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Frankenstein Junior

Ben più che una parodia!

”Dai vita, dai vita alla mia creatura!” Friederich Frankenstein
Non solo pioniere delle parodie di genere, ma pietra miliare del cinema stesso: né Gene WilderMel Brooks, sceneggiatore e attore il primo, regista piuttosto navigato il secondo, si aspettavano da Frankenstein Junior un successo così dilagante. Eppure, questo sodalizio autoriale e improvvisato fra due capisaldi della Hollywood anni ’70 ha dato tutti i frutti e i benefici del caso: il film è una esilarante rivisitazione in chiave parodica del ben più pauroso Frankenstein di James Whale (anno 1931) che, a sua volta, è la trasposizione cinematografica meglio riuscita del celebre racconto di Mary Shelley.
La creatura di Wilder e Brooks si rifà platealmente alla versione di Whale, di cui riprende situazioni e personaggi, e ne ricrea le medesime ambientazioni servendosi degli stessi oggetti di scena usati dal regista anni prima: da qui la scelta del bianco e nero, affidata alle mani esperte del direttore della fotografia Gerald Hirshfeld; da qui la volontà di riproporre situazioni topiche ed espedienti visivi propri del cinema anni ’30 (dagli statici titoli di testa iniziali, che si susseguono lineari su uno sfondo immobile, al The End in chiusura di narrazione). Brooks si appropria di questi paradigmi narrativi d’altri tempi, li fa suoi, aggiunge ad essi i tòpoi del cinema horror per poi scardinarli uno ad uno con irriverente efficacia. Il risultato è fresco, smaliziato, intriso di una ironia intelligente e mai volgare che diverte con naturalezza e con genuinità.
La vicenda si colloca qualche anno dopo gli accadimenti descritti da Whale: il barone Von Frankenstein, noto all’intera Transilvania per gli esperimenti sui cadaveri da lui condotti, muore in solitudine e lascia un testamento rivolto al nipote scienziato Friederich Von Frankenstein, insegnante e studioso che convive faticosamente con la gravosa eredità morale procuratagli dalla fama del nonno. Il giovane, però, non solo non condivide e quasi nega le teorie del barone, ma prova addirittura a nascondere qualsiasi legame di parentela alterando il proprio cognome per non essere riconosciuto. I tentativi comunque falliscono miseramente: viene contattato dall’avvocato del nonno e si trova costretto a raggiungere il suo castello per recuperare l’eredità che gli spetta.
L’arrivo di Friederich al castello coincide con l’ingresso sulla scena di una serie di esilaranti co-protagonisti che animano una narrazione già molto promettente: l’aiutante Igor (Marty Feldman), vera forza motrice della pellicola e spalla perfetta di Gene Wilder; l’indimenticabile Frau Blucher (Cloris Leachman), che regala al pubblico momenti di pura comicità; la sensuale Inga (Teri Garr) che non è solo la bella della situazione, ma strappa numerosi sorrisi divertiti. Ad essi si aggiungono personaggi meno fissi, ma altrettanto azzeccati, che sebbene poco presenti si ritagliano comunque brevi momenti di protagonismo (spicca, tra gli altri, l’insospettabile cameo di Gene Hackman, eremita cieco per l’occasione).
Mel Brooks tiene ben salde le redini di un cast tanto esplosivo e lo coordina con intelligenza, sfruttando appieno le potenzialità del singolo. Così, una sceneggiatura vincente su carta prende letteralmente vita attraverso i suoi interpreti, che interiorizzano e poi riproducono con efficacia le finalità e gli obiettivi del regista. Capolavoro sempreverde della comicità, Frankenstein junior si è dunque ritagliato uno spazio personale all’interno della storia del cinema perché, oltre ad essere riuscitissima parodia, è prima di tutto film.
 
Laura Savarino

FRANKENSTEIN JUNIOR
(USA, 1974)
di Mel Brooks
Durata: 106 minuti
Cast: Gene Wilder, Marty Feldman, Peter Boyle, Madeline Kahan, Cloris Leachman, Teri Garr,Gene Hackman

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