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Le vittime dell'11 settembre

Morte per se stesse e per i loro familiari o per l'Umanità?

Una vivace polemica sta turbando l'ultima fase della costruzione del Memoriale in onore delle vittime dell'attentato alle Torri Gemelle ("Il Corriere della Sera", venerdì 7 luglio 2006, pagina 17): c'è chi sostiene che i nomi delle vittime vadano elencati in ordine alfabetico senza alcuna indicazione di elementi di identificazione (età, sesso, professione, ...), essendo le vittime tutte uguali e tutte ugualmente rappresentative dell'Umanità colpita dal terrorismo; e c'è chi invece sostiene che i morti si debbano ricordare senza togliere loro l'identità, cioè per quello che erano singolarmente e non come anonimi appartenenti al genere umano. Naturalmente, la prima tesi è sostenuta dagli architetti che hanno progettato e realizzato il memoriale, dal Sindaco della città e dal Governatore dello Stato di New York; la seconda tesi è sostenuta dai familiari delle vittime e dalle associazioni di categoria a cui esse appartenevano, prima fra tutte quella dei Vigili del Fuoco. Chi ha ragione? Hanno ragione entrambe le posizioni. E quindi hanno torto entrambe.
L'attentato dell'11 settembre è un attentato contro tutto ciò che è umano (fondamentalmente il valore della vita di ciascuno che si esprime nel comandamento universale "non uccidere") e quindi l'Umanità intera ne è stata colpita e ha il diritto di piangere le vittime innocenti come "proprie". In tal senso è giusto ricordarle come "vittime umane", cioè "morte per tutti".
L'attentato dell'11 settembre non ha colpito tutta l'Umanità, ma quei particolari esseri umani (2.979) con nome e cognome, età, professione, ... ; essi quindi sono morti per se stessi e per quelli a cui mancheranno (i loro cari) e hanno il diritto di non essere confusi con coloro che appartengono all'Umanità ma sono stati colpiti solo indirettamente (in quanto uomini) e non direttamente (in quanto singole persone). Già però nome e cognome li individua e li toglie dall'anonimato: ma perché parenti e colleghi non si accontentano che vengano ricordati solo col nome? Non sarà perché vorrebbero che si indicasse anche in cosa sono stati differenti nella morte? Ad esempio, un vigile del fuoco morto coraggiosamente mettendo a repentaglio la propria vita per salvare quella di altri, non è giusto che sia distinto nella morte da chi nel morire ha pensato solo a sé? Basterebbe a ricordare il "modo" di morire la sola indicazione dell'età e della professione, o non bisognerebbe invece affiancare ogni nome con la storia di come ciascuno è morto? Ma non di tutti si conosce la vera storia del modo in cui sono morti e quindi si riproporrebbero delle ingiustizie.
Sembra essere una situazione senza via d'uscita. A meno che non si metta in discussione l'idea stessa del Memoriale come monumento collettivo del ricordo delle vittime. Siamo proprio sicuri che il modo migliore per ricordare chi è morto anche "per l'Umanità" e non solo "per se stesso e per i propri cari" sia un monumento che, essendo un oggetto, farà necessariamente prevalere gli aspetti "oggettivi" della realtà che ognuno, morendo, muore per tutti, soprattutto quando viene sacrificato da un atto di violenza che non era diretto a lui ma a tutti? L'Umanità non si sentirebbe più realizzata da qualcuno che è morto anche per noi se noi veniamo trasformati dalla sua morte e vivendo continuiamo a vivere anche per lui? I Memoriali hanno i propri limiti e dovrebbero essere costruiti in modo che ciascuno possa farne l'uso che più trova giusto. Nel caso di Ground Zero bisognerebbe mettere accanto ai nomi tutto quello che gli "utenti" del monumento chiedono, in modo che esso possa essere "usato" in maniera pluralistica, a prescindere dal far prevalere l'una o l'altra delle tesi, in parte entrambe giuste, che si contrappongono. Il significato che esso acquisterà dipende infatti da chi userà il memoriale, e non è giusto predeterminarne il senso quando si prevedono utenti con esigenze diverse. Aggiungere segni di identificazione ai nomi, in questo caso, rispetterebbe l'esigenza di coloro che hanno bisogno di ricordare la vittima "per sé e per loro" senza sacrificare coloro che vogliono ricordarla in quanto vittima morta "per tutti".
In ogni caso scontenteremo tutti se l'unica cosa che faremo per le vittime dell'11 settembre sarà quella di far loro un bel monumento. Se invece affiancheremo al monumento anche qualcosa di più che il ricordo, cioè se la morte delle vittime dell'11 settembre avrà trasformato la nostra vita, noi continueremo a "vivere per loro" e loro avranno "fecondato di senso" la nostra esistenza.
 
Francesco Campione

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