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MONETE E MESSAGGI

Tanti gli oggetti che hanno fatto parte del corredo del defunto. Dai beni personali usati e amati in vita agli aiuti per affrontare il nuovo viaggio, ai messaggi per altri già trapassati: una tradizione piuttosto conosciuta e diffusa in molte realtà

Una manifestazione d'affetto, un modo per far conservare al defunto la sua individualità e per ricordare passioni, legami, interessi della sua vita. L'usanza di porre nella bara o su di essa oggetti personali della persona morta è stata, fino a non molto tempo fa, ampiamente diffusa. E non è ancora del tutto scomparsa: viene vissuta come un sentito gesto di partecipazione, con cui si vuole lasciare un particolare messaggio al defunto.


Nella maggior parte delle culture, questa tradizione è stata ispirata da una precisa idea, quella di rendere meno pauroso il viaggio nell'aldilà. Un mezzo, insomma, per aiutare il defunto a compiere, senza smarrimenti, il cammino verso la sua nuova dimensione.

Alla base di questa usanza, c'è comunque anche un'altra convinzione: con uno specifico oggetto, molto amato o utilizzato, si vuole che la persona non più in vita mantenga per sempre la sua personalità. In questo costume, dunque, c'è da parte dei congiunti la convinzione di mantenere un legame, ancora più concreto, con il defunto.

TANTI TIPI DI OGGETTI. I corredi funebri sono variati a seconda dei tempi, dell'età, del sesso, del mestiere, dei gusti e delle abitudini prevalenti della persona estinta. Una categoria di beni che ha fatto parte del corredo funerario, è stata costituita da quelli utili per il viaggio nell'aldilà: un tozzo di pane, una borraccia, una lanterna, una moneta.

Tra i principali oggetti che hanno sostenuto e, ancor oggi, sostengono il defunto nella nuova via, buona parte è rappresentata da quelli devozionali: la croce, il libro delle preghiere, la corona del rosario, la medaglietta della Madonna o del santo.

Si tratta di amuleti, legati alla fede religiosa, ed hanno una funzione propiziatoria al cammino da intraprendere. Tante le testimonianze arrivate nel tempo da diverse realtà.

In Abruzzo si usava dotare il defunto di una boccetta di profumo e di un fazzoletto con il suo nome; in Molise risulta che nella bara ponevano la pipa, il bastone, gli occhiali, un libro di devozione, il rosario, un crocefisso, un fazzoletto e un po' di pane; in alcuni villaggi ponevano nella bara anche vino e formaggio locale, una bottiglia di liquore, biscotti, rasoio, sigarette e cerini; per la donna si lasciavano anche matasse di lana e uncinetto, il velo per la chiesa e la borsa. Se mancava qualcuno di questi oggetti il defunto non riposava e si provvedeva allora ad inviarglielo attraverso la persona deceduta immediatamente dopo.
In Calabria si tramanda che i morti avevano bisogno di pane ed acqua; alle volte si aggiungeva il fazzoletto con cui il morto portava la merenda al campo. A Strongoli, in provincia di Catanzaro, si dotava il cadavere di un asciugamano, perché dopo l'itinerario ultraterreno potesse asciugarsi il corpo e presentarsi degnamente davanti al cospetto di Dio.

In un racconto arrivato dall'Emilia, si legge che una madre raccomandava al figlio di collocare nella sua bara un bastone, per poter allontanare le lumache nel viaggio ultraterreno. E da Carpi è giunta la notizia che si lasciavano al defunto gli oggetti che più gli piacevano: così, se amava le carte, si mettevano le carte, se suonava l'organino, si poneva nella bara un organino.

