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Motivazione e conseguenze di una scelta

Il corpo è la nostra presenza al mondo. (Merleau-Ponty)... e dopo? Il pensiero della morte, la scelta della cremazione e della destinazione delle ceneri trattati dal punto di vista della psicologia.

Sin dai tempi remoti si sono praticati comportamenti per onorare i resti mortali di familiari o di figure significative per la comunità e darne sepoltura come testimoniano le innumerevoli opere in muratura che ci sono pervenute nei secoli.Il corpo, quindi, non è più solo il modo di essere al mondo del singolo individuo ma diviene il simbolo delle relazioni, della memoria, dell’appartenenza, della continuità dell’esserci e del non essere soli.

Il pensiero della morte

È evidente come sia radicata e condivisa la necessità di esorcizzare la morte, di placare l’angoscia del “niente” cui l’essere vivente va incontro con la morte. I gruppi umani hanno attivato una rete di miti e di riti tesa a trasfigurare, occultare ed allontanare la realtà della morte, inaccettabile per la nostra mente tanto da rimuoverla utilizzando l’onnipotenza dell’immaginario. Il pensiero persistente e doloroso della propria morte impedirebbe l’investimento nel nostro vivere quotidiano, con il ritiro rispetto agli affetti e alla progettualità.
Ma il pensiero della morte può essere, al contrario, elemento di rinforzo del senso del vivere, spinta vitale che permette di dare senso nel quotidiano alla propria attiva presenza nelle relazioni con se stessi, con gli altri prossimi e con la collettività. In questa direzione è possibile pensare alla propria morte e lasciare disposizioni in merito. Esprimere la volontà inerente alla destinazione dei propri resti mortali offre la possibilità di esercitare ancora il proprio “controllo”, anche se sembrerebbe pura fantasia dato che la persona non avrà mai riscontro dell’effettiva realizzazione della richiesta; in questa espressione e condivisione c’è d’altra parte l’esternazione del proprio pensiero sulla propria esperienza di vita, sulla percezione delle relazioni e, a volte, un elemento di “eredità” a chi resta.

La scelta della cremazione

La pratica della cremazione nel nostro Paese risulta in crescente espansione, con conseguente attenzione ai molteplici aspetti ad essa correlati: politici, legislativi, religiosi, etici, tecnici, economici e psicologici. Non vi sono motivazioni univoche sottostanti tale scelta, né tantomeno a quella della destinazione delle ceneri, in quanto ogni individuo ha una sua propria esperienza del senso della vita e della morte. E anche la reazione dei congiunti varia. Un esempio: un padre ultraottantenne, prima di sottoporsi ad un intervento chirurgico, comunica ai figli la volontà di essere cremato “voglio occupare poco posto e poi mi mettete vicino a vostra madre, tutto in una volta”. In questa espressione sono evidenti la riflessione “sociale” (lo spazio dei cimiteri per lo più saturo), l’immaginario di “essere in compagnia anche ‘dopo’ ”, come a ricongiungersi con la compagna della vita, il messaggio ai figli della permanenza della relazione affettiva con la loro madre pur nell’assenza. E la possibilità di percepirsi “non soli” può accompagnare chi resta all’elaborazione del dolore della perdita. In questo caso i figli non hanno esitato a seguire le indicazioni del padre “è la sua volontà”, il che fa pensare che sia per loro una figura positiva, autorevole, riconoscibile nelle sue richieste.
Non sempre è così. Per alcuni la scelta della cremazione da parte del congiunto può essere vissuta come una “violenza”, come un “non volerci essere proprio più” considerando le ceneri come una dissoluzione della persona quindi un annullamento della relazione.

Le fasi dell'elaborazione del lutto

L’elaborazione del lutto attraversa quattro fasi:
  1. Fase del torpore: le persone mostrano difficoltà ad attribuire un significato di realtà a quanto viene loro comunicato; alternano momenti di tranquillità a comportamenti di spavento, di collera, talvolta con aggressività verbale.
  2. Fase dello struggimento e ricerca della figura persa: dura mesi e spesso anni; insieme alla progressiva realizzazione della perdita vengono vissuti episodi di intensa sofferenza (‘fitte di cordoglio’) intervallati da momenti di ansia, turbamento, sentimenti di rabbia verso il mondo esterno e verso il defunto stesso ‘responsabile dell’abbandono’.
  3. Fase di disorganizzazione e disperazione: la persona vive l’“impotenza”, compaiono angosce di morte, apatia, isolamento sociale, difficoltà di concentrazione nelle attività abituali e mancanza di progettualità.
  4. Fase di maggiore o minore grado di riorganizzazione: la persona attua comportamenti adeguati con capacità di gestione degli stati affettivi, tenta quindi un graduale adattamento attraverso l’utilizzo delle proprie risorse, acquisendo nuove capacità per fronteggiare la situazione.
La durata delle varie fasi, l’intensità delle manifestazioni emotive, la possibilità di “recidive” dipendono da diversi fattori quali l’età, le condizioni psicologiche al momento dell’evento, le condizioni ambientali che possono favorire o ostacolare una reazione adeguata ed, infine, l’entità della perdita percepita.

Effetti dell'affido

Relativamente all’affidamento delle ceneri la scelta può essere motivata dalla difficoltà di separarsi e può rappresentare un ostacolo all’elaborazione del lutto, come afferma Sigmund FreudIl dolore è la vera reazione alla perdita dell’oggetto; il lutto è un’altra delle reazioni emotive alla perdita dell’oggetto: si forma dalla consapevolezza di doversi separare effettivamente dall’oggetto perché di fatto non c’è più”.
L’effetto dell’affidamento, e parimenti della dispersione, dipende da queste molteplici variabili. L’urna può diventare il “surrogato corporeo” del defunto e può avere diverse conseguenze. Di seguito alcuni esempi tratti da esperienze cliniche:
  • Riattivazione di conflittualità tra fratelli a seguito dell’affidamento dell’urna ad uno di loro designato dal defunto: “sei sempre stato il preferito … sono sempre stato escluso ….”. La stessa situazione può verificarsi anche se l’affidamento è stato stabilito in modo condiviso ma quando le persone si trovavano nella “fase del torpore”, quindi non del tutto consapevoli degli effetti nel tempo della decisione presa. I rancori possono arrivare all’esclusione dalla visita ai resti.
  • L’affidamento può prolungare le fasi 2 e 3 dell’elaborazione del lutto, favorendo il deposito della possibilità del “sollievo dal dolore” o della responsabilità di questo sull’urna “personificata”, a volte al punto di agire per impulso e attuare la dispersione con conseguente senso di colpa.

Dispersione e trasformazione delle ceneri

Nel graduale processo del lutto la dispersione avviene in un luogo rappresentativo di piacevoli esperienze condivise. La dispersione può far pensare a un “non luogo”, ma per alcuni può rappresentare “l’ovunque”, quando è consolidata la permanenza nel proprio mondo interno.
Una pratica possibile in alcuni Paesi è la trasformazione delle ceneri in diamante o in una specie di “reliquia” da portare sul proprio corpo. Si può rilevare come il mantenimento di un oggetto concreto ostacoli la separazione e l’elaborazione della perdita. D’altra parte è consuetudine indossare oggetti simbolo di una relazione, come gli anelli di fidanzamento e le fedi nunziali, oppure ciondoli avuti in dono da persone care, fotografie che teniamo sempre con noi, magari dei figli quando erano piccoli, forse per colmare la difficoltà della loro crescita che ha portato alla separazione … chissà!
 
Dr.ssa Daniela Rossetti
(psicologa e psicoterapeuta)

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