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Tra le balenottere

MAMMA e CUCCIOLO un unico destino

Mamma balena e il suo cucciolo stanno sempre insieme: la madre accudisce con tenerezza e dedizione il piccolo, che la segue tranquillo tra le onde, senza mai perderla di vista. I due giocano insieme e si divertono: hanno un legame talmente forte che i loro destini, spesso, sono indissolubilmente legati. Fino alla morte.
Tra questi imponenti mammiferi, non sono rari i drammi di famiglia: capita spesso che le mamme, che curano e difendono con tenacia i piccoli, si lascino morire di stenti pur di allevare la prole.

Il più delle volte, però, anche i cuccioli vengono trascinati verso la medesima fine.
Il mar Tirreno è stato sovente lo scenario di storie tragiche e nello stesso tempo delicate: qui, soprattutto al largo della Liguria, ad ovest della Corsica e al sud della Sicilia vivono numerose e a piccoli gruppi, non più di sette, otto esemplari, le balenottere, che scorrazzano tra i flutti ad una velocità tra i 10 e i 15 chilometri l'ora. Questi cetacei di colore grigio scuro e dal ventre e gola bianchi, che da adulti raggiungono una lunghezza dai 18 ai 22 metri e un peso di cinquanta, ottanta tonnellate, hanno con i loro figli un rapporto straordinario. Che li rende protagonisti di singolari episodi di vita ed anche di morte. Come quello successo qualche mese fa sulle spiagge dell'isola d'Elba, divenute testimoni della tenera vicenda di una giovane mamma balenottera e del suo neonato.
Un giorno d'inverno, la burrasca di libeccio fa arrivare a riva la carcassa di un cetaceo. Siamo a Capoliveri, dove accorrono subito volontari, guardia costiera e corpo forestale. Giunge anche un esperto dell'Istituto di Biologia di Siena, che toglie ogni dubbio: è un cucciolo di balenottera di nemmeno quattro mesi, lungo poco più di quattro metri e pesante cinque quintali, che ha perduto l'orientamento ed è finito in spiaggia, morendo per soffocamento.

In un primo momento, gli studiosi non riescono a spiegarsi l'incidente: perché il balenottero è finito in secca, visto che i cuccioli a quell'età rimangono tenacemente attaccati alla protezione della madre? E perché mai la mamma avrebbe abbandonato il piccolino, incapace a cavarsela da solo?
La risposta arriva qualche giorno dopo, sulla costa di Portofino: in una nuvola di gabbiani necrofori, emerge dal largo e arriva fin sulla spiaggia un'altra carcassa di balenottera: una femmina adulta di 12 metri e circa 20 tonnellate. La povera bestia viene visitata da un ricercatore del laboratorio di biologia marina dell'università di Genova.
Il responso è chiarissimo: si tratta di un esemplare di femmina giovane, senza tracce di ferite esterne, ma in un notevole stato di denutrizione, da cui è sicuramente derivata la morte. Ecco che allora si ricostruisce tutta la vicenda: il balenottero arrivato sull'isola d'Elba era il suo cucciolo, incapace di provvedere a se stesso. L'esemplare rinvenuto a Portofino era la sua mamma, troppo giovane e troppo debole per cacciare con successo il pesce azzurro necessario per nutrire se stessa ed allattare il figlio. Così, consapevole della sua fragilità e nello stesso tempo profondamente legata a quel suo piccolo, si è lasciata poco a poco morire per lui, dandogli il suo prezioso latte fino a consumare le sue ultime forze.
Ma quel cucciolo abbandonato a se stesso non ce l'ha fatta e, nel giro di un paio di giorni, è stato travolto dalla medesima, inevitabile, sorte.

Se finora i ritrovamenti di carcasse sulle spiagge della Liguria e della Toscana non avevano fatto troppo notizia, la vicenda della giovane mamma e del suo balenottero ha riportato alla luce l'intensità e il valore dei legami anche tra le onde. Nel mare in cui pulsa la vita, diviene fatalmente protagonista anche la morte.
 
Gianna Boetti


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