- n. 7/8 - Luglio/Agosto 2009
- Recensioni
In memory of Brian Jones
“A volte la malinconia è solo un modo per godere appieno di ogni goccia di felicità...”.
Brian Jones
La notte del 3 luglio 1969 Brian Jones, chitarrista e vero leader dei Rolling Stones, venne trovato morto sul fondo della piscina nella sua villa in Inghilterra.
Ripercorrendo in parte i giorni che avevano preceduto quell’evento, si scopre che Brian era arrivato a un punto di non ritorno. L’artista conduceva uno stile di vita piuttosto discutibile; le vicissitudini legate ai suoi eccessi divennero ben presto leggenda e questo paradossalmente ne aveva elevato la caratura d’artista.
Brian era l’immagine dei Rolling Stones, gruppo che in quel periodo cavalcava l’onda del successo. Gli Stones erano la risposta disfattista del perbenismo imperante lanciato dagli odiatissimi Beatles. Se John Lennon e soci andavano in India a cercare il nirvana, i Rolling Stones pur di ottenere quello che volevano non avrebbero esitato a scendere a patti col diavolo. E proprio questo determinò le loro iniziali fortune. La sulfurea ambiguità che contraddistinse quel periodo conferì al gruppo una notevole popolarità. La band produsse in serie album fortemente influenzati dalla psicadelia; “Aftermath” del 1966 aveva tracciato la strada e da lì a poco si susseguirono dischi come “Flower” e soprattutto “Beggars Banquet” con la celebre “Sympathy for the Devil”.
Brian era la mente: la sua creatività aveva traghettato il suono della band, inizialmente ruvido, verso sonorità più consone a quel tempo e, soprattutto, più in voga in quel periodo. Jones era un polistrumentista: ogni singolo accordo veniva da lui filtrato. Il successo della band rappresentava per l’artista solo una parte della sua esistenza. Aveva mille interessi, si circondava di persone curiose, ma era conosciuto in particolare per la sua insaziabile voluttà nei confronti del sesso: una fobia che nel corso della sua vita lo rese padre di sei figli. Amava la vita nelle sue più diverse sfaccettature, seguiva con crescente interesse l’evolversi del Flower Power, il movimento hippy che da lì a poco segnò inesorabilmente le sorti della musica e non solo di questa.
Sul finire del 1968 Jones attraversò un periodo piuttosto difficile. Gli eccessi ai quali si sottoponeva lo avevano distratto dalla realtà e non era più in grado di comporre. Di fatto la forte popolarità ottenuta con il gruppo lo aveva paradossalmente allontanato da esso. I crescenti interessi verso la musica sperimentale lo avevano reso distante dal modo di fare musica che aveva reso celebre il suo gruppo. Inoltre il ruolo impostogli dal mainstream musicale gli stava stretto. Questo fu anche causa dei problemi con Mick Jagger. L’amicizia tra i due era fortemente minata dalla competizione che Mick nutriva nei confronti del più celebre compagno. Brian subiva la personalità dell’amico e questo contribuì al totale estraniarsi dai Rolling Stones. L’alone di popolarità aveva circuito la sua immagine e questo finì per soffocarlo.
La morte di Brian Jones scatenò gli organi di stampa che iniziarono ad elaborare trame sempre più ardite e assurde. I giornali sostenevano che Mick Jagger fosse geloso della popolarità di Brian al punto tale da spingere l’ex amico al suicidio, giocando sulla sua fragilità psicologica. Ma le ipotesi non si fermarono certo a questo. Nonostante il rapporto del coroner fosse assolutamente chiaro: “Morte per incidente. Il corpo logorato dagli stravizi non ha retto al tuffo nell’acqua troppo calda: collasso cardiocircolatorio mentre era sotto l’influenza di alcol e di droghe”. A suffragare le deliranti tesi della stampa contribuirono due libri usciti in Inghilterra nel 1994. Brian Jones sarebbe stato ucciso da Frank Thorogood, amico e decoratore, assunto per restaurare la villa. Secondo Terry Rawling, autore di “Who killed Christopher Robin?” Thorogood avrebbe confessato l’assassinio in punto di morte a Tom Keylock, tour manager degli Stones al momento del tragico evento. Altra rivelazione viene da Jeoffrey Giuliano: in “Paint it black: the murder of Brian Jones” lo studioso sostiene che Thorogood fu aiutato da un complice.
