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Il funerale nell’antica città di Tiro

La necropoli di Al-Bass, portata alla luce da campagne di scavi archeologici, ha dato modo agli studiosi di interpretare rituali funebri antichi di 3000 anni.

Non è sempre facile parlare di rituale funebre per le civiltà che cronologicamente e geograficamente sono molto lontane da noi.
In primo luogo risulta inevitabile considerare che le popolazioni, le quali ci hanno preceduto, vivevano di gesti, comportamenti e tradizioni che talvolta a noi "moderni" sfuggono. In secondo luogo le pochissime informazioni che ci giungono, possono derivare sia da fonti storiche, come autori classici e testi biblici, sia da fonti della cultura materiale. In particolar modo sono gli archeologi ad occuparsi di quest'ultime e, proprio come le tessere di un puzzle, ciò che di tangibile rimane è veramente ridotto e frammentario. Per questa ragione diventa necessario affiancare i dati provenienti dagli scavi archeologici non solo alle interpretazioni degli studiosi, che per quanto ci si sforzi rimangono comunque in una modesta parte soggettive, ma anche ai dati provenienti da analisi scientifiche ed oggettive. L'antropometria fisica, l'archeobotanica, l'archeozoologia e moltissime altre sono le discipline che affiancano,  supportano o anche smentiscono l'interpretazione degli archeologi.

Espletata la doverosa premessa, si illustra di seguito come è stato interpretato il rituale funebre nella necropoli di Tiro, precisamente ad Al-Bass, lungo le coste dell'attuale Libano. La necropoli di Al-Bass è stata indagata per quasi vent'anni fino al 2015 sotto la direzione dei prestigiosi docenti e ricercatori dell'Università di Barcellona, quali Eugenia Aubet, Francisco Núñez e Laura Tresillo. Questo ampio contesto cimiteriale occupa almeno quattrocento anni di storia che vanno dalla fine del X alla fine del VI secolo a.C. Per avere quindi sott'occhio la situazione iniziale del complesso funerario, dovremmo fare un salto temporale di circa 3000/2600 anni fa. Questa città dei morti è stata sfruttata senza sosta dall'età del Ferro fino all'età romana e il rito predominante in assoluto prevede la cremazione per adulti, giovani adulti, ma non per i bambini al di sotto dei 12 anni.

Come nel mondo contemporaneo, anche nell'antichità la morte rappresenta la rottura definitiva di un individuo con il mondo dei vivi. L'obiettivo di creare un rituale funebre consiste nel riuscire a superare lo shock che la perdita crea in una comunità. Tuttavia, il funerale serve anche al morto per poter oltrepassare la soglia del mondo dei vivi arrivando all'oltretomba e per tale ragione la sepoltura deve essere considerata come un rito di passaggio a tutti gli effetti. Inoltre i riti mortuari non sono statici, cambiano e rispecchiano le ideologie, le religioni e le culture dei tempi che furono. Evolvono insieme all'uomo che cambia. I Cananei/Fenici ritenevano che, come è attestato nei testi di Ugarit e da alcuni riferimenti biblici, l'oltretomba fosse un luogo triste, un aldilà silenzioso e abitato da ombre.

Le numerose campagne di scavo hanno permesso di portare alla luce 162 sepolture disposte su un’area di circa 500 mq. Alcune sepolture presentano un eccezionale stato di conservazione che permette agli archeologi di ripercorrere in maniera oggettiva quello che poteva figurarsi come il rituale funebre tipico. Proviamo a ripercorrerlo insieme.

Una volta che l'anima dell’individuo lasciava il mondo terreno, il suo corpo veniva verosimilmente cosparso di oli profumati e avvolto in un sudario. La presenza di oli è testimoniata dalle analisi effettuate sugli unguentari rinvenuti nella necropoli. Il corpo del defunto veniva quindi arso, insieme ai resti del banchetto funebre organizzato in suo onore, su una pira posta in prossimità dell'area di sepoltura. Successivamente, dato che la necropoli si collocava lungo la spiaggia di Tiro, veniva scavata una fossa quadrangolare non troppo profonda e talvolta demarcata da ciottoli intorno all'urna. Sul fondo del pozzetto venivano quindi collocate due urne (le cosiddette "double-urn Graves") delle quali una conteneva le ossa non completamente combuste, mentre l'altra ospitava le ceneri più fini, insieme ad amuleti e scarabei, oggetti personali del defunto e raramente anche maschere fittili di terracotta, statuine e modellini architettonici in argilla, particolarmente popolari nel mondo fenicio durante l'età del Ferro. Questi ornamenti potevano essere inseriti in una cassetta di legno. Infatti il totale delle urne cinerarie rinvenute è di 320 elementi circa.

A questo punto della cerimonia le urne venivano sigillate con un piatto posto a copertura di esse, poi sormontate da grosse lastre di pietra sulle quali si rompevano intenzionalmente delle brocche utilizzate probabilmente durante il banchetto. Terminato il funerale, solo a una minoranza di sepolti veniva eretta una stele che costituiva un memoriale. Poco prima della chiusura definitiva della fossa, si accendeva un braciere nel cosiddetto "recinto funebre", ovvero nell'area adibita allo svolgimento del rituale, sul quale venivano arsi elementi vegetali quali giunchi, fico, pioppo bianco, ma anche vite, olivo e limone che aiutavano ad aromatizzare l'aria.

L'elemento essenziale di tutto il rito funebre è costituito dall'elemento del fuoco che durante la cerimonia permette al defunto di purificarsi. Con questa epurazione fisica e simbolica il defunto può finalmente liberarsi del corpo preparando l'anima al post mortem. Per quanto l’immaginario comune sia abituato a ideare le antiche sepolture come sfarzose e pregiate, in questo particolare caso la società si autorappresenta nel costume funebre come egualitaria e, utilizzando una terminologia moderna, piuttosto democratica, caratterizzata dalla relativa semplicità e dalla mancanza di ostentazione delle sue usanze funerarie. Alla luce delle ricerche effettuate, Al-Bass era indubbiamente la necropoli principale di Tiro, con il numero di sepolture corrispondente all'incirca alla popolazione media della città.

Il gruppo umano che utilizza l'area funeraria di Al-Bass è composto da adulti che si autorappresentano come una comunità di uguali, organizzata in gruppi familiari, senza che nessuna sepoltura risalti particolarmente né per il tipo, la ricchezza o la disposizione del corredo né per la tipologia della tomba; anche le stele rinvenute sono molto semplici, realizzate in pietra non pregiata e poco rifinite. Il limite che riguarda la comprensione dei rituali funerari praticati ad Al Bass e, in generale, nel mondo fenicio, consiste nell'assenza di testi letterari fenici contemporanei che ci illustrino la loro visione del mondo, l'immaginario religioso e funerario, le relazioni sociali e la vita quotidiana.
 
Chiara Vitaloni


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