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L'istituto del Trust
(parte terza)

Concludiamo l'esame dell'istituto del trust approfondendone il trattamento fiscale ai fini delle imposte indirette.

Nell'ambito del trust, esistono tre momenti rilevanti ai fini iva:

- il trasferimento del bene oggetto del trust da parte del disponente;
- la fase operativa, durante la quale il trust svolge attività commerciale;
- il trasferimento del bene dal trust a favore del beneficiario.

Per quanto riguarda il trasferimento del bene dal disponente al trust, considerando rilevante solo il caso in cui quest'ultimo sia imprenditore o esercente arte o professione, per stabilire l'eventuale assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto occorre verificare se il disponente agisce per finalità estranee all'esercizio dell'impresa, arte o professione, ovvero per finalità d'impresa.
Nel primo caso, ossia qualora il disponente agisca per finalità estranee all'impresa, ai sensi dell'articolo 3 (comma 2, n. 5) del dpr 633 del 26 ottobre 1972 si dovrà versare l'imposta calcolata sul valore normale dei beni trasferiti; chiaramente, nel caso il bene oggetto di trust rientri tra quelli la cui cessione o trasferimento siano esclusi, esenti o non imponibili, non dovrà essere versata alcuna imposta: in questo senso, il trasferimento nell'ambito di un trust di azioni sarà esente iva ex articolo 10 (comma 1, n. 4) e quello a favore di un soggetto non residente risulterà non imponibile ex articolo 8.
Nel secondo caso, quando il disponente agisce nell'esercizio d'impresa, il trasferimento sarà, in linea generale, soggetto ad iva, considerando i criteri "standard" di imponibilità, esenzione o non imponibilità, eccezion fatta per le cessioni di aziende o di rami d'azienda considerate sempre operazioni fuori campo iva ex articolo 2 (comma 3, lettera b). Durante la vita operativa del trust, esso può divenire soggetto passivo iva. Tale condizione si realizza quando il trust esercita una attività commerciale: in questa ipotesi tutte le operazioni compiute dallo stesso rilevanti ai fini iva (ad esempio le cessioni di beni o le assegnazioni al beneficiario) sono assoggettate al tributo.
I trasferimenti dal trust al beneficiario, infine, rientrano nel campo di applicazione dell'iva nel caso in cui il trust sia qualificato come ente commerciale; in caso contrario si dovrà incorrere nella disciplina speciale prevista in merito.
Per quanto riguarda, poi, gli adempimenti "pratici" si ricorda che la domanda di attribuzione della partita iva verrà presentata dal gestore il quale dovrà provvedere a tutti gli adempimenti quali le liquidazioni, la comunicazione e la dichiarazione iva.
Nella costituzione e nella gestione del trust si ricorre in più momenti alla redazione di atti soggetti a trascrizione e, quindi, ad imposta di registro.
Il primo atto relativo al trust è quello della sua costituzione da parte del disponente. Tale atto è soggetto ad imposta di registro; circa la disposizione da applicarsi, tuttavia, la dottrina è divisa: alcuni ritengono difatti che la tassazione si applichi in base all'articolo 10 del Testo Unico dell'Imposta di Registro, altri ritengono invece debba applicarsi l'articolo 11 della medesima norma. Nonostante i dubbi in merito, comunque, l'atto sarà, in entrambe le ipotesi, soggetto ad imposta di registro in misura fissa (euro 168,00).
Nell'atto costitutivo del trust in genere viene anche stabilito il trasferimento del bene al trust; può tuttavia accadere che questo sia successivo all'istituzione del trust: in tal caso non è necessario alcun atto formale per il trasferimento e quindi non si dovrà alcun tributo. Unica eccezione si avrà qualora il trasferimento abbia ad oggetto beni immobili, beni mobili registrati o aziende che non abbiano una stabile organizzazione in Italia: in questo caso l'atto sarà soggetto ad imposta di registro in misura fissa.
Altri atti che possono interessare il trust sono quelli di sostituzione del gestore o del beneficiario, o la eventuale cessione del diritto a terzi da parte del beneficiario.
In questi casi la dottrina concorda circa l'irrilevanza dell'evento in sé ai fini dell'imposta di registro: solo nel caso in cui si proceda a tali cambiamenti tramite un atto formale, sarà dovuta l'imposta di registro, in misura fissa per gli atti di sostituzione di un soggetto del trust, in misura proporzionale ex articolo 9 del Testo Unico dell'Imposta di Registro per l'atto di cessione del diritto di credito da parte del beneficiario.
Resta fermo, inoltre, l'assoggettamento ad imposta di registro per tutti gli atti compiuti dal gestore in costanza di trust: in questo caso il tributo sarà applicato in base alla tipologia dell'atto compiuto. Alla conclusione del trust il bene viene trasferito al beneficiario: in questo caso troverà applicazione l'articolo 9 del Testo Unico dell'Imposta di Registro che prevede una imposta proporzionale: si ricorda comunque che, qualora il trasferimento sia soggetto ad iva, l'imposta di registro si applicherà in misura fissa.
Quando il trust ha per oggetto beni immobili situati nel territorio italiano, occorrerà considerare l'assoggettamento alle imposte ipotecarie e catastali che si applicano nel caso di trascrizione, iscrizione, cancellazione ed annotazione nei pubblici registri immobiliari, ovvero l'esecuzione delle volture catastali relative agli immobili stessi. Circa le modalità di applicazione, in misura proporzionale o fissa, si può ritenere che le stesse siano regolate analogamente alla imposta di registro.
Alla costituzione per iscritto di determinati atti, occorre versare l'imposta di bollo, introdotta dal dpr 26 ottobre 1972, n. 642: in linea generale tutti gli atti relativi al trust dovranno scontare l'imposta di bollo nella misura di euro 14,62 ogni 100 righe.
A lungo dibattuto, il tema dell'applicazione dell'imposta di successione e donazione sul trust ha trovato risposta definitiva nel corso di Telefisco 2007, durante il quale l'Agenzia delle Entrate ha confermato che all'atto di costituzione del trust con trasferimento del bene si debba scontare la citata imposta: solamente nel caso in cui il trust non abbia un effetto traslativo l'imposta si potrà applicare in misura fissa. La decisione dell'Agenzia ha sollevato numerose polemiche, poiché fortemente penalizzante nei confronti di chi decide di ricorrere a questo strumento, da poco riconosciuto a livello legislativo dal nostro Paese; infatti, come detto in precedenza, il trust si trova in vari momenti della sua esistenza ad essere soggetto ad imposta di registro, eventuali imposte ipotecarie e catastali, imposta di bollo e imposizione diretta: la soluzione di applicare al trust anche l'imposta sulle donazioni e successioni, tra il 4% e l'8%, è di fatto un ulteriore freno, volto ad inibire l'utilizzo di questo istituto in Italia. Tale imposizione riguarderà:

