alla presenza della tipica sagoma tondeggiante della bottiglia. Rivolgendosi ad un pubblico giovane e di tendenza, o che tale vuole apparire, la Absolut Vodka sceglie contenuti provocatori, talvolta oltraggiosi.
E in quanto argomento di grande impatto, la morte costituisce spesso il contesto privilegiato per attirare l'attenzione di consumatori che desiderano vivere controcorrente e che sono capaci di apprezzare il sottile umorismo nero di molte pubblicità contemporanee.
Ironizzare sulla morte, tuttavia, richiede anche molta attenzione.
Il rischio è sempre quello di strafare, trasformando l'intento dissacratorio in una operazione di cattivo gusto, come nel caso di 'Absolute Silence', lo slogan che commenta la foto di una lucida bara nera.
La morte, descritta nei termini di 'silenzio assoluto', viene spiegata come estremo rito sociale e presentata come una esperienza da prendere con 'spirito'.
Lo slogan mette in gioco l'associazione fra lo 'spirito' come alcool e lo 'spirito del defunto': 'compleanni, laurea, il giorno del matrimonio… ero lì a brindare ad ognuna di queste ricorrenze.
Così, da un grande spirito ad un altro, eccomi qui per celebrare il più duraturo dei riti'.
La morte raccontata come ultimo rito vissuto con classe è presente anche nella campagna di La Prima Cassa, una ditta di Como che commercializza bare firmate da importanti designer (
http://www.laprimacassa.it).
Il messaggio dei cartelloni pubblicitari di La Prima Cassa mira a fare della bara un elemento di status symbol, un'ultima scelta di classe per concludere una vita vissuta con stile.
La morte non come evento doloroso ma come fine estrema o 'assoluta', direbbe il pubblicitario della Absolut Vodka, anch'essa occasione di promozione dell'immagine personale.
In questo senso si possono leggere anche molte altre pubblicità che hanno per tema la morte, un argomento circondato da superstizione e pregiudizi, e recentemente diventato nelle mani dei pubblicitari un tema di tendenza.
Ormai diventato un argomento 'di culto' per eccellenza, la pubblicità che parla di morte si rivolge esplicitamente alle cosiddette 'fashion victims', quelle vittime della moda che nella campagna della casa di moda Gilli si aggirano sconsolate fra le lapidi di un cimitero finto.
Lo slogan 'Not for Fashion Victims' suggerisce che i prodotti firmati dalla Gilli sono al di fuori delle mode del momento avendo scelto, appunto, l'eternità.
E con l'eternità si misurano anche i pubblicitari di
http://www.zeldman.com/ad.html, resi celebri da campagne di cattivo gusto rifiutate dai clienti.
Il sito raccoglie proposte di creativi 'morte ancor prima di nascere', e viene proposto come l'oltretomba del pubblicitario o delle sue proposte.
Le cause più frequenti di mortalità pubblicitaria riguardano proprio il tema della morte, un soggetto che l'umorismo del creativo non è sempre in grado di maneggiare con la delicatezza richiesta dai clienti.
L'Associazione Nazionale Pompe Funebri tedesca bloccò le stampe di un cartellone che recitava: 'Se guidi come un matto presto diventerai nostro cliente', perché ritenuto oltraggioso.
Decisa con l'intento di promuovere l'immagine dell'associazione con un messaggio di tipo sociale, la scelta dei pubblicitari tedeschi riscuote oggi un certo successo.
All'ingresso dell'ospedale di Avigliana, in provincia di Torino, è stato appeso il cartello 'Meno velocità, meno sanità'.
La stessa strategia venne adottata anche per la campagna Pubblicità e Progresso sulla guida in stato di ubriachezza: al rumore di lamiere accartocciate corrispondeva la sagoma del cadavere della vittima abbandonato sull'asfalto.
Messaggi forti che, grazie alla raffinatezza delle immagini proposte, riescono a mettere in risalto una visione stereotipata della morte e a liberarla dai molti pregiudizi popolari.
Trasformata in una questione di moda, la morte dona alla pubblicità una patina alternativa e ottiene in cambio la possibilità di essere discussa nei nuovi contesti sociali raggiungibili con i mezzi di comunicazione di massa.
Federica Martini