Un ossimoro curioso, l’accostamento di due caratteristiche opposte quali “pane”, simbolo della vita per eccellenza, e “morte”. Non esiste regione italiana che non abbia nella propria tradizione gastronomica un piatto dedicato alla nera signora: dolci per tutti i gusti, spesso a forma di ossa, di strega o di cavallo.
Secondo le credenze popolari, nella notte tra l’1 e il 2 novembre le anime dei defunti tornano dall’aldilà: il viaggio che li separa dal mondo dei vivi è lungo e faticoso e per questo motivo vengono imbandite tavole alle quali possano trovare un ristoro che li renda maggiormente benevoli per i giorni a venire. Questi “golosi” omaggi sono divenuti un modo per esorcizzare la paura dell’ignoto e della morte.I dolci dei morti contengono ingredienti semplici e facilmente reperibili: farina, uova, zucchero, cioccolato, marmellata, frutta candita, mandorle finemente tritate. Tutti ingredienti autunnali che stimolano i ricordi e che si adattano ad una malinconia suggerita certamente anche dalla stagione.
Non sempre è stato cosi: nell’antichità, infatti, il cibo rituale dedicato ai defunti erano le fave, servite come piatto principale nei banchetti funebri. I Romani le consideravano sacre e ritenevano che contenessero le anime delle persone scomparse; probabilmente questa convinzione era legata ai caratteri botanici della pianta: le lunghe radici, che affondano in profondità nel terreno, lo stelo cavo, che secondo le credenze popolari faceva da tramite tra il mondo dei morti e quello dei vivi, i fiori bianchi con sfumature violacee e con una caratteristica macchia nera che ricorda la lettera greca “theta”, iniziale della parola greca “thànatos” che significa appunto “morte”. Con l’avvento del Cristianesimo le fave divennero cibo di precetto nei monasteri durante le veglie di preghiera per la Commemorazione dei Defunti e furono utilizzate come cibo da distribuire ai poveri o da cuocere insieme ai ceci lasciandolo a disposizione dei passanti agli angoli delle strade quale sollievo per i poveri viandanti. Nel corso dei secoli vennero sostituite da dolci a base di mandorle o di pinoli meglio conosciute come “fave dei morti”, dolci che ritroviamo tutt’oggi in molte cucine regionali italiane.
Anche i ceci vengono associati ai defunti. Nell’antica Grecia, durante i banchetti in onore di Dioniso, si riteneva che i defunti tornassero sulla terra: l’ultima giornata era dedicata alla “festa della pentola” in occasione della quale si cuocevano grandi quantità di civaie (ceci, fave, fagioli e altri semi) che venivano esposte sugli altari e offerte alle anime dei defunti affinché si rifocillassero prima di intraprendere il lungo viaggio di ritorno nell’aldilà.Altro importante cibo tradizionale presente sulle tavole nella festività dedicata ai defunti è il grano. In tutte le culture e in tutte le religioni esso è il simbolo della vita e della fertilità, ma nello stesso tempo viene associato alla morte e alla resurrezione divenendo il simbolo della ciclicità adottata dalla religione e dalla iconografia cristiana.