- n. 8 - Luglio/Agosto 2002
- Musica
Da Shostakovic
La morte messa in musica
Dmitrij Shostakovic (1906 - 1975) è stato uno dei più importanti musicisti del XX secolo; certo il più grande fra coloro che decisero di continuare a praticare il genere illustre e impegnativo della sinfonia, e incontestabilmente il maggiore fra i compositori russi che scelsero di rimanere in patria e di operare sotto il regime sovietico (il che non era per niente ovvio: basti ricordare, per contrasto, la scelta dell'emigrazione fatta, per esempio, da Igor Stravinskij).
Tale decisione rimase comunque drammaticamente al centro della varia e contrastata vicenda umana e artistica di Shostakovic, ricca di trionfi esaltanti e umilianti censure, adesione sincera allo spirito rivoluzionario e sottomissioni più o meno forzate alle direttive del regime, slanci di ribellione. Questioni di tal genere investono anche la Quattordicesima e penultima Sinfonia, che il compositore scrisse nel 1969, quando già si erano manifestati i sintomi della malattia cardiaca che avrebbe poi posto fine alla sua vita. E la Quattordicesima (di fatto una suite per cantanti solisti, coro e orchestra su testi di vari poeti) è una vera e propria meditazione sulla morte.
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La morte non è ritenuta un tema che s'addice all'arte sovietica, e scrivere della morte equivale a pulirsi il naso nella manica in pubblico (…) Avrebbero voluto [s'intende i burocrati culturali del Partito] che almeno il finale fosse confortante": così si esprime Shostakovic in una tarda testimonianza autobiografica pubblicata (fuori dall'URSS) dopo la sua scomparsa; ben diverso era stato, o meglio aveva dovuto essere, il tono della presentazione ufficiale da lui fatta del proprio lavoro: "
l'uomo deve essere in grado di dire, al momento della morte, che egli ha dedicato la sua vita e tutte le sue energie alla più nobile causa del mondo, a lottare per la liberazione dell'umanità. Vorrei che gli ascoltatori riflettessero sulla mia sinfonia e comprendessero che essi devono condurre una vita onesta e fruttuosa per il bene della loro patria, del loro popolo e di tutte le più progressiste idee che sostengono la nostra società socialista. Vorrei che i miei ascoltatori nel lasciare la sala pensassero che la vita è veramente bella".
Tanto basta per testimoniare le drammatiche contraddizioni in cui Shostakovic fu coinvolto, ma occorre subito aggiungere che la sua personalità umana ed espressiva, ricca e complessa, non si lascia certo definire da schematizzazioni troppo semplici.
In effetti l'ascolto della sinfonia (oltre che naturalmente la lettura dei testi di Garcia Lorca, Rilke e altri su cui è costruita) ci mostra, pur nel pessimismo di fondo, che il tema della morte è trattato sotto vari aspetti, e mediante differenti clima espressivi: essa è desolazione, nulla vertiginoso, colpisce tutti con imparzialità sovrana, ed entra in tragico contrasto con l'amore; troppo spesso è frutto di barbarie e crudeltà, connessa non di rado col potere politico; ma può essere anche trasfigurazione e pacificazione.
Franco Bergamasco