- il passaggio del bene dal disponente al gestore;
- il passaggio del bene dal gestore al beneficiario.

L'assoggettamento a tale imposta appare comunque non condivisibile specie in relazione al primo trasferimento del bene dal disponente al gestore; in questo caso, infatti:

- il gestore non incrementa il proprio patrimonio e rimane pertanto privo di capacità contributiva (ancora meno sensata, di conseguenza, la decisione di applicare una aliquota maggiore nel caso di parentela con il disponente);
- il gestore sconta una imposta che sarà in seguito versata anche dal beneficiario, senza ovviamente alcuno scomputo di quella già versata.

Riteniamo che l'imposta di donazione e successione troverebbe un'applicazione giustificata solo nel passaggio del bene oggetto di trust al beneficiario che, di fatto, avrebbe un incremento della propria capacità contributiva.
L'istituto del trust rientra nell'ambito di applicazione di norme antielusive per espressa previsione della Legge Finanziaria 2007 che, oltre agli altri provvedimenti citati, ha introdotto una norma a scopo antielusivo esplicitamente relativa al trust al fine di evitare che soggetti italiani localizzati fittiziamente all'estero siano esentati da imposizione in Italia. Vi sono tuttavia anche altre norme in base alle quali l'Amministrazione può qualificare il trust come istituto avente scopo elusivo, al ricorrere di determinate condizioni. Ad esempio, l'articolo 37, terzo comma, del dpr 29 settembre 1973, n. 600, disciplina i casi di interposizione fittizia, ossia quelle situazioni in cui il soggetto interposto non è in realtà giuridicamente titolare del reddito. Nel caso di un trust si può rientrare in tale ambito quando, ad esempio, il gestore coincide con il beneficiario: in questo caso può accadere infatti che il rapporto tra disponente e gestore sia solamente simulato. Si ricorda in merito anche l'articolo 37-bis del dpr 29 settembre 1973, n. 600, che disconosce fiscalmente tutte le operazioni che:

- non trovano fondamento in valide ragioni economiche;
- hanno il solo fine di ottenere un risparmio d'imposta;
- sono compiute con modalità fraudolente.

Solo se i citati requisiti ricorrono contestualmente, l'Amministrazione ha il potere di non riconoscere l'operazione dal punto di vista fiscale e di annullarne gli effetti.
In Italia l'istituto del trust ha sempre sollevato problematiche di carattere interpretativo, non essendo regolamentato da una disciplina propria. Le novità introdotte dalla Finanziaria 2007 hanno avuto dunque il merito di sciogliere parte dei dubbi sorti a riguardo; tuttavia rimangono ad oggi ancora questioni aperte, specie di natura applicativa, che necessiterebbero di apposita regolamentazione.
Le osservazioni prodotte sono da considerarsi non esaustive circa il trattamento fiscale del trust in quanto si ritiene che vi siano lacune normative; le considerazioni fatte vogliono rappresentare solamente un buon punto di partenza per procedere ad una analisi più approfondita che quest'istituto riteniamo necessiterà, in quanto la sua applicazione potrebbe costituire una valida alternativa all'utilizzo di holding finanziarie laddove vi siano finalità di tutela del patrimonio o altre finalità economiche, commerciali, morali o di tutela dei patrimoni familiari.
 
Alessandra Pederzoli

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