- n. 4 - Maggio/Giugno 2024
- Orme
Organizzare il funerale
Cosa pensano gli italiani dei servizi offerti dalle imprese di onoranze nell’assistenza alle famiglie.
Si è conclusa TANEXPO 2024, ma quali sono le caratteristiche della domanda che le imprese devono affrontare?
Rispetto all’organizzazione del funerale e al ruolo delle imprese funebri, l’ultima indagine di ORME, l’Osservatorio per la Ricerca sulla Morte e le Esequie istituito presso la fondazione di ricerca Istituto Cattaneo di Bologna, fa luce su due aspetti reciprocamente interconnessi: in Italia i livelli di fidelizzazione dei clienti sono elevati e la soddisfazione nei confronti dei servizi è tutt’altro che modesta.
I dati
Il 44% degli italiani ha organizzato o partecipato all’organizzazione di un funerale e nel 90% dei casi si è rivolto a un’impresa funebre. Ma come viene scelta l’impresa?
Nel 61% dei casi è all’impresa di fiducia, quella a cui la famiglia si è tradizionalmente affidata, che ci si rivolge. Mentre il mercato riveste un peso del tutto marginale:
solo l’1% dichiara di aver scelto l’impresa cercandola su un giornale o su Internet. Anche i consigli da parte del personale sanitario – molto enfatizzati nel discorso pubblico – sembrano giocare un ruolo tutt’altro che determinante nella scelta.
Solo il 4% degli italiani che ha organizzato o partecipato all’organizzazione di un funerale dichiara di essersi rivolto a un’impresa su suggerimento del personale sanitario di un ospedale o di un hospice. È possibile naturalmente che i suggerimenti ricevuti siano più diffusi, ma il livello decisamente modesto del loro successo segnala lo scarto che esiste tra la percezione del fenomeno e la sua realtà. È perfettamente plausibile, infatti, che i livelli di diffusione delle pressioni verso i familiari siano superiori al 4%. Tuttavia, perché questi eventuali suggerimenti siano efficaci è necessario, in primo luogo che essi raggiungano le persone che effettivamente prendono le decisioni rispetto all’organizzazione del funerale, e in secondo luogo che tali suggerimenti siano effettivamente ascoltati, presi sul serio, e che qualcuno decida di darvi seguito. Evidentemente questo accade meno frequentemente di quanto si pensi.
Un po’ più alto appare, invece, il ruolo dei consigli che possono circolare all’interno delle cerchie parentali o amicali.
Un quinto degli intervistati si è rivolto a un parente o a un amico per la scelta dell’impresa funebre. A ben vedere, però, anche questa modalità costituisce una variante della fidelizzazione. Quelle consigliate, infatti, sono le imprese di cui parenti e amici, appunto, si fidano e che, per questa ragione, sono oggetto di consigli. La reputazione, quindi, circola all’interno delle cerchie di conoscenze personali, e appare come una risorsa centrale nella distribuzione delle opportunità a disposizione delle imprese per incrementare la propria posizione.
Seppellire un proprio caro ha un valore incommensurabile per chi resta e, nel complesso, il giudizio sul servizio fornito dalle imprese è positivo. Viene infatti giudicato totalmente adeguato nel 60% dei casi e abbastanza adeguato nel 31% dei casi.
Se consideriamo la distribuzione dei livelli di soddisfazione espressi dalle famiglie italiane verso i servizi ricevuti a seconda della modalità con cui hanno scelto l’impresa funebre a cui si sono rivolti, osserviamo una relazione interessante:
tanto più si riduce la fidelizzazione, tanto più si riduce la soddisfazione dei clienti. Passando dall’impresa scelta in base alla fiducia (impresa di famiglia o consigliata da amici o parenti), a quella scelta sul mercato (trovata tramite la pubblicità o perché più comoda e vicina), la soddisfazione registra flessioni di dimensioni tutt’altro che trascurabili. Ne consegue che, in questo campo, oggi in Italia il mercato è meno efficiente, dal punto di vista della soddisfazione dei clienti, del legame familiare, del “passaparola”, del rapporto fiduciario personale intergenerazionale di lungo periodo.
I dati mostrano anche, però, che questo tipo di legame, basato sulla fiducia e sulla tradizione, non si distribuisce uniformemente sul territorio italiano. La quota di famiglie italiane che scelgono le imprese funebri in base alla tradizione o a relazioni fiduciarie si riduce passando dai comuni più piccoli a quelli medi, e diventa ancora più modesta nei comuni di dimensioni più grandi. L’allontanamento dai modelli di imprese funebri tipici dei piccoli centri sembra, quindi, accompagnarsi a livelli non insignificanti di criticità rilevata, o percepita, del servizio.
Ma quali sono le caratteristiche che gli italiani apprezzano delle imprese funebri? E quali, all’opposto, sono meno apprezzate? Sono soprattutto
la professionalità e la solidità organizzativa, la disponibilità che le imprese mettono a disposizione dei dolenti, la serietà che offrono e la gentilezza, a essere segnalate da coloro che hanno dichiarato di essere rimasti soddisfatti del servizio ricevuto. Chi, invece, segnala insoddisfazione, lamenta prezzi eccessivi, difetto di sensibilità e scarsa empatia.
Ma proviamo per un momento ad allontanarci dai freddi numeri e ascoltiamo la voce diretta dei clienti delle imprese. Che cosa raccontano?
