- n. 3 - Marzo/Aprile 2022
- Psicologia
La dignità del morire
Le cure palliative e i trattamenti per migliorare la qualità della vita nei sofferenti.
Nel precedente articolo abbiamo già tratteggiato il quadro della persona sofferente, del malato terminale per cui le cure tradizionali ormai non hanno più effetto e non esiste più nessun tipo di intervento chirurgico in grado di riportare l’individuo a uno stato di salute.
In questo caso, la morte può avvenire con un’estrema lentezza percepita da parte della persona sofferente e il morire può tramutarsi in un processo complicato e molto doloroso benché inesorabile.
Nella società occidentale in cui l’aspettativa di vita va sempre più allungandosi, questa lentezza del morire non riguarda soltanto i malati terminali, ma anche le persone molto anziane, i grandi vecchi, per utilizzare un’espressione entrata in uso recentemente, che vanno perdendo progressivamente tutte le funzionalità e le abilità di vita quotidiana. Considerando che
tutti hanno diritto ad un’accettabile qualità della vita fino al loro ultimo giorno e che è un diritto anche morire in maniera dignitosa, possiamo chiederci cosa ci può venire in aiuto in fase terminale o a fine vita. Se l’altra volta abbiamo parlato di
hospice, stavolta parleremo di cure palliative.
Come si utilizzano le cure palliative
Il termine palliativo deriva dal latino
pallium, che aveva il significato di mantello, quindi di un indumento che copre, che protegge; questo ci introduce al significato che hanno oggi le cure palliative nell’accompagnamento alla morte:
agiscono per alleviare il dolore, che può raggiungere picchi di grande intensità, al malato terminale, alla persona che sta morendo ma che soffre giorno dopo giorno. Alleviare il dolore fisico intollerabile, riuscire a lenirlo, in qualche caso a prevenirlo, favorisce anche il benessere psichico del moribondo, che, in questo modo, può vivere con maggior serenità i suoi ultimi momenti e accomiatarsi dai propri cari con maggior lucidità. Le cure palliative non sono intese, quindi, a “curare” nel senso di restituire la salute all’individuo, perché a questo stadio ciò non è più possibile, ma sono volte a “prendersi cura” del moribondo e del suo nucleo familiare, per rendere ancora accettabile e dignitosa la vita.
L’OMS definisce le cure somministrate a fine vita “
… un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un’identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e di altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale" (www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/c/cure-palliative). Come si evince da questa sintetica definizione, le cure palliative riguardano la sofferenza in generale, non soltanto quella fisica, esse hanno quindi a che fare con il benessere globale dell’individuo. Se è vero che spesso per dare sollievo al dolore fisico sono necessari trattamenti farmacologici, oggigiorno vengono offerti al paziente anche molti altri tipi di terapie, alcune ad approccio olistico, che si sono rivelate efficaci nel portare sollievo ai pazienti in fase terminale. Si tratta di tecniche che si rivelano utili, a fronte di scarsi o nulli effetti collaterali, per il controllo dei sintomi avversi dei trattamenti farmacologici della medicina allopatica.
Tra le CAM (
Complementary and Alternative Medicines) accettate ufficialmente dal Sistema Sanitario Nazionale italiano, spicca per rilevanza e per i risultati ottenuti l’agopuntura, testata come sicura da vari studi e ricerche e molto efficace nel controllo degli effetti collaterali dei trattamenti antitumorali, quali la chemioterapia e la radioterapia, nonché efficace nella riduzione del dolore. Per quanto riguarda, invece, un supporto maggiormente orientato all’aspetto psicologico e relazionale, vengono utilizzate con successo discipline come l’arteterapia e la musicoterapia e tecniche di meditazione di origine orientale che favoriscono il rilassamento e l’accettazione non giudicante del momento presente. Possono essere utilizzate con efficacia anche la fitoterapia e la pranoterapia.
È importante sottolineare che le cure palliative, di qualsiasi natura esse siano, devono essere personalizzate in base alle reali necessità e ai desideri dell’individuo, devono, quindi, essere in linea con le credenze e i valori del soggetto. Vale la pena ribadire che le cure palliative non hanno il potere di allungare la vita del moribondo, né, d’altro canto, hanno a che fare con l’eutanasia: si tratta, invece, di trattamenti di supporto al benessere psicofisico, sociale ed esistenziale del morente e della sua famiglia. Si tratta, appunto, di un accompagnamento alla morte che risulti il più possibile sereno.
Da tutto questo si evince come questi trattamenti tocchino in profondità anche la sfera spirituale del morente, quindi un aspetto assolutamente intimo e personale che si intreccia con la propria specifica visione dell’esistenza e del mondo: in questo senso è, dunque, più che mai necessaria l’accoglienza della persona nella sua globalità e il rispetto per i suoi valori culturali ed eventualmente religiosi, per offrire un trattamento realmente personalizzato ed efficace nell’alleviare la sofferenza psicofisica ed esistenziale di chi è cosciente di star per morire. Per quanto riguarda le discipline CAM più sopra citate, vale la pena ricordare che in Italia devono essere eseguite da professionisti specificatamente addestrati.
Linda Savelli: dottoressa in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità e filosofa.
Bibliografia di riferimento per approfondimenti sul tema e su temi affini:
Belsky, J. (2009). Psicologia dello sviluppo 2 - Età adulta età avanzata. Bologna: Zanichelli
Mencacci, E., Bordin, A. e Busato, V. (2020). Non sono più io. Piacenza: Editrice Dapero
www.artoi.it
www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/c/cure-palliative
Linda Savelli