Altre ipotesi vengono infine sostenute da Aaron Hotchner, noto biografo di star. Nel 1990 lo scrittore diede alle stampe un libro sulla band nel quale si affronta in un capitolo la morte di Brian Jones. Hotchner sostiene anch’esso che l’artista sia stato ammazzato: Brian quella sera sarebbe stato in compagnia dell’amico decoratore e del proprio staff. Al party improvvisato erano presenti la sua fidanzata di quel periodo, Anna Vohlin, e l’infermiera personale del musicista. Brian e gli altri in piscina avevano bevuto parecchio. Passarono una ventina di minuti prima che la Vohlin e poi Thorogood fossero richiamati dalle grida dell’infermiera. In quel lasso di tempo nessuno si era accorto che Brian aveva smesso di nuotare e che era andato a fondo. La respirazione bocca a bocca e il successivo intervento dei medici furono del tutto inutili. Sul bordo della piscina venne trovato l’inalatore di Brian: soffriva di asma e non si separava mai dalla bomboletta che lo soccorreva nelle crisi. Anche qui aveva voluto esagerare e pare che usasse come sostituto alle droghe una mistura fra fumo di sigaretta e un preparato antiasma a base di adrenalina. La tesi dello scrittore si conclude dicendo che sarebbero stati i muratori che lavoravano al restauro della casa a uccidere il chitarrista alla fine di un party degenerato in rissa.
I Rolling Stones fecero un concerto gratuito a Hyde Park il 5 luglio 1969, due giorni dopo la morte. In verità quel concerto era stato organizzato alcune settimane prima quale evento in cui presentare il nuovo chitarrista. Ad ogni modo i critici accusarono il gruppo di oltraggiare così la memoria del fondatore del gruppo. La band dedicò il concerto a Jones: in apertura Jagger lesse stralci tratti da “Adonais”, una poesia di Percy Bysshe Shelley sulla morte del suo amico John Keats. Il loro manager trovò un sistema per liberare migliaia di farfalle bianche al concerto, ma, a causa del gran caldo, la maggior parte di esse morì all’interno dei contenitori; quelle sopravvissute volarono a fatica prima di cadere esanimi sulle teste degli spettatori. Gli Stones aprirono con una canzone di Johnny Winter, una delle preferite di Brian, “I’m Yours and I’m Hers”.
Si racconta che Jones fu seppellito sotto 12 piedi di terra (per evitare esumazioni da parte di cacciatori di tombe) in una lussuosa bara d’argento spedita a Cheltenham da Bob Dylan. Al funerale Mick Jagger non si presentò: ufficialmente fece sapere che era in Australia con Marianne Faithfull per le riprese di un film. Neppure Keith Richards intervenne: si dice fosse preoccupato che la sua presenza potesse creare tensioni e infastidire i fans. Il 3 luglio 2009 ricorre il quarantennale della morte del chitarrista.
Marco PipitoneNON TUTTI SANNO CHE:
• Brian Jones era un’icona della moda: evidenziava con mille colori il proprio senso di ribellione e di eccentricità;
• Antesignano della moda hippy, era il membro più fotogenico dei primi Rolling Stones; il suo stile nel vestire influenzò profondamente quello di Londra e del resto del mondo negli anni sessanta;
• Jones era basso di statura (168 cm), con occhi blu-verdi e capelli biondi: è stato un pioniere nel forgiare l’immagine di Rockstar;
• Era noto per girare le strade di Londra a bordo di una mastodontica Rolls-Royce “Silver Cloud” con autista e con due ragazze sempre diverse, salutando la gente e facendo scherzi;
• Concesse molte interviste durante la sua carriera: con la sua voce suadente e gentile venne riconosciuto dai giornalisti come il membro più eloquente del gruppo;
• La sua intelligenza, combinata al disprezzo per il conformismo e per le costrizioni delle leggi, ne fecero il simbolo della ribellione giovanile al pari dei Beatles.