- n. 6 - Giugno 2010
- Recensioni
La vita di Kurt Cobain, leader dei Nirvana
Love is blindness...
"Preferisco essere odiato per ciò che sono, piuttosto che essere amato per ciò che non sono".
Kurt Cobain
Fu la radio locale di Seattle a trasmettere le prime agghiaccianti indiscrezioni circa la tragica fine di Kurt Cobain. Era l’8 aprile 1994 e la voce dell’annunciatrice gelidamente dichiarò: “Il cantante dei Nirvana, Kurt Cobain, si è ucciso con un colpo di arma da fuoco nella sua abitazione”. Quelle poche parole fecero il giro del mondo e gettarono nello sconforto più totale una intera generazione che nelle canzoni del leader dei Nirvana aveva trovato un sicuro punto di riferimento.
La personalità di Cobain era estremamente sfaccettata. La sua figura, cronicamente malinconica, era vittima dei propri umori. Sempre in bilico tra la calma apparente e l’ira improvvisa. Si racconta che la sua infanzia (vissuta in una comunità col padre) sia stata segnata dal Ritalin, un farmaco capace di avere effetti nefasti sulla personalità, soprattutto se preso in giovane età. Nonostante quel farmaco (impostogli per controllare i suoi continui sbalzi di umore), il giovane Kurt divenne nel tempo sempre più aggressivo. Gli anni dell’adolescenza vissuti dal nonno furono un periodo difficile. A diciassette anni troncò qualsiasi rapporto con i propri familiari, vivendo di espedienti, il più delle volte come fosse un nomade. Il chiodo fisso rimaneva però la musica. Un “tarlo” che si portava dietro dall’infanzia. Tra la fine del 1985 e gli inizi del 1986 iniziò a suonare. Insieme a un gruppo di amici (successivamente ridotto ai soli Krist Novocelic e Dave Ghrol) formò quella che divenne in brevissimo tempo una delle band più amate nella storia del Rock. Musicalmente in uno stato embrionale, i Nirvana in quel periodo incisero una demo per la casa discografica Sub Pop. Proprio quella demo convinse Cobain e soci a fare sul serio.
L’America puritana sul finire del 1987 scopriva il Grunge: la scena di Seattle si stava rivelando agli occhi del mondo come una delle più fertili realtà alla quale attingere. Una nuova corrente musicale flirtava con l’Heavy Metal e l’Hard Rock: mescolava la frenesia del Punk con il Post-hardcore; generi e sottogeneri sapientemente miscelati, in grado di sovvertire i diktat commerciali dell’epoca. Tutto questo per poter dar vita ad una vera e propria rivoluzione musicale. In quel periodo il futuro della musica sembrò essersi fermato dalle parti di Seattle.
I Nirvana si auto-produssero il primo disco, Bleach, contraddistinto da sonorità violentissime. Le chitarre richiamavano le atmosfere vicine al rock degli anni ’70, tuttavia la frenesia tipica del punk era chiaramente il segno distintivo al quale il gruppo voleva appartenere. L’album non passò inosservato. Le fortune della band si riassunsero nel sound di About a girl, il singolo. In quella canzone traspare l’urgenza dei suoni, attenuati dalla melodia: un preciso marchio di fabbrica dei Nirvana, che su quello stile stavano costruendo le proprie fortune. Il crescente interesse intorno al gruppo aveva garantito loro un contratto per la pubblicazione del secondo disco; nonostante questo, il carattere inquieto tormentava Cobain e non gli permetteva di vivere con serenità. Da tempo aveva imparato, suo malgrado, a convivere con un dolore costante allo stomaco, lamentando uno stato di salute perennemente deficitario. In riferimento al suo problema, l’artista dichiarò: “Ho assunto bevande ad alto contenuto proteico, sono passato a una dieta vegetariana, faccio esercizio fisico … inoltre ho smesso di fumare. Tutto questo non è bastato, ho deciso quindi di farmi passare il dolore usando piccole dosi di eroina per 3 intere settimane”. Cobain proseguì affermando: “Per un po’ è stato il mio cerotto, poi il dolore ha cominciato a tornare; ho pensato che aumentare la dose potesse aiutarmi, invece è stata una cosa molto stupida da fare e non la farò mai più e mi dispiace molto per tutti quelli che pensano di poter usare l’eroina come una medicina, perché in realtà non funziona”. Le rivelazioni del cantante sono racchiuse in un diario pubblicato in Italia da Mondadori. Nel libro il leader dei Nirvana si lascia andare a dichiarazioni piuttosto esplicite.
Smells like Teen Spirit divenne l’inno della generazione grunge. Nevermind (il secondo disco, uscito nel 1991) ha rappresentato la sintesi perfetta degli umori dell’epoca.