In Basilicata, da San Giorgio Lucano, si è saputo che posavano il rosario e il libretto delle orazioni, se il defunto era religioso; pipa, trinciato, sigari e fiammiferi, se era un fumatore; a Colobraro, talvolta, una bottiglia di vino se era un bevitore; carte da gioco se era giocatore. A Senise si usava anche provvedere a degli indumenti di ricambio; a Latronico spruzzavano profumo nella bara. A Brienza, lasciavano agli uomini il cappello, perché pensavano che altrimenti non avrebbero avuto pace e sarebbero tornati a cercarlo. A Tricarico i morti venivano vestiti con gli abiti da festa, perché dovevano comparire bene nell'aldilà.

Anche in Sardegna è stata ricordata l'usanza di porre beni legati alla personalità del defunto: cappello, bastone, fucile, organetto. Nel caso di donne morte per il parto si metteva un ago infilato, insieme a filo e forbici, e qualche indumento del neonato.

In Francia la gente dei villaggi e delle campagne deponeva gli oggetti preferiti dal morto, come gioielli per le donne, bastone, pipa e borsa per il tabacco per gli uomini. In Bretagna si poneva il cero della Candelora usato per il defunto, perché se ne potesse servire dinanzi all'altare di Dio. Talvolta si lasciava nelle mani del cadavere un ramo di olivo della Domenica delle Palme e si credeva che esso fiorisse tutte le primavere nella tomba se il morto era degno di entrare in Paradiso.

MONETE.
Deposta nella bara accanto al morto o in bocca o nelle mani, la moneta è segnalata come una consuetudine quasi universale, ma nel mondo greco e in tutte le tradizioni cristiane assume il valore di un obolo che il defunto deve pagare a Caronte per essere traghettato al di là dei fiumi infernali o per superare mostri ed ostacoli. Un altro argomento che spiega l'uso della moneta è che il morto, nella sua nuova condizione, potrebbe avere tutti i bisogni che ebbe in vita e quindi necessita dei suoi beni materiali.

In Emilia si lasciava al defunto una moneta d'oro o d'argento, di valore, perché potesse pagare l'obolo a San Pietro per l'ingresso in Paradiso. A Savelli, in Calabria, le monete potevano essere tredici oppure una sola, accompagnata da un tozzo di pane. In Molise si è usato per parecchio tempo mettere una moneta da cento lire e una fetta di pane sotto il cuscino funebre. In Abruzzo si poneva una moneta in tasca per pagare il trasporto sul fiume Giordano o nella Valle di Giosafat; anche in Calabria la moneta veniva posta in tasca, insieme ad un tozzo di pane per placare i cani dell'aldilà; in Sardegna, invece, la moneta era utile al defunto per pagare all'angelo il viaggio. Nei paesi nordici, differentemente, la moneta era un espediente per ingraziarsi il defunto, mentre in Francia serviva alla persona morta per pagare il terreno su cui era sepolta.

OGGETTI COME MESSAGGI.
In alcune culture si è creduto che il morto potesse portare messaggi nel mondo ultraterreno: così, gli venivano dati oggetti affinché li consegnasse a persone già trapassate. Da Lappano, in provincia di Cosenza, è arrivato un singolare racconto: mentre si stava per chiudere una bara, arrivò trafelata una vicina che disse di avere sognato la cognata del defunto, morta un anno prima, che si lamentava di essere stata seppellita con un vestito ordinario, cosa che l'aveva fatta sfigurare presso gli altri morti. I parenti allora presero l'abito da cerimonia appartenuto alla donna e lo collocarono nella bara, raccomandando al morto di portarlo a destinazione. Un'altra testimonianza del genere è stata tramandata da Acquaro, sempre in Calabria. Una donna, cui avevano messo un paio di scarpe strette, è apparsa in sogno alla sorella, chiedendole una messa e un paio di scarpe più comode. La sognatrice ha provveduto ad inviare alla sorella le scarpe, ponendole nella bara della prima persona morta in paese. In questo modo, il defunto, facendosi portatore di beni dalla terra, assicurava la continuità di relazione tra i vivi e i morti, mantenendo saldi i legami affettivi.
 
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