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Sono migliori i cofani di oggi o quelli di una volta?

Dire che si è toccato il fondo può sembrare un luogo comune, ma potrebbe essere la verità. Soprattutto quando si parla di cofani funebri, allorché se ne producono e se ne smerciano in grandissima quantità e di qualità pessima. Non siamo ancora al cartone o alle ironiche “quattro maniglie alla salma”, ma ci siamo vicini.
Se almeno si usasse un abete un po’ migliore… Invece buona parte di quei cofani sono prodotti con tavole in cui la superficie coperta da nodi supera quella senza nodi. Per non parlare delle finiture poiché dovremmo inventare espressioni inedite. E dire che qualche lustro addietro gli impresari funebri italiani neanche sapevano che quel legno esistesse!
A chi il merito di averlo messo in uso in misura tanto massiccia? L’impresario accuserebbe il produttore per averglielo offerto, mentre a sua volta il produttore rimprovererebbe all’impresario di averglielo richiesto. Ci risiamo! È nato prima l’uovo o la gallina? Vattelappesca! Io escluderei da colpe il costruttore di penultima generazione poiché, pur sapendo che l’abete esisteva, si guardò bene dall’utilizzarlo per non scadere all’infimo livello in cui si è ora precipitati. “Perdono tutti fuorché il nodo dell’abete”, pare aver detto in punto di morte un vecchio, saggio falegname.
Anziché perdere tempo nel tentativo di risolvere enigmi ultrasecolari, poiché non porterebbe da nessuna parte, meglio cercare il modo per porvi un qualche rimedio. Anche se non sarà facile. Anzi! Innanzitutto occorrerebbe monitorare la situazione per sapere quante casse di quella “caratura” vengono utilizzate. Seguendo l’andamento anno per anno o biennio per biennio si saprebbe a quale ritmo si stia precipitando o risalendo. Se da quella verifica risultasse un andamento negativo, nulla impedirebbe ad Assocofani di prendere iniziative tendenti a dissuadere i costruttori a continuare con troppo zelo a produrre quella “roba”. Non credo che l’Associazione sia stata costituita solo per inviare lettere di aumento prezzi… E poi vi è anche chi la usa per scopi diversi!
Una parte dovranno farla anche le Organizzazioni degli impresari, invitando gli associati a limitarsi nella richiesta di quei cofani che meglio sarebbe chiamare “casse da imballaggio”. Rallentando così una troppo pericolosa china che equivale ad una vera e propria caduta di stile.
Siamo stati veramente i più bravi in campo europeo tanto da essere invidiati? Addio a tutto questo! Prevaricante? No di certo! Tutti sappiamo bene, basterebbe ricordarlo, che da un abete molto nodoso a un abete nodoso la differenza di costi è di poco conto. Così dicasi della differenza fra un abete poco nodoso e un larice dignitoso. Quando l’abete nodoso finito male non era ancora in scena, un impresario e un costruttore si chiedevano: “sono migliori i cofani attuali o quelli di una volta”? La risposta oggi sarebbe ovvia.
Perché gli organizzatori di Tanexpo 2012, per dimostrarsi in linea con i tempi e per celebrare in modo provocatorio il Ventennale, non indicono una gara a chi produce la cassa con più nodi? Fa ridere? Nessun timore: anche l’idea del cavallo di Troia all’inizio fece ridere!
 
Amerigo Barbieri


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