Bleach era solo un ricordo. Il sound della band era maturato, grazie anche al sottobosco musicale americano che aveva chiaramente ispirato il nuovo corso. I Pixies più volte citati da Kurt avevano influito decisamente sulla nuova direzione intrapresa dai Nirvana, sebbene gli Husker Du, gruppo di Minneapolis, fossero lì a dimostrare quanto il suono nervoso di Nevermind derivi dal loro miglior album, Zen Arcade. Dopo 5 milioni di dischi venduti, nell’agosto del 1992 il rocker decise di sposare Courtney Love, cantante delle Hole. Da quel matrimonio nacque Frances Bean Cobain, chiamata così in memoria di Frances Farmer, attrice bella e dannata, morta in un istituto per malati di mente, la cui storia aveva profondamente colpito Kurt.
Alla fine del 1992 uscì Incesticide, un disco che in parte deluse le attese; l’album si allontana dallo stile di Nevermind e riprende le sonorità punk: le canzoni volutamente brevi e di impatto non garantiscono la freschezza emotiva alla quale il gruppo forse mirava. In Utero, pubblicato nel 1993, avrebbe dovuto rappresentare il grande ritorno al muro di suoni tipici della band. L’album, invece, risultò un coacervo di sonorità poco definite e i testi delle canzoni si rivelarono sempre più pervasi da una rassegnazione giunta oramai al culmine. La band sembrò a quel punto aver perso lo smalto di un tempo. Umplugged, uscito nel 1994 per MTV, restituì ai Nirvana l’appeal di un tempo. Il disco funge da spartiacque per il prosieguo della carriera. In quel periodo, tra l’altro, cominciò la tournèe italiana. Un successo annunciato, nonostante il malessere crescente di Cobain che, nel tentativo di lenire gli effetti di un attacco allo stomaco, finì in coma grazie ad un miscuglio di psicofarmaci e alcool. A Roma fu raggiunto dalla compagna e dalla figlia. Portato al Rome American Hospital, rimase in coma farmacologico per tutta la notte, ma dopo qualche giorno si riprese. Quel periodo determinò in pratica la fine del gruppo e anticipò di poco la morte del cantante.
L’8 aprile 1994 il corpo di Cobain venne trovato nella sua abitazione da Gary Smith, un elettricista. Ad esclusione del poco sangue proveniente dall’orecchio di Kurt, Smith disse di non aver rinvenuto segni visibili di particolari traumi; semplicemente, pensava fosse addormentato. Smith trovò, accanto al corpo, una lettera. Inoltre venne ritrovato un fucile a pompa, comprato per la rockstar da Dylan Carlson, un suo amico. L’autopsia confermò che la morte di Cobain fu causata da un “colpo di fucile autoinflitto alla testa”. Il rapporto disse anche che il cantante era morto con tutta probabilità il 5 aprile 1994.
In una lettera, indirizzata all’amico immaginario della sua infanzia, “Boddah”, Cobain citò anche il cantante dei Queen, Freddie Mercury, cui invidiava la passione per il proprio lavoro e per il proprio pubblico che sembravano non essere cambiati per tutta la sua carriera. Vi riportiamo il testo dello scritto che Kurt lasciò prima di spararsi.
Il corpo di Cobain è stato cremato. Un terzo delle sue ceneri sono state depositate nel tempio buddhista di Ithaca (New York), un terzo è stato disperso nel fiume Wishkah e il resto è rimasto in possesso della moglie. Quest’ultima ha poi rivelato al tabloid inglese News of the World che nel maggio del 2008 la borsa rosa a forma di orsetto in cui si trovavano i resti del marito è stata trafugata da ignoti durante un furto nel suo appartamento di Hollywood.
Marco Pipitone
A Boddah. Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere uno snervante bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere abbastanza semplice da capire. Tutti gli avvertimenti della scuola base del punk-rock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, intendo dire, l’etica dell’indipendenza e di abbracciare la vostra comunità si sono rivelati esatti. Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla, nel leggere, e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento il maniacale urlo della folla cominciare, non ha nessun effetto su di me, non è come era per Freddie Mercury: a lui la folla lo inebriava, ne ritraeva energia e io l’ho sempre invidiato per questo, ma per me non è così. Il fatto è che io non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti, né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e di far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo. Ho apprezzato il fatto che io e gli altri abbiamo colpito e intrattenuto tutta questa gente. Ma devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più. Io sono troppo sensibile. Ho bisogno di essere un po’ stordito per ritrovare l’entusiasmo che avevo da bambino. Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fans della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per tutti. C’è del buono in ognuno di noi e penso che io amo troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile...! Perché non ti diverti e basta? Non lo so! Ho una moglie divina che trasuda ambizione e empatia e una figlia che mi ricorda troppo quando ero come lei, pieno di amore e di gioia: bacia tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può farle del male. E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali. Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me. Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo troppo e mi rammarico troppo per la gente. Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e per il supporto che mi avete dato negli anni passati. Io sono troppo un bambino incostante, lunatico! E non ho più nessuna emozione; e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.
Pace, Amore, Empatia.
Kurt Cobain
Frances e Courtney, io sarò al vostro altare.
Ti prego, Courtney, continua così, per Frances. Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me. Vi amo. Vi amo! Kurt