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Il giocatore di Prokof'ev alla Scala

La nonna ricca sta morendo. Anzi no, arriva adesso.

Blanche (allegramente): "Ecco un telegramma!".
Generale (con un tono di tristezza molto formale): "La nostra povera nonnetta sta proprio male. È già un miracolo se Dio le accorda qualche giorno".
Marchese (con tono molto concreto): "Mandate un altro telegramma, forse è già spirata".
Così si esprimono, anzi cantano, alcuni personaggi in una delle primissime scene dell'opera Il giocatore, di Sergey Prokof'ev (1891-1953), basata sull'omonimo romanzo di Dostoevskij e andata in scena per la prima volta nel 1929 a Bruxelles. Il tono prescritto dal compositore russo nelle didascalie si spiega col fatto che ci troviamo nel giardino del Grand Hotel di Roulettenbourg (il nome dell'immaginaria città non richiede commenti): qui il Generale - ovviamente dedito al gioco - attende in realtà ansiosamente la morte dell'anziana ricchissima parente di cui è erede, così come Blanche, la cocotte che vorrebbe sposare, e il Marchese, di cui è debitore.
"Straordinario! Incredibile! Con quella povera nonna si comportano in modo più disgustoso che comico. Non fanno che mandare un telegramma dopo l'altro: è morta o sta morendo? Ah ah ah, ah ah!": questo è invece il sarcastico commento del precettore Aleksej, protagonista principale dell'opera insieme alla figliastra del generale, Pauline. Solo apparentemente secondario rispetto alla vicenda dei due giovani, il tema grottesco e satirico dell'agognata morte della possidente moscovita acquista nell'opera una importanza cospicua, corrispondente del resto al carattere del personaggio, che l'autore così descrive nella premessa al libretto: "Terribile e ricca [...] priva dell'uso delle gambe, portata come sempre negli ultimi cinque anni in poltrona, ma, secondo il suo solito, vivace, collerica, soddisfatta di sé, seduta diritta, in atto di gridare forte e, in tono di comando, di sgridare tutti".
Una grande presenza scenica, verrebbe da dire, ed è il caso di farlo perché Prokof'ev, seguendo peraltro fedelmente il romanzo, produce uno dei più formidabili coups de théatre dell'opera novecentesca quando la presunta agonizzante entra sbalorditivamente in scena troneggiando sulla propria poltrona portata a spalle dai servitori, accompagnata da una quantità incredibile di bauli. "Mi avevano già sotterrata! So tutto, io!", dichiara al semisvenuto erede - che verrà diseredato - prima di dirigersi alla sala da gioco, dove perderà comunque tutte le sue ricchezze (o quasi: ad eccezione, per esempio, del fastoso palazzo a Mosca).
E non si tratta solo di questo. Si è osservato che il moto spesso rapido ed ossessivo della musica di quest'opera corrisponde al moto vorticoso della roulette; c'è una sorta di vitalità meccanica, frenetica, della pallina che appare come distruttiva nei confronti dei personaggi, volutamente simili spesso a fantocci o a marionette. Non così per la Nonna che, nel carattere e nella musica in cui s'incarna, esprime invece chiaramente uno slancio imperioso di vitalità autentica. Insomma, la presunta moribonda è in realtà la più viva di tutti (se non l'unica) e non solo perché non muore affatto.
L'opera è andata in scena quest'anno al Teatro alla Scala di Milano, dove mancava da oltre dieci stagioni, in una edizione ottimamente diretta da Daniel Barenboim, il Maestro su cui il teatro milanese sta giocando molte delle proprie carte più importanti dopo il congedo da Riccardo Muti. Di particolare interesse e di grande valore il nuovo allestimento scenico, coprodotto con la Staatsoper di Berlino e affidato alle cure di Dimitri Tscherniakov, secondo alcuni il maggior punto di forza dello spettacolo: efficacissimo ed originale il suo lavoro nel delineare gli spazi scenici e nel guidare dal punto di vista teatrale l'affollatissimo cast (27 persone!), in particolare nella delirante scena della roulette. Una vera rivelazione il soprano Kristina Opolais, la protagonista femminile, per la carismatica presenza scenica e per l'eccellente resa vocale della difficile parte; ottimi anche gli altri interpreti, inclusa naturalmente la nostra indistruttibile Nonna, Stefania Tokziska.
 
Franco Bergamasco

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