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LUCE, PER TROVARE LA VIA DEL CIELO

Legate all'idea della vita che si spegne, luci e candele fanno parte da sempre del corredo funebre. Nelle diverse culture, si ritiene spesso che illuminino il cammino ultraterreno del defunto e che la sua anima non vaghi così nell'oscurità. Alle volte, hanno anche la funzione di allontanare i demoni ostili dal cadavere. Tante le tradizioni e le credenze diffuse in diversi Paesi europei, fino ancora al Novecento.

La luminosità che emana rappresenta la vita. E, consumandosi a poco a poco, simboleggia la vita che si sta spegnendo. La luce della candela, da sempre, sta a significare proprio questo: una esistenza che diventa sempre più fioca e, inevitabilmente, finisce. L'usanza di accendere candele attorno al defunto è infatti legata all'idea della vita terrena che se ne va. Ma non solo: in parecchie realtà è diffusa anche la credenza che solo quando tutti i ceri saranno consumati il defunto avrà finalmente raggiunto l'aldilà.
Alla luce delle candele, in molte culture, è collegata invece una diversa, precisa funzione: allontanare i demoni dal morente e dal cadavere. Affinché possa percorrere senza ostacoli il cammino ultraterreno. Già nella Roma antica, non solo il convoglio funebre è accompagnato dalle torce, ma anche il luogo di sepoltura viene circondato da fuochi: una pratica che protegge il defunto contro le potenze ostili. Per il mondo cristiano, poi, la lampada funeraria diviene il simbolo della luce eterna nella quale rivivono le anime beate: così i cortei funebri sono dotati di lampade accese in segno di gioia, perché il giorno del decesso è, per i Cristiani, il giorno della nascita all'eternità.

FUMI E MESSAGGI. Ampiamente documentate nei paesi cattolici e protestanti, luci, torce e candele rappresentano così, nel corso dei secoli, una delle più significative tradizioni funebri. In particolare, in alcuni paesi europei, si sono registrati singolari comportamenti e curiose credenze, alcune sopravvissute ancora nel Novecento. In Germania, la cera usata per il lutto, bruciando, indica il tempo che il defunto impiega per raggiungere il suo riposo: soltanto quando il cero è consumato i viventi possono essere certi che il congiunto abbia raggiunto il termine del suo viaggio.
In alcune località nel nord del Paese, nei secoli passati, è stata rintracciata l'abitudine, allo spirare del malato, di togliere la candela dalle sue mani e di farla spegnere al più giovane della casa. Nella tradizione tedesca si pongono spesso accanto al defunto una o più candele accese, una lampada, più candele di colore scuro alla testa ed ai piedi e, alle volte, anche una candela sulla bara. Si crede infatti che le luci brillino perché il defunto possa vedere e la sua anima non vaghi a lungo nell'oscurità. Non solo: le luci accese servono anche ad evitare che i topi, arrampicandosi sul letto, strappino gli occhi al cadavere.
Queste luci, poi, non si possono spegnere fino a che il cadavere è in casa: bisogna lasciarle consumare fino in fondo perché altrimenti il morto non avrebbe più pace. In alcune comunità, soprattutto nelle zone della Baviera, le candele lanciano anche particolari messaggi: ad esempio, se il loro fumo sale in alto, l'anima sta ascendendo in cielo. Se, invece, spegnendo la candela messa sul feretro, il fumo si dirige verso un angolo, presto vi sarà un fidanzamento in casa. Quando a spegnersi è una candela posta sull'altare durante la messa, qualcuno della famiglia presto potrebbe morire. Se è la luce delle candele del servizio funebre a guizzare, significa che l'anima del defunto rimarrà a lungo in Purgatorio.

NEI CANESTRI E NEI FIENILI. In Spagna è fondamentale dovere dei vivi provvedere al bisogno di luce dei morti: questa, oltre che rappresentare l'anima del defunto, è infatti necessaria per condurre alla via del cielo: i ceri vengono posti dai superstiti nel luogo della sepoltura e devono bruciare tutto l'anno fino ad essere interamente consumati. Trascorso questo periodo vengono tolti, perché il defunto ha, nel frattempo, raggiunto il regno dei morti ed ha definitivamente interrotto ogni legame con i viventi.
In alcune zone dell'Aragona, appena la persona è morta, si mettono in un apposito canestro di vimini un tovagliolo ricamato a mano e una candela per ciascun morto della famiglia, risalendo a tre generazioni: tutte le candele sono inclinate verso l'esterno. Questo canestro si porta in chiesa durante la messa del defunto e negli anniversari mensili ed annuali del lutto. Nei centri dei Pirenei, invece, durante la veglia funebre due vicine di casa del defunto foggiano dei ceri di lunghezza uguale a quella della bara, che vengono appesi in chiesa per bruciare per tutta la cerimonia fino alla messa dell'anniversario.
In Francia, di solito, vengono utilizzati i ceri benedetti alla Candelora, che non vanno mai spenti con le dita: diversamente l'anima si brucerebbe le ali. In molti villaggi della Bretagna una candela è posta nelle mani del morente e si toglie soltanto all'ultimo respiro. Presso alcune comunità si fanno cadere gocce di cera sul volto del cadavere per "segnarlo" e facilitare la partenza dell'anima.
Altri gruppi conservano invece l'usanza di tracciare con il cero acceso un segno di croce sul malato agonizzante, per facilitare l'uscita dell'anima dal corpo. In Provenza, ogni visitatore porta un cero al defunto: più sono, più si ritiene che la famiglia sia stimata. Sempre da queste parti è stata segnalata la tradizione di lasciar consumare il cero della veglia funebre lungo il sentiero per il quale è stato portato il defunto alla chiesa; in diverse zone la lampada che ha vegliato il morto deve essere portata nel fienile, dove deve bruciare per nove giorni; in altre parti ancora le candele vengono spente alla mezzanotte successiva alla sepoltura, rituale cui segue un banchetto.
In alcuni villaggi, quando il corteo funebre parte da casa, una donna porta con sé una lanterna con la candela accesa e una croce su cui sono incisi il nome, il cognome e l'età del defunto: quando la bara viene posta nella fossa, la donna avanza e getta sulla bara i resti della candela.

CANAPA E CERA. Dalla Romania si ha notizia di una pratica davvero particolare. Presso molti piccoli centri, soprattutto nella parte centrale del Paese, si prende la misura del morto con un filo di canapa o di cotone, cosparso di cera pura. Questo filo viene poi lasciato sulla tomba e per quaranta mattine successive una donna si reca a bruciare un pezzo della corda incerata. Il quarantesimo giorno si brucia infine tutto ciò che resta della corda: infatti, incenerire la corda è come bruciare il morto per trasformarlo in luce.
Di solito, in Romania si usano candele di cera d'alveare, arrotolate in forma di spirale. In alcune regioni la candela è chiamata toiag, "bastone": ovvero il bastone che servirà al morto nel suo viaggio nell'oltretomba. In alcune zone la candela si pone sul petto del morto o al suo capezzale, per difenderlo dai demoni.
La mattina dopo la sepoltura, in Transilvania, i parenti prossimi del defunto, vanno al cimitero per accendere un toiag dinanzi alla tomba, perché la sua anima veda la luce che conduce a Dio, dinanzi al quale il loro familiare dovrà presentarsi con la candela accesa. Davanti alla tomba viene anche sparso dell'incenso per addomesticare Cerbero, il temuto cane a tre teste posto all'ingresso del regno dei morti, per evitare che abbai al nuovo ospite.
 
Gianna Boetti

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