Nelle narrazioni, ottenute tramite interviste, non sono ovviamente assenti riflessioni sull’utilità economica, che si esprimono il più delle volte come lamentela sul costo del servizio, ma anche come apprezzamento per gli impresari che consentono di risparmiare.
Ma anche se riflessioni sul costo economico e una generale attitudine al risparmio non mancano mai, chi organizza funerali si dimostra ben consapevole del valore simbolico di ciò che viene acquistato: «puoi anche dirti: “Spendi il meno possibile”, però quando sei là davanti magari alle pompe funebri pensi “Che brutta persona sono a dire non voglio spendere”» (uomo del Sud) e finisce così per giustificare le preferenze di prezzo esprimendo una forma di gusto mediano [«In realtà ho scelto una cosa media, che avesse una qualche decorazione, né troppo semplice» (donna del Centro Nord)], associato a valori quali la sobrietà, la dignità.
La valutazione estetica è insomma importante, e associata a un
valore morale che rimanda alla cura, all’ordine, alla discrezione, all’attenzione ai dettagli, alla professionalità del buon artigiano, alla prevedibilità e puntualità del servizio.
In ogni caso, la commercializzazione dei servizi funebri viene il più delle volte oscurata nelle narrazioni dalla logica della delega. La prima cosa che spesso viene detta da chi ha organizzato un funerale è il fatto di aver potuto delegare: «basta che fai una telefonata e fanno tutto loro» (uomo del Centro Nord), e spesso il racconto non si approfondisce molto al di là di questa constatazione: «a C.M. chi viene col carro funebre fa tutto, anche i manifesti» (donna del Centro Nord). La possibilità di delegare il lavoro funebre rappresenta anche l’opportunità di potersi concentrare e elaborare privatamente il dolore delegando le incombenze organizzative alle pompe funebri. Quel «hanno fatto tutto loro» chiude in una scatola nera il lavoro funebre, senza possibilità di raccontarlo, ma esprime anche un giudizio di valore positivo.
Un’ulteriore forma di giudizio positivo si ha nell’apprezzamento delle forme di lavoro emozionale svolto dagli impresari. Questo avviene principalmente tramite azioni di schermatura, che hanno soprattutto a che fare con la gestione della salma: «[l’impresa funebre] non ci ha fatto vedere il nonno perché c’era qualcosa di brutto, non so cosa. […] Neanche mia nonna l’ha visto, non l’ha visto nessuno» (Donna del Centro Nord). Sono inoltre presenti, soprattutto nelle interviste al Sud, casi di esternalizzazione del lavoro del lutto, in cui le onoranze funebri si fanno carico di aspetti del lavoro del lutto tradizionalmente in carico ad amici e parenti (è il caso delle pompe funebri che in Sicilia portano la colazione a chi ha fatto la veglia funebre). In queste forme di esternalizzazione dell’intimità trovano posto anche
racconti di operatori che forniscono forme di sostegno emotivo del dolente con gesti di vicinanza e attenzione.
Cosa ne pensano gli operatori del settore funebre dei giudizi espressi di chi ha organizzato o ha partecipato all’organizzazione di un funerale? Nel numero di febbraio abbiamo promosso un’indagine conoscitiva che è ancora aperta e a cui si può ancora partecipare inquadrando il QR-code presente nel box.
Mentre scriviamo questo articolo all’indagine hanno partecipato 100 imprese, che ritengono, nella maggior parte dei casi, che il loro lavoro non riceva un riconoscimento sociale adeguato rispetto all'attività che svolgono, e che non hanno dubbi sul fatto che
per imparare il mestiere tre anni di lavoro sul campo, affiancati da un professionista già esperto, siano ancora più utili di corsi di formazione di pari durata. Interessante è poi guardare ai primi risultati emersi da una domanda relativa alle competenze necessarie nella professione, che in parte coincidono con i giudizi degli italiani che hanno organizzato o hanno partecipato all’organizzazione di un funerale. La classifica delle competenze necessarie ad un operatore del settore funebre, creata sulla base delle risposte fornite dai primi 100 che hanno compilato il questionario, vede al primo posto le competenze nell’amministrazione di impresa e nella gestione del personale, ma subito al secondo le competenze in campo psicologico e/o sociologico, e solo al terzo le competenze nel campo della commercializzazione e della vendita dei prodotti e dei servizi.
Orme - Osservatorio per la Ricerca sulla Morte e le Esequie promuove, nell'ambito del suo programma di ricerche sulle pratiche funebri in Italia e grazie al supporto di Oltre Magazine, un’indagine conoscitiva sulle opinioni degli operatori dell’industria funeraria italiana. L'indagine include le onoranze funebri e i produttori.
Orme e Oltre Magazine vi ringraziano per l’aiuto che vorrete dare dedicando qualche minuto a rispondere, nel modo più attento possibile, alle domande. I dati raccolti verranno archiviati secondo gli standard più elevati di sicurezza presso la sede di Orme, i risultati saranno pubblicati solo ed esclusivamente in forma aggregata e, infine, la loro diffusione sarà pubblica e trasparente, in modo tale da permetterne a tutti la lettura e la valutazione critica.
Il gruppo di ricerca di Orme vi ringrazia per la collaborazione.
Asher Colombo e Barbara